Congo: scontri a Goma tra i ribelli M23 e forze governative
Intensi scontri da lunedì sono in corso nei pressi della periferia di Goma, nella
Repubblica Democratica del Congo. A fronteggiarsi le forze armate regolari e i ribelli
del Movimento M23. Sul terreno la situazione rimane confusa, il governo ha rifiutato
l’ultimatum dei rivoltosi che chiedevano negoziati e la smilitarizzazione della città
di Goma. Lucia Fiore ha intervistato Giusy Baioni, esperta di questioni
africane: R. – Il governo
congolese ha negato trattative perché sostiene che l’M23 è semplicemente un burattino
nelle mani del Ruanda, e preferisce trattare direttamente con il Ruanda. E’ chiaro
che è una provocazione. Quindi, a questo, punto vedremo nelle prossime ore come si
comporterà il movimento ribelle, che potrebbe davvero prendere la città di Goma. D.
– In questo clima di intensi scontri qual è la situazione dei civili? R. – E’ di
forte tensione, non ci sono informazioni, non si capisce cosa accadrà nelle prossime
ore, nei prossimi giorni. C’è forte preoccupazione e paura. Poi ci sono migliaia di
sfollati che si sono riversati a Goma e hanno grandi difficoltà nell’approvvigionamento
di viveri che normalmente vengono dall’entroterra, dove adesso si combatte. D.
– Dalla nascita della nuova ribellione del movimento del 23 marzo, sette mesi fa diversi
rapporti dell’Onu hanno evidenziato la responsabilità diretta del Ruanda e dell’Uganda,
Paesi confinanti con l’est congolese, che fornirebbero sostegno politico, militare
e logistico, al movimento… R. – Queste responsabilità in realtà sono acclarate
già da tempo. Le Nazioni Unite stanno, da anni, producendo documenti dettagliatissimi
che dimostrano in maniera inconfutabile il coinvolgimento del Ruanda, in particolare
in questo conflitto. Il problema è che finora questi documenti sono rimasti lettera
morta. Ora, forse, sembra intravedersi qualche piccolo cambiamento nell’atteggiamento
internazionale. Martedì scorso, il capo del movimento ribelle, Sultani Makenga, è
stato messo sulla lista nera dagli Stati Uniti. Questa è una mossa che fa intravedere,
forse, un cambio di strategia a livello internazionale, ma non è ancora sufficiente:
sia il Ruanda sia l’Uganda andrebbero sanzionati e dovrebbero essere intraprese azioni
molto più incisive.