Israele: nessuna operazione di terra a Gaza. Diplomazia al lavoro per risolvere la
crisi
Ancora raid israeliani sulla Striscia di Gaza e lanci di razzi verso Israele. Il bilancio
di oggi è di almeno quattro palestinesi uccisi. Mentre la diplomazia internazionale
è al lavoro per cercare una tregua, Israele ha congelato l’ipotesi di un’invasione
di terra. Benedetta Capelli:
Prosegue il
botta e risposta tra la Striscia di Gaza ed Israele. Si è sfiorata una strage a Beer
Sheva, nel Neghev, dove un missile palestinese ha centrato un autobus, poco prima
i passeggeri erano fuggiti dal mezzo. Caduto un razzo alla periferia di Gerusalemme,
dove sono risuonate le sirene d'allarme, bersagliata pure la città di Ashqelon, mentre
oltre un milione di persone nel sud di Israele restano in prossimità dei rifugi. A
Gaza, la situazione è drammatica – ha detto il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon
– gli ospedali sono pieni e le scuole chiuse. Israele ha annunciato di non voler compiere
operazioni di terra, ma se continuerà il lancio di razzi nel suo territorio “allora
– ha riferito un alto dirigente – saremo costretti a farlo”. Tel Aviv sta vagliando
la proposta di tregua egiziana. Intanto, però, uno dei capi di Hamas ha usato toni
minacciosi: “Il nemico pagherà caro”. Parole pesanti pure dal premier turco, Erdogan,
che ha accusato Israele di “pulizia etnica” nella Striscia di Gaza. Incessante l’attività
diplomatica: dopo lo stallo del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Ban Ki-moon ha iniziato
un tour nella regione. A Gaza è in visita anche una delegazione dei ministri degli
Esteri della Lega Araba, mentre in serata è previsto l'arrivo a Gerusalemme del segretario
di Stato americano, Hillary Clinton. Successivamente, la Clinton andrà nei Territori
palestinesi e in Egitto. Infine, Amnesty International ha chiesto l’embargo internazionale
sulle armi e l’immediato dispiegamento di osservatori internazionali di fronte all’escalation
di violenze.
Barack Obama ha dunque inviato il segretario di Stato, Hillary
Clinton, in Israele e nei Territori palestinesi per cercare di fermare la violenza.
Qual è il peso degli Stati Uniti, oggi, in una crisi che rischia loro di esplodere
tra le mani? Salvatore Sabatino lo ha chiesto all’analista internazionale Stefano
Torelli:
R. - Lo stesso
presidente Obama ha lanciato un messaggio che, a mio avviso, sembra essere abbastanza
esplicativo di quella che è l’azione statunitense nell’area: nel momento in cui Israele
ha dichiarato che, almeno per il momento, non avrebbe più intenzione di muovere anche
le truppe sin dentro la Striscia di Gaza e contestualmente il segretario di Stato,
Hillary Clinton, viene inviato nell’area, Obama ha rilasciato una dichiarazione dicendo
che questa decisione di Netanyahu di non portare le truppe dentro Gaza non è stata
una decisione assunta a seguito di una richiesta degli Stati Uniti, in quanto gli
Stati Uniti non hanno alcun tipo di influenza su quelle che sono le decisioni strategiche
israeliane. Quindi, è evidente, già da qualche anno, questa tendenza di Israele ad
agire sostanzialmente senza neanche più consultare Washington, spesso anche in maniera
- diciamo - contraria a quelli che sono gli auspici di Washington.
D. - Dal
canto loro, le Nazioni Unite sono paralizzate sul classico gioco di veti incrociati:
così com’è successo per la Siria, anche per Gaza possiamo prevedere un’impasse?
R.
- Direi di sì. Le Nazioni Unite, soprattutto nel teatro mediorientale, risultano abbastanza
immobilizzate da questa situazione, che si basa sui vari veti incrociati, per cui
- come ha giustamente sottolineato - in Siria stiamo assistendo a uno stallo vero
e proprio dell’azione diplomatica delle Nazioni Unite, per effetto di un veto di Russia
e di Cina soprattutto. Dall’altra parte, ogni volta che le Nazioni Unite hanno cercato
- negli ultimi decenni - di promuovere azioni anche soltanto semplicemente di condanna
allo Stato di Israele, vi è sempre stata l’opposizione abbastanza forte e significativa
degli Stati Uniti, che pur avendo una politica in questo contingente che non va proprio
d’accordo con il governo israeliano, a livello poi più strutturale continuano a manifestare
la propria vicinanza politica e la propria solidarietà allo Stato ebraico.
D.
- Dall’altra parte, c’è la Lega Araba che continua, invece, ad assumere un ruolo sempre
più importante…
R. - Sì, la Lega Araba sembra stia godendo di una rinnovata
se non credibilità, almeno spinta propulsiva, proattiva dal punto di vista dell’’azione
diplomatica. Le ha giovato la posizione che lo stesso Egitto ha assunto nell’area,
come nuova forza potenzialmente in grado di arrivare ad una mediazione soprattutto
con la parte palestinese, cosa che invece con il governo Mubarak non era stata possibile;
sicuramente il Cairo offre uno spiraglio e una possibilità in più per tutta la Lega
Araba di poter agire come nuovo attore di mediazione.