Congo. Il governo ai ribelli di M23: negoziati solo dopo il ritiro da Goma
Il governo della Repubblica Democratica del Congo non negozierà con i ribelli di M23
fino a quando questi non abbandoneranno la città di Goma. Così il presidente congolese
Joseph Kabila nell’incontro tenutosi sabato sera in Uganda con una rappresentanza
del movimento che da martedì scorso controlla la capitale della provincia del Kivu
del Nord. Un appello ai ribelli di M23 a consegnare le armi e a ritirarsi da Goma
è giunto anhche dal segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon. Sul terreno, migliaia
di civili sono in fuga di fronte all’avanzata dei ribelli verso la città di Bukavu,
nel Sud Kivu. Gravissima l’emergenza umanitaria per la quale si è levato anche l’accorato
appello dei vescovi del Paese che denunciano: siamo di fronte ad una guerra per lo
sfruttamento delle risorse. Cecilia Seppia ha sentito Domenico Quirico,
giornalista del quotidiano La Stampa, esperto di questioni africane: :
R. – I capi
dell’M23 sostengono di poter ripetere l’operazione di Kabila padre contro Mobutu,
cioè di poter avanzare fino a prendere Kinshasa. Francamente mi sembra una “fanfaronata”
ed è molto più probabile che il loro progetto sia quello di conquistare il massimo
del territorio nel Kivu e poi procedere a una vecchia “malattia” o tentazione nella
storia congolese che è quella della secessione: separare il Kivu dallo Stato congolese,
creare una sorta di repubblica delle miniere. Infatti, c’è anche il ruolo che sta
svolgendo il Ruanda, attraverso le sue minoranze etniche che vivono nel Kivu, e che
ha mire ben precise che porta avanti con determinazione e astuzia da molto tempo in
questa zona.
D. – L’Onu sembra impotente, a parte questo ponte aereo che ha
messo a disposizione per evacuare il personale a rischio. I caschi blu a Goma, per
esempio, non hanno potuto sparare, non hanno aperto il fuoco. Forse ora si sta prendendo
in considerazione la possibilità di utilizzare droni ma solo per ricognizione. Questo
potrebbe essere un segnale della presenza della comunità internazionale che guarda
al Congo e a questo conflitto…
R. – Questo contingente sta lì da un’eternità.
Mi domando che senso abbia gettare denaro dalla finestra per queste presenze che servono
semplicemente alla burocrazia. Questi sono posti dove armate intere possono sparire
in una foresta senza essere più visibili, figuriamoci a cosa serve il drone.
D.
- A cosa servirebbe?
R. – Quello che serve sempre in luoghi come il Congo:
una volontà della comunità internazionale che attraverso pochi Paesi che contano,
che hanno in questa zona un’influenza assai antica, possa intervenire direttamente
per eliminare alla radice le cause di questa continua e ripetuta tragedia. Non dimenticando
però, che il governo attualmente al potere a Kinshasa non è diverso dai suoi avversari,
nel senso che anche questo governo, in particolare Kabila junior, è un personaggio
impegnato nel saccheggio del proprio Paese.
D. – Proprio ieri c’è stato un
appello dei vescovi del Paese che parlano di una guerra per lo sfruttamento illegale
delle risorse e chiedono ovviamente di cessare le armi. E’ così, ha una forte connotazione
economica questa guerra?
R. – L’unica ragione per cui si combatte e ci si massacra
nel Congo orientale è lo sfruttamento privatistico delle immense ricchezze naturali
della zona. In questo senso le bande di questi presunti ribelli e gli ufficiali, i
generali dell’armata regolare congolese, si comportano esattamente nello stesso modo,
cioè vendono, svendono, rubano queste ricchezze e poi regolano i propri conti periodicamente.
D.
- Quello che preoccupa ovviamente sempre quando c’è una guerra è l’emergenza umanitaria
che ne scaturisce. Ci sono migliaia di sfollati. Nelle città cominciano a scarseggiare
i viveri, l’acqua e ci sono cadaveri abbandonati per le strade, uno scenario drammatico…
R.
– I campi sono stati abbandonati, le capanne bruciate, nessuno ha più la possibilità
di tornare indietro. Questi diventano sfollati permanenti, gente che è costretta a
vivere di carità o si arruola, se sono maschi, perché chi ha un mitra è qualcuno,
chi non ce l’ha è polvere, è niente.