Giornata mondiale dell’infanzia: nel mondo cresce divario tra bambini ricchi e poveri
Celebrata ieri la Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Nel mondo, sono più di 61 milioni i minori che non vanno a scuola, circa 200 milioni
quelli che devono lavorare per sopravvivere. A livello globale – si ricorda nel rapporto
“Nati Uguali” di Save the Children con dati relativi a 32 Paesi – il gap tra
i bambini poveri e quelli ricchi è cresciuto del 35% rispetto al 1990. Le disparità
continuano dunque ad aumentare, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco
il direttore generale di Save the Children Italia, Valerio Neri:
R. – La differenza
del 35% ricorda un dato mondiale, ma in alcuni Paesi, tipo il Perù, la differenza
è diventata abissale - + 179% - e così in Ghana, in Bolivia, in Colombia e in Camerun.
Quindi, ci sono effettivamente Paesi in cui la differenza dei diritti tra un bambino
nato ricco, o comunque in una famiglia benestante, e un bambino povero sono oltre
ogni limite di accettabilità. Quindi, la Carta dei diritti infantili che oggi, 20
novembre, si ricorda a livello mondiale è carta straccia quando si guardano questi
Paesi.
D. – Come agire allora per rendere questo scenario meno drammatico? R.
– Che cosa fare? Il mondo dovrebbe automaticamente "mettersi le mani in tasca", magari
rendersi conto che i problemi dell’economia globale si risolvono o si affrontano anche
facendo emergere dalla povertà estrema i tanti altri Paesi che, invece, vi permangono.
Quindi, guardare un po' nel medio periodo, e non solo nel breve periodo, alla soluzione
dei problemi economici dei Paesi ricchi. Guardare nel medio periodo alla soluzione
dei problemi economici di tutta l’area mondiale: questo permetterebbe uno sviluppo
molto forte dei popoli oggi più deboli. Lì, bisogna fare leggi e rinforzare i governi,
che sono pronti ad aiutare le fasce più deboli della popolazione, purtroppo milioni
e milioni di bambini.
D. – E guardare anche a singole realtà molto problematiche:
perché se è vero che la povertà a livello globale è scesa da due miliardi di persone,
nel 1990, a 1,3 miliardi, è anche vero però che ci sono Paesi in cui queste distanze
aumentano...
R. – C’è tutta la fascia subsahariana che continua a essere una
delle fasce dove nascere è veramente una "lotteria" drammatica. Ricordo che, ancora
oggi, sono circa 7 milioni i bambini che muoiono nella fascia di età da zero a cinque
anni. Sono sette milioni all’anno, uno ogni cinque secondi. Ma non muoiono perché
hanno delle malformazioni cardiache, genetiche, che non possono essere sopportate:
muoiono perché sono sottonutriti, muoiono perché hanno una diarrea banalissima, che
non c’è neonato che non abbia, muoiono per un pizzico di zanzara. Si muore in questi
Paesi da 0 a 5 anni per cause facilmente evitabili. Credete che sia una cosa facile
nascere in Afghanistan? L’Afghanistan oggi è il Paese, per via della guerra endemica,
con la mortalità infantile più alta al mondo. Quindi, ci sono dei Paesi in cui, al
di là dei diritti dell’infanzia, che oggi si ricordano, non c’è neanche il diritto
basilare alla vita, alla sopravvivenza al momento della nascita. Questo è il mondo
in cui continuiamo a vivere, un mondo in cui continuiamo a non guardare dei Paesi
dove la gente soffre e muore in maniera inumana.
D. – Un diritto alla vita,
che si può in qualche modo tutelare anche promuovendo il diritto all’istruzione...
R.
– Ad oggi sono ancora 61 milioni i bambini che non vanno affatto a scuola, cioè non
hanno nessuna possibilità di accedere all’istruzione. Di questi milioni sicuramente
oltre la metà sono bambine. E perché è così importante istruire le bambine? Perché
le bambine, ovviamente, saranno le mamme del domani. Una mamma alfabetizzata, che
sa quindi avere una microeconomia domestica, che sa parlare, che sa leggere, che sa
interagire nella sua società, pur difficile che questa sia, è una mamma che obiettivamente
riesce a dare maggiori speranze di vita ai propri figli.
D. – Anche nei Paesi
ricchi ci sono grandi disparità...
R. – Assolutamente. Guardiamo anche all’Italia.
Purtroppo in Italia la forbice tra bambini che hanno la fortuna di vivere in una famiglia
abbiente, se non proprio ricca almeno serena, e i bambini in povertà relativa o addirittura
assoluta, sta aumentando. Intanto sta aumentando il numero dei bambini in povertà
assoluta: siamo oltre i 100 mila oggi, ma arriviamo a due milioni, due milioni e mezzo
se allarghiamo il concetto di povertà a quello di povertà relativa. Quindi, anche
in Paesi ricchi come l’Italia - Stati coscienti, Paesi che hanno una sensibilità alla
solidarietà maggiore di altri - la situazione tra bambini ricchi e bambini poveri
si va aggravando. Anche nei Paesi ricchi, Stati Uniti compresi, la povertà infantile
sta aumentando. E’ meglio tuttavia nascere povero in Italia che nascere povero in
India o in Bangladesh, perché anche la povertà non è uguale a seconda dei Paesi. A
volte si ha l’impressione che non ci sia fondo al male.
In Italia, il presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano, ricorda nel messaggio inviato in occasione dell'incontro
‘I diritti dei bambini al tempo della crisi’, promosso per la Giornata nazionale per
i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che “la difesa dei minori costituisce
un impegno prioritario per le forze politiche e sociali”. Una priorità soprattutto
nell'attuale periodo di recessione economica “che li vede maggiormente esposti all'abbandono,
alla povertà e al rischio di esclusione sociale”. “Si deve compiere ogni sforzo –
aggiunge Napolitano - perché non venga meno la tutela delle famiglie più vulnerabili
e venga sostenuto il ruolo centrale della scuola e dei servizi per l'infanzia, affinché
siano in grado di fronteggiare con sempre maggiore efficacia tutte le situazioni di
difficoltà ed emarginazione”. La Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia
e dell’adolescenza è anche un’occasione per ricordare il 20 novembre del 1989. In
quella data venne infatti approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite la
Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia. E’ stata ratificata da tutti
i Paesi del mondo, ad eccezione di Somalia e Stati Uniti.