Il Papa alle amministrazioni penitenziarie: impegnarsi per il reinserimento sociale
del detenuto
La detenzione in carcere deve “assolvere alla sua funzione rieducativa” e non puntare
solo alla punizione del colpevole. E’ l’esortazione che Benedetto XVI ha rivolto,
giovedì in Vaticano, ai partecipanti alla 17.ma Conferenza dei direttori delle amministrazioni
penitenziarie del Consiglio d’Europa. Il Papa ha quindi esortato gli operatori penitenziari
ad avere sempre un profondo rispetto della persona, ancor più oggi vista la crescente
presenza di detenuti stranieri in situazioni di grande difficoltà. Nel suo indirizzo
d’omaggio al Papa, il ministro della Giustizia italiano, Paola Severino, ha affermato
che sta tentando con “tenacia” di completare la riforma carceraria, puntando in particolare
sulle misure alternative alla detenzione. Il servizio di Alessandro Gisotti:
La giustizia
penale non può essere ridotta alla questione della disciplina dei reati, ma deve sempre
guardare al rispetto della dignità dell’uomo. E’ uno dei passaggi chiave del discorso
di Benedetto XVI alle amministrazioni penitenziarie europee. Un intervento nel quale
il Papa ha, innanzitutto, esortato a far sì che il carcere assolva alla sua funzione
rieducativa del detenuto:
“A concrete commitment is needed, not just…” “Occorre
– ha detto – impegnarsi, in concreto e non solo come affermazione di principio, per
una effettiva rieducazione della persona, richiesta sia in funzione della dignità
sua propria, sia in vista del suo reinserimento sociale”. Il Papa, che ha sottolineato
come “le differenze economiche e sociali ed il crescente individualismo” alimentino
“le radici della criminalità”, ha quindi aggiunto:
“The prisoner’s personal
need to undergo in prison…” “L’esigenza personale del detenuto di vivere nel
carcere un tempo di riabilitazione e maturazione è – ha detto – esigenza della stessa
società, sia per recuperare una persona che possa validamente contribuire al bene
di tutti, sia per depotenziarne la tendenza a delinquere e la pericolosità sociale”.
Ed ha sottolineato come non si tratti solo di una questione di adeguate risorse finanziarie
“per rendere più dignitosi gli ambienti carcerari”, ma occorra anche una “crescita
della mentalità” per il pieno rispetto dei diritti umani dei carcerati. La funzione
rieducativa della pena, ha ribadito, “non sia considerata un aspetto accessorio e
secondario del sistema penale, ma, al contrario momento culminante e qualificante”:
“In
order to practice justice, it is not enough…” “Al fine
di fare giustizia – ha avvertito – non basta cioè che colui che è riconosciuto
colpevole di un reato venga semplicemente punito”. Occorre che “nel punirlo si faccia
tutto ciò che è possibile per correggere e migliorare l’uomo”. Quando ciò non accade,
è stato il suo monito, “la giustizia non è realizzata in senso integrale”. Il Papa
non ha così mancato di rendere omaggio a quanti, nelle amministrazioni penitenziarie,
si adoperano “con grande serietà e dedizione”:
“Profound respect for persons,
commitment…” “Il profondo rispetto della persona – ha detto – l’operare per
la riabilitazione del carcerato, il creare una vera comunità educativa, si rendono
ancora più urgenti considerando anche la crescente presenza di ‘detenuti stranieri’
spesso in situazioni difficili e di fragilità”. Del resto, ha osservato, al ruolo
delle istituzioni penitenziarie deve corrispondere la “disponibilità del detenuto
a vivere un tempo di formazione”. Una risposta positiva ha, però affermato, non va
solo auspicata ma pure “sollecitata con iniziative e proposte capaci” di “spezzare
la solitudine in cui spesso i detenuti restano confinati”:
“Particularly
important in this regard…” “Molto importante in questo senso – ha affermato
– è la promozione di attività di evangelizzazione e di assistenza spirituale”, capaci
di risvegliare nel detenuto “l’entusiasmo per la vita e il desiderio di bellezza propri
di chi riscopre di portare impressa in sé, in modo indelebile, l’immagine di Dio”.