Egitto: incontro tra Morsi e il Consiglio giudiziario supremo per far rientrae la
crisi
Sempre alta la tensione in Egitto dopo la decisione del presidente Morsi di avocare
a se nuovi poteri. In migliaia hanno partecipato ai funerali dei due attivisti morti
durante gli scontri di questi giorni. Ieri il presidente Morsi ha visto i vertici
giudiziari, e si è detto ottimista sulla soluzione della crisi. Intanto il quattro
dicembre un tribunale del Cairo terrà la prima udienza contro il provvedimento presidenziale.
Oggii, sono in programma grandi manifestazioni di piazza convocate dai Fratelli musulmani
e dall’opposizione, ma le iniziative potrebbero rientrare alla luce dell’incontro
di ieri. Benedetta Capelli ha intervistato Remigio Benni, collaboratore
dell’Ansa Al Cairo:
R. – E’ molto
probabile che Morsi oggi debba modificare in parte le sue decisioni, i suoi provvedimenti,
soprattutto quelli di carattere amministrativo. Credo, cioè, che lui tenda a preservare
soprattutto la decisione con la quale si è garantito che non possano essere confermate
dalla magistratura lo scioglimento dell’Assemblea costituente, che sta appunto preparando
la Costituzione, e la Shura, cioè la Camera alta. Questo ha un valore politico molto,
molto importante perché se l’Assemblea costituente, che è a prevalenza islamista,
dovesse decidere che la sharia – cioè la legge coranica – è il riferimento
principale del diritto, questo metterebbe in grave difficoltà tutto il sistema giudiziario
egiziano tradizionale, che si appoggia anche sul diritto francese e sul diritto inglese.
Una voce abbastanza consistente, al Cairo, è quella secondo cui Morsi – o ambienti
a lui vicini – riferiscono di avere avuto notizia che il 2 dicembre ci sarebbe una
decisione della Corte costituzionale per annullare il provvedimento, precedente la
dichiarazione costituzionale, che Morsi ha fatto in agosto cancellando il potere dei
militari, cancellando il Consiglio supermo delle forze armate e cambiando tutti i
vertici delle forze armate. Quello che è certo è che nel Paese si è creata una grande
tensione, una grande preoccupazione, proprio perché questi metodi abbastanza autoritari
scelti da Morsi sembrano richiamare moltissimo alla memoria il sistema gestito da
Mubarak, contro il quale è stata fatta la rivoluzione.
D. – Cosa è cambiato
realmente da un anno a questa parte nelle piazze egiziane? Il Paese sembra molto diviso…
R.
– Chiaramente, il tutto è abbastanza complesso. Un esempio: i movimenti di protesta
erano, a un certo punto, diventati 150. Se pensiamo che alle elezioni, che hanno poi
portato a questo parlamento e a Morsi – erano 55 partiti diversi – abbiamo idea di
come sia frammentata la realtà egiziana e di come sia difficile unificare le istanze.
E’ sicuro che c’è stata una necessità, una forte richiesta di liberarsi dai freni
che il vecchio regime aveva imposto, e su questo poi i Fratelli musulmani hanno raccolto
molti consensi. Il problema è capire quanto, in questo Paese, i Fratelli musulmani
costituiscano una forza di movimento piuttosto che una forza di oppressione e di arretramento.
Certo è che, da parte del popolo, c’è molta richiesta, sia pure confusa, non organizzata,
soprattutto di miglioramento delle condizioni di vita, perché esse sono state tenute
a un livello molto basso, durante il regime di Mubarak, e in questo periodo non sono
migliorate perché la crisi economica sta consumando le risorse del Paese. Il costo
della vita è molto alto, soprattutto per le classi più umili, meno abbienti. C’è tanta
disoccupazione e c’è una grande tensione, che si sfoga proprio nelle manifestazioni
di piazza.