Ricerca Cnel sul mercato del lavoro: gli immigrati non aumentano i livelli di disoccupazione
“Il ruolo degli immigrati nel mercato del lavoro italiano”. Questo il tema della ricerca
curata dall'Organismo Nazionale di Coordinamento per le politiche di integrazione
sociale degli stranieri e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Secondo
lo studio, nel 2020 i lavoratori immigrati aumenteranno del 45% rispetto al 2010 e
l’occupazione in Italia resterà costante. Sui principali dati emersi dall’indagine,
presentata nella sede del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, si sofferma
al microfono di Amedeo Lomonaco l’economista Carlo Dell’Aringa, che
stamani ha illustrato la ricerca alla stampa:
R. – Questa
ricerca è stata condotta con l’uso dei dati dell’Istituto Centrale di Statistica,
cercando di analizzare se una presenza maggiore, o minore, degli immigrati nei mercati
locali del lavoro, poteva aumentare il livello di disoccupazione, o le difficoltà
occupazionali degli italiani. Dalla ricerca è emerso che anche in questi anni di crisi,
questo effetto di “spiazzamento” non c’è; ma il rovescio della medaglia è dato dal
fatto che ancora una volta viene confermato quel fenomeno di “segregazione” degli
immigrati in posti di lavoro poco qualificati, che vengono rifiutati dai lavoratori
italiani.
D. – Quindi, i lavoratori immigrati non tolgono lavoro e soprattutto
sono fondamentali proprio per l’economia italiana...
R. – Certamente, in questa
situazione lo sono. Lo sono soprattutto quelli che poi riescono a fare impresa e quelli
che fanno impresa daranno anche lavoro ai lavoratori italiani.
D. – Una priorità,
dunque, è quella di riqualificare, di migliorare il mercato del lavoro per gli immigrati
...
R. – Ci sono settori nella nostra economia, nei servizi, ma anche nell’industria,
che dovrebbero essere riqualificati. Questo non solo per dare agli immigrati posti
di lavoro meglio remunerati e di maggior qualificazione, ma perché, in questi settori,
possono trovare lavoro anche i nostri giovani. Soprattutto nei prossimi cinque, sei
anni - quando l’occupazione crescerà poco - avremo molta più occupazione di immigrati
ed una forte disoccupazione dei giovani; non perché si fanno concorrenza tra di loro,
ma perché i nostri giovani rifiutano questi posti di lavoro. Quindi, bisognerebbe
intervenire nel migliorare la qualità di questi posti di lavoro – pensiamo all’assistenza
agli anziani – affinché, quegli immigrati che rimangono siano meglio integrati e poi
anche i nostri giovani, o meno giovani, possano trovare occupazione. A limite, anche
un po’ più di concorrenza, ma in posti di lavoro di migliore qualità, forse potrebbe
persino essere una soluzione migliore di quella attuale.
D. – L’immigrato
imprenditore, l’immigrato datore di lavoro, darà in futuro un contributo sempre maggiore
per il mercato del lavoro in Italia...
R. – Senz’altro. Noi, tra l’altro, abbiamo
una quota di imprenditori immigrati, sul totale degli imprenditori, che è ancora molto
bassa - stando ai dati dell’Istat, è nell’ordine del 4/5% - mentre, in altri Paesi
arriva anche al 10/15%. Questo dipende dal fatto che, la nostra immigrazione è ancora
recente; noi è da 10 anni che sperimentiamo questo fenomeno. Quindi, in futuro questa
quota di imprenditori immigrati aumenterà e, da questo punto di vista, penso che il
loro contributo sarà ancora migliore e maggiore per l’occupazione italiana.