Bolivia. In marcia per la vita: “no” della popolazione all’aborto
“Io amo la vita”: riunendosi attorno a questo slogna, la popolazione di Santa Cruz
ha partecipato in massa alla “Marcia per la Vita” che si è svolta ieri, organizzata
da oltre 300 istituzioni come il Consiglio Regionale della Gioventù, la Chiesa Cattolica
e il Comitato Civico Femminile, tra le altre. Come riferito a Fides dalla Chiesa locale,
l’iniziativa ha voluto manifestare pubblicamente il totale disaccordo verso progetti
di legge che propongono di legalizzare l'aborto nel paese. L'arcivescovo coadiutore
di Santa Cruz de la Sierra, mons. Sergio Gualberti, aveva invitato tutta la popolazione
a “partecipare in modo massiccio e con entusiasmo alla Marcia per la vita, e così
rifiutare l'aborto e l'eutanasia che vogliono imporre gruppi con ideologie straniere”,
ha detto in una nota ufficiale, pervenuta a Fides. “Dinanzi questa situazione, come
cattolici vogliamo esprimere pubblicamente la nostra fede nel Dio della vita, vita
inviolabile dal primo momento della concezione fino alla morte naturale”, ha aggiunto.
Nella nota inviata all’agenzia Fides, Edwin Bazan, portavoce della Chiesa cattolica
locale, rimarca che proposte di legge di questo tipo mirano a far sì che “la cultura
della morte”, spesso accettata in modo acritico dai politici, “metta radici in Bolivia”.
Attraverso la marcia la Chiesa ha voluto ricordare loro che devono promuovere una
legislazione a favore della vita: “Vogliamo dire ai politici che noi, persone che
hanno dato il voto per loro, siamo un popolo che vuole la vita e non vogliamo progetti
di morte. Noi crediamo che la vita è un dono di Dio e che deve essere rispettata.
E' ora d'accompagnare le nostre preghiere con atti: la marcia è un messaggio chiaro
alla classe politica”, ha detto il portavoce della Chiesa cattolica. Agustin Aguilera,
vice presidente dell'Associazione nazionale degli evangelici della Bolivia, che hanno
partecipato alla marcia, ha definito la legalizzazione dell'aborto “un omicidio”.
“L'aborto è una parola morbida per dire ‘diritto a uccidere’, perché quando una persona
è concepita ha già il diritto di vivere”, ha rimarcato. (R.P.)