Iraq: appello di mons. Sako per la pace e il dialogo a Kirkuk
Si inasprisce la disputa fra il governo centrale irakeno e l'amministrazione regionale
del Kurdistan per il controllo della città di Kirkuk, nel nord del Paese, e della
sua immensa ricchezza petrolifera, i giacimenti e le riserve quantificate - secondo
stime recenti - in 10 miliardi di barili. Essa è un mosaico di etnie, lingue e religioni,
con una popolazione pari a 1,3 milioni di abitanti suddivisi fra musulmani, curdi
arabi e turcomanni. Per questo - riferisce l'agenzia AsiaNews - l'arcivescovo locale,
mons. Louis Sako, lancia un invito per la "pace e dialogo" a tutte le fazioni in lotta.
Il governo centrale, a maggioranza sciita e guidato da Nouri al-Maliki, cerca di imporre
la sua autorità sulla città settentrionale, disponendo l'invio dell'esercito per mantenere
il controllo e limitare la presenza curda attraverso le milizie peshmerga, il fronte
autonomista combattente. La fazione curda è contraria all'intervento di Baghdad e
non sono mancati scontri: uno di questi è avvenuto a Tuzkhurmato, circa 50 km a sud
di Kirkuk. La città vive un momento di fortissima tensione; la gente teme un'escalation
delle violenze e ha paura di un conflitto per la conquista del territorio e la supremazia
di una delle fazioni in lotta. Si ripetono le minacce e gli avvertimenti reciproci
fra il premier irakeno e la leadership curda della regione. Per scongiurare un nuovo
bagno di sangue, l'arcivescovo di Kirkuk ha inviato a tutte le parti in causa un appello
alla calma e al dialogo, mirato a salvaguardare la salute della popolazione civile,
che si mostra sempre più sfiduciata e non crede alle promesse di "stabilità e sicurezza".
Nel suo intervento, mons. Louis Sako sottolinea che "gli iracheni hanno sofferto molto,
i loro occhi sono stanchi di aspettare giorni migliori, non hanno la capacità né la
forza di subire nuovi conflitti". Il prelato aggiunge che "la loro preoccupazione,
la loro speranza e la loro preghiera sono quelle di vivere in tutta sicurezza e stabilità".
In qualità di irakeno e di cittadino di Kirkuk, continua l'arcivescovo, "vorrei unire
la mia voce alle voci di molti uomini e donne i di Kirkuk" e di "tanti imam musulmani,
per chiedere a tutti i partiti politici e al governo centrale e regionale del Kurdistan,
di calmare la situazione e sedersi attorno a un tavolo per negoziare e dialogare in
modo sincero". Perché, spiega ancora il prelato, "non c'è pace senza dialogo". L'obiettivo
è dar vita a "un ambiente più sicuro, in cui vige la giustizia, in cui ci sono dignità
e gioia". Ed è compito degli amministratori e dei politici, conclude mons. Sako, "essere
messaggeri di pace" e "il cielo benedirà tutti i loro sforzi". (R.P.)