S'infiamma l'Egitto dopo la decisione del presidente Morsi di rafforzare i propri
poteri
Proteste e sit-in in Egitto dopo la decisione del capo dello Stato Mohamed Morsi di
rafforzare i suoi poteri, indebolendo la magistratura e blindando l'Assemblea costituente.
Incendiati ad Alessandria, Port Suez e Ismailyia, le sedi degli uffici del partito
dei Fratelli Musulmani. Tafferugli e manifestazioni anche a piazza Tahrir, città simbolo,
Al Cairo, delle proteste contro l’ex regime. Massimiliano Menichetti:
“E’ il fallimento
della primavera araba. Morsi come Mubarak”. Sono gli slogano gridati nelle piazze
egiziane dai contestatori del presidente in carica, il quale, due giorni fa, con decreto
ha aumentato i suoi poteri a scapito della magistratura e blindando l'Assemblea che
sta riscrivendo la nuova Costituzione del Paese. Decisione quella del Capo dello Stato
che preoccupa non poco l’Onu per le “conseguenze sui diritti umani e la possibile
instabilità che potrebbe innescarsi nella regione”. ''Lavoro per la stabilità economica
e sociale” ha detto lo stesso Morsi, parlando ai suoi sostenitori che si sono fronteggiati
nelle piazze egiziane con gli oppositori, prima fra tutte piazza Tahrir luogo simbolo
delle proteste che hanno portato alla fine del regime Mubarak. Il Paese adesso è diviso
ed il pericolo è che si spacchi del tutto. Ad Alessandria, Port Suez e Ismailyia,
ieri sono stati incendiate le sedi degli uffici del partito dei Fratelli musulmani,
quello di provenienza di Morsi. Cinquanta le persone ferite, un'altra cinquantina
sono rimasti contusi e intossicati al Cairo dove in piazza, a chiedere la revoca del
decreto presidenziale, c’erano anche El Baradei, Amr Mussa e Sabahi sconfitti nelle
elezioni di giugno proprio da Morsi.
Sulle misure assunte dal presidente egiziano
Morsi, Benedetta Capelli ha raccolto il commento di Francesca Maria Corrao,
docente di Lingua e Cultura araba presso la Luiss “Guido Carli” di Roma:
R.
– I cambiamenti sono sempre un po’ ambigui, di doppia lettura. Da una parte, realizzano
mutamenti che sono legittimi, o quantomeno accolgono il favore della popolazione perché
vogliono riaprire le inchieste e i processi che hanno giudicato sia Hosni Mubarak
sia la sua giunta. Quindi, Morsi fa questa mossa per proteggere la rivoluzione e per
fare realmente giustizia. In pratica, però, dice che è un’operazione di tipo temporaneo
e che nel momento in cui sarà stata ristabilita la giustizia, restituirà agli organi
giudiziari le libertà e le prerogative costituzionali. Questo, al tempo stesso, allarma
moltissimo l’opposizione di matrice liberal-costituzionalista, perché comunque è difficile
procedere a una vera giustizia senza tener saldi i diritti istituzionali e costituzionali.
D. – La tutela dei Fratelli musulmani, che dominano sia il Consiglio della
Shura sia l’Assemblea costituente, può influire anche sulla realizzazione e sulla
messa a punto del testo costituzionale che proprio l’Assemblea costituente sta scrivendo?
R.
– Mi pare proprio di sì. Credo che da una posizione liberale sia giusto che le varie
componenti partecipino. Mi sembra che il modo in cui sia stata stilata e il modo in
cui si stia ancora lavorando dimostra che si ha rispetto delle opinioni e delle istituzioni
maggiori. Io auspico che questo passo del presidente possa rientrare e che quindi
il Morsi mantenga la parola data e che sia garante di tutti i cittadini egiziani.
D.
– Quanto deciso mette all’angolo anche il generale Tantawi, ex capo della giunta militare:
è un bene o un male, questo?
R. – La situazione è molto complessa, perché comunque
i militari – anche economicamente – rappresentano una potenza notevole nel Paese.
Tuttavia, nei militari non c’è una sola anima: ci sono espressioni politiche di tipo
diverso. Comunque, la decisione di Morsi accentra il potere e l’accentrare il potere
non è un elemento che garantisce liberalità e democrazia.
D. – Quali scenari
si apriranno adesso, secondo lei, nel Paese? Quanto la comunità internazionale, che
tanto ha puntato su Morsi per mediare nel conflitto israelo-palestinese, vorrà intervenire
in questo contesto?
R. – La società egiziana è una società matura e all’interno
del Paese ci sono interlocutori di grandissimo valore. La scuola giuridica egiziana
è molto importante e ci sono dei protagonisti politici attivi e preparati, tali da
potersi immaginare un dibattito interno che possa fare evolvere in senso positivo
questa fase di transizione. E’ chiaro che è una fase di transizione, una scelta tutta
interna all’Egitto. Ma noi dobbiamo essere sensibili alle sollecitazioni per favorire
lo sviluppo positivo del Paese in questa fase, e credo che ci sia bisogno di molto
sostegno, sicuramente anche in termini economici e non soltanto politici: è chiaro
che l’Egitto stia attraversando una fase molto critica.