Pakistan: archiviate le accuse di blasfemia contro Rimsha. Ai nostri microfoni Paul
Bhatti
“E’ una delle più belle notizie della mia carriera”. Così Paul Bhatti, consigliere
del ministro pakistano per l’armonia, dopo la decisione dell’Alta Corte di Islamabad
di archiviare le accuse contro Rimsha Masih, la ragazza cristiana, affetta da sindrome
di Down, accusata di blasfemia per aver bruciato pagine con frasi del Corano. Lo ricordiamo:
l’imam che l’ha accusata è tuttora in carcere, sospettato di aver manipolato le prove.
Il servizio di Massimiliano Menichetti:
La luce della
verità brilla oggi su Islamabad, in Pakistan, per la decisione dell’Alta Corte di
archiviare il caso di Rimsha Masih, “perché nessun testimone può confermare le accuse
dell’imam”, che tuttora è in carcere sospettato di aver inquinato le prove. Tutto
inizia il 17 agosto scorso quando la guida religiosa musulmana di Mehrabadi, il villaggio
di Rimsha, punta il dito contro la giovane adolescente cristiana, affetta da sindrome
di Down. Secondo l’uomo, ha bruciato pagine di un libro contenente frasi del Corano.
S’innesca la ritorsione: Rimsha viene strappata dalla folla che vuole linciarla. Arrestata,
per la legge sulla blasfemia, rischia la pena di morte. Intanto, circa 600 persone
di Mehrabadi, tutti cristiani, scappano per paura di ritorsioni. La vicenda giudiziaria,
seguita da tutto il mondo, è complessa. Rimsha è scarcerata su cauzione il 7 settembre,
viene portata in un luogo segreto sotto la protezione personale del cristiano Paul
Bhatti, consigliere del ministro per l’Armonia e leader di “All Pakistan Minorities
Alliance”. Con la giovane, si sono schierati i cristiani del mondo intero, che hanno
accompagnato con la preghiera le mobilitazioni delle comunità locali. In prima linea
anche il vescovo di Islamabad, mons. Rufin Antony e diverse personalità musulmane.
Oggi la Conferenza episcopale pakistana, dopo la decisione presa dai giudici, parla
di contributo per la pace, la giustizia e l’armonia religiosa nel Paese. I presuli
sottolineano che più voci della società civile, tra cui cristiani e musulmani, si
sono ritrovate dalla stessa parte, in sintonia a difendere gli stessi valori di civiltà,
verità, legalità e giustizia, condannando gli abusi della legge sulla blasfemia. Grande
la gioia dunque oggi, nel giorno in cui il pensiero va anche ad Asia Bibi la donna
cristiana madre di 5 figli in carcere, sempre con l’accusa di blasfemia, che aspetta
dal 2010 di essere ascoltata dai giudici.
Paul Bhatti ha, oggi, dedicato la
sentenza che chiude la vicenda Rimsha al fratello, Shahbaz Bhatti, ministro pakistano
per le minoranze religiose, ucciso con 30 colpi di pistola da estremisti islamici
il 2 marzo 2011. Ai nostri microfoni lo stesso Paul Bhatti:
R. – E’
una delle più belle notizie che io possa avere avuto. Mi ha dato forza e speranza
che in questo Paese esiste una possibilità di giustizia, di convivenza con altre religioni,
senza divisioni e rancori. Aspettavamo da tempo questa decisione e oggi abbiamo due
messaggi importanti: il primo è che si è dimostrato che questa legge sulla blasfemia,
in diversi casi, è usata per vendette personali e per fini personali. Il secondo messaggio
forte è che le persone che usano in maniera scorretta questa legge, possano essere
punite. Questi due aspetti sono molto importanti, vanno tenuti nel giusto conto e
possono produrre un cambiamento importante. E anche se non sono determinanti per cambiare
la legge, danno ugualmente un messaggio positivo.
D. – Ha avuto modo di parlare
con Rimsha e con la sua famiglia? Come stanno?
R. – Ci parlo quasi ogni giorno.
La famiglia è sotto la mia custodia. Rimsha sta benissimo e anche la famiglia. Per
ragioni di sicurezza, si trovano in un posto segreto, e non possono esporsi molto
…
D. – Adesso tornerà nel suo villaggio di Mehrabadi? Ricordiamo che tante
persone lo hanno lasciato dopo le minacce e per paura di ritorsioni …
R. –
In quel villaggio, il 95 per cento dei cristiani erano in affitto, non erano proprietari
di casa ed i rapporti tra cristiani e musulmani erano diventati difficili, ma adesso
moltissimi sono tornati lì. Io stesso ho creato un comitato di 20 persone, composto
da un sacerdote, un parroco di Islamabad, un parroco della chiesa protestante, due
religiosi musulmani e alcuni volontari. Il compito di queste persone è stato di andare
in questa comunità, esaminare i problemi e cercarne le soluzioni, con lo scopo anche
di dare protezione o cercare un posto alternativo dove stare, in caso di necessità.
D.
– Il caso di Rimsha, comunque, non fa dimenticare quello di Asia Bibi, anche lei in
carcere in attesa di giudizio dal 2010. Qual è il punto su questa vicenda?
R.
– Certamente ci sta a cuore e noi vogliamo seguirla. Però dopo l’assassinio di mio
fratello, questo caso ha preso una piega molto diversa. Tantissime organizzazioni
hanno iniziato a speculare. Non vogliono che nessuno intervenga perché altrimenti
si interromperebbe il sostegno che stanno ottenendo. Più di una volta io ho protestato
per questo, l’ho detto chiaramente …
D. – Quindi c’è qualcuno che ha interesse
affinché Asia Bibi rimanga in carcere?
R. – Esatto. Secondo me, sì. Più volte
ho offerto il mio aiuto, ma ci sono due-tre Ong che si stanno occupando della vicenda
che mi hanno detto: “No, no, stiamo facendo, ci lasci stare” … Però, a noi non interessa
l’effetto mediatico: a noi interessa che Asia Bibi esca di prigione.
D. – La
cronaca in questi mesi ha raccontato di violenze e uccisioni nei confronti di cristiani,
indipendentemente dal fatto che fossero adulti o bambini. Qual è la situazione in
Pakistan?
R. – Il Pakistan attualmente sta vivendo una fase molto difficile
e delicata per via della instabilità e della sua situazione politica. Quello che accade
non è solo un’azione contro le minoranze, si sta verificando un’ondata di terrorismo
che sta creando instabilità in tutto il Paese.
D. – Che tipo di terrorismo
è quello che sta fronteggiando il Pakistan?
R. – Una sorta di estremismo …
Parte da Karachi dove non ci sono divisioni religiose, il problema lì, a volte, è
dato dalla differenza linguistica, dall’etnia, dai partiti, dalle sette … Lo stesso
accade nella zona del Balochistan dove ci sono divisioni anche tra i vari gruppi musulmani
… Questa instabilità nel Paese, insomma, non fa riferimento ad un volto specifico,
anche se le minoranze ovviamente sono le più deboli.