Nel mondo un miliardo di bambini coinvolti in conflitti armati
I conflitti in atto nel mondo fanno riflettere, nella Giornata mondiale per i diritti
dell’infanzia celebrata martedì scorso, alla condizione di tutti i bambini e ragazzi
coinvolti in conflitti armati. Per loro si pregherà sabato prossimo a Parigi per iniziativa
dell’Ufficio internazionale cattolico dell’infanzia (Bice), durante la Messa alle
ore 18 nel Convento dell’Annunciazione, cui seguirà una conferenza sul tema. Ma quanti
sono i minori nel mondo a patire per l’odio, la follia, la violenza cieca degli adulti
in guerra? Roberta Gisotti lo ha chiesto ad Andrea Iacomini, portavoce
dell’Unicef Italia:
R. – Purtroppo,
sono ancora moltissimi. Un recente studio afferma che i conflitti nel mondo sono 388
e che ci sono un miliardo di bambini che sono spettatori di questi conflitti in ogni
parte del pianeta. E’ un dato davvero impressionante, se si pensa che gran parte di
questo numero – cioè del miliardo – sono bambini sotto i cinque anni. E in questa
Giornata così importante - nella quale ricorre l’anniversario della ratifica da parte
dell’Assemblea delle Nazioni Unite, il 20 novembre 1989, della Convenzione sui diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza – siamo qui a registrare ancora come i bambini purtroppo
siano vittime innocenti di conflitti in ogni parte del Pianeta. Non parlo soltanto
della Siria o di Gaza, che sono aree critiche del momento, ma anche di situazioni
molto gravi che si registrano nel Sudan oppure nel Mali, dove a giorni – forse – ci
sarà anche un intervento armato. Ecco perché l’Unicef ha lanciato un appello a 360
gradi, in tutto il mondo, affinché cessino le violenze e soprattutto affinché i bambini
non vi siano coinvolti, in alcuna maniera.
D. – In quest'anno hanno preoccupato
gravemente le condizioni dei bambini nel Medio Oriente, in Siria ed ora nella Striscia
di Gaza, dove sono sotto il mirino delle armi. Ci sono iniziative della comunità internazionale
per proteggerli?
R. – Noi ci auguriamo che la comunità internazionale trovi
uno sbocco a queste situazioni di conflitto e che si lavori per la pace: questo vale
per Gaza come vale per la Siria, dove ci sono oltre 400 mila profughi, dove ci sono
1,2 milioni di bambini colpiti dal conflitto siriano. Poi, non possiamo dimenticare
Gaza dove i bambini vivono in una situazione di terrore. Il dato che emerge, al di
là purtroppo del numero dei decessi, che è orribile, sono le conseguenze psicologiche
che questi bambini sono costretti a subire. La guerra, in qualsiasi forma essa sia
o si manifesti, causa a bambini innocenti drammi talmente forti, a livello psicologico
e morale, che bisogna intervenire. E gran parte dell’azione dell’Unicef è rivolta
proprio a questo: cioè a intervenire per assistere questi bambini che sono vittime
di un conflitto. Quello che sta succedendo tra Israele e Gaza naturalmente preoccupa
moltissimo l’Unicef, che ha rivolto un appello a entrambe le parti affinché cessino
le ostilità e affinché vengano protetti i bambini – così come chiede la Convenzione
internazionale sui diritti dell’infanzia – in qualsiasi luogo essi si trovino: perché
hanno il diritto a vivere la vita come gli altri bambini del mondo occidentale, che
vivono in pace.
D. – Se guardassimo ai diritti dei bambini, lavoreremmo per
la pace?
R. – Sì, lavoreremmo per la pace perché tutti i Paesi – tranne gli
Stati Uniti e la Somalia – hanno ratificato la Convenzione sui diritti dell’infanzia
del 1989, quindi è interesse di ciascuno Stato proteggere i propri figli ed i propri
bambini. Spesso prevalgono interessi nazionali, spesso prevalgono odii che vengono
da molto lontano. Ma questo "da molto lontano" non può in alcuna maniera coinvolgere
i bambini, che non hanno colore, nazionalità, nulla che possa convincerci del fatto
che debbano essere uccisi per le motivazioni che ho appena elencato. I bambini sono
tutti uguali e vanno protetti. Ecco perché noi ci appelliamo ancora una volta a tutte
le parti in conflitto sia nel Medio Oriente, sia nelle altre parti del mondo - dove
sono, ripeto, 388 i conflitti - affinché nel momento in cui si lavora per la pace,
si lavori per proteggere i bambini.