2012-11-26 07:59:35

Elezioni in Catalogna. Vittoria contenuta per gli indipendentisti di Artur Mas


Le elezioni di domenica in Catalogna per il rinnovo dei 135 seggi del Parlamento regionale. La vittoria è andata agli indipendentisti del presidente uscente Arturo Mas, anche se i consensi sono stati inferiori rispetto all’ultima tornata. Cresce invece l'altro schieramento separatista, l'Erc, che ha più che raddoppiato la propria rappresentanza, ottenendo 21 seggi e divenendo la terza forza politica della regione dopo i Socialisti. Storica l’affluenza alle urne, quasi il 70% degli aventi diritto, si è recato alle urne. Michela Coricelli:RealAudioMP3

E’ stata una vittoria molto amara quella dei nazionalisti catalani di Convergencia i Uniò, la formazione del governatore regionale Artur Mas promotore di un referendum sull’indipendenza della Catalogna dalla Spagna. Il partito di massa ha vinto le elezioni ma la sua ambizione di trasformare questo voto in un plebiscito a favore della separazione fra Barcellona e Madrid è naufragata: Convergencia i Uniò ha perso 12 seggi parlamentari scivolando da 62 a 50 deputati, ben lontano dall’obiettivo della maggioranza assoluta, mentre il sentimento indipendentista ha premiato la sinistra radicale di Esquerra Republicana che passa da dieci a 21 deputati. Intanto i socialisti continuano a perdere voti, mentre il centro-destra guadagna un seggio. Di fronte al mediocre risultato del suo progettom il governatore catalano ha già accennato a possibili accordi per formare il prossimo governo con altri partiti.

Per un commento sulle elezioni in Catalogna, Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Alfonso Botti, docente di Storia Contemporanea presso l’Università di Modena e Reggio Emilia ed esperto di questioni iberiche:RealAudioMP3

R. – Credo, intanto, che il vento indipendentista abbia certamente subito una battuta d’arresto, perché Mas avrebbe voluto – in seguito ad una clamorosa vittoria – forzare la situazione costituzionale e istituzionale, indire un referendum che non è previsto dalla Costituzione spagnola, un referendum per i soli catalani sul diritto all’autodeterminazione. Ora, questa strada – a mio modo di vedere – s’è abbastanza complicata …

D. – Secondo lei, è dunque del tutto chiusa la separazione tra Barcellona e Madrid?

R. – Non è chiusa perché le posizioni indipendentiste restano forti, in Catalogna, se si considera che, complessivamente arrivano al 44 per cento del voto espresso contro un’altra quota attorno al 30 per cento di non indipendentisti. Sono, probabilmente, meno forti di quello che si sarebbero aspettati, però il problema resta aperto e credo metta un po’ in discussione l’attuale assetto dello stato delle autonomie che finora, tutto sommato, aveva funzionato abbastanza bene ma che ora incomincia a scricchiolare.

D. – Quanto incide, secondo lei, nella svolta separatista la crisi economica mondiale?

R. – La crisi economica ha inciso moltissimo nel socializzare le correnti indipendentiste. Non dimentichiamo quello che storicamente è successo da un secolo a questa parte: i movimenti nazionalisti cosiddetti periferici, cioè quello dei Paesi Baschi, quello della Catalogna e quello della Galizia, trovano alimento e spinta nei momenti in cui la situazione politica o economica del Paese traballa. Da questo punto di vista, essendo l’economia catalana una delle più forti nel contesto spagnolo, ha fatto sì che tra i catalani si diffondesse l’idea che finché la Catalogna resta agganciata al carro di Madrid non riesce ad uscire dalla crisi economica, mentre invece con l’indipendenza avrebbe maggiori possibilità, maggiori chance per uscire dal tunnel della crisi economica.

D. – E’ storica l’affluenza alle urne: quasi il 70 per cento …

R. – La partecipazione più alta da quando si vota per il Parlamento catalano, cioè dal 1980. Io credo che abbiano influito diversi fattori: innanzitutto, un clima internazionale con le vicende scozzesi e il referendum che è stato concordato con Cameron per quello che riguarda il futuro della Scozia. Poi, la vittoria elettorale di Rajoy e del Partito popolare, che è un interlocutore meno disponibile al dialogo rispetto ai socialisti o a quanto lo fosse stato Zapatero rispetto alle richieste di maggiori trasferimenti di competenze dal centro alla periferia. E poi, lo stallo del negoziato sul nuovo modello fiscale – il nuovo patto fiscale – sempre tra Madrid e la Catalogna, che non ha trovato una soluzione accolta dalle due parti.

D. – Ma qual è la sua analisi? Che cosa succederà, adesso?

R. – E’ stata una batosta significativa, quella che ha preso Convergència i Uniò nelle elezioni. Questo, naturalmente, non cancella d’un colpo le spinte, le rivendicazioni indipendentiste però ne attutisce, ne attenua la forza. Mas ha detto che intende continuare sul piano indipendentista, però la posizione è meno forte di prima.

Ultimo aggiornamento: 27 novembre







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