Appello della Caritas: ospedali di Gaza al collasso, servono aiuti urgenti
La Mezzaluna rossa ha chiesto l’apertura di un corridoio umanitario per portare aiuti
e medicine alla popolazione civile di Gaza. Oltre 900 sono i feriti che si trovano
negli ospedali della Striscia, tra di loro 225 bambini. Continui i black out elettrici
che impediscono le operazioni chirurgiche. A denunciare la grave emergenza sanitaria
anche Caritas Gerusalemme, Benedetta Capelli ha intervistato la direttrice
Claudette Habesch:
R. – The situation
in Gaza has become very difficult. … La situazione a Gaza è diventata molto difficile.
Si continuano ad uccidere esseri umani, e questo senza motivo! C’è un’altra soluzione,
c’è un’altra via: non la guerra a Gaza!
D. – Qual è l’impegno di Caritas Gerusalemme
in questa zona ormai segnata dal conflitto?
R. – Caritas is very busy now,
contacting the hospitals. … La Caritas, in questo momento, è impegnata a mantenere
il contatto con gli ospedali. Abbiamo un centro medico a Gaza, una clinica mobile
in grado di raggiungere sei zone diverse di Gaza. Gli ospedali, insieme al nostro
centro medico, hanno lanciato un appello per chiedere medicine, disinfettanti perché
ci sono centinaia di feriti già ricoverati negli ospedali. Le strutture sono stracolme
di feriti, ma noi dobbiamo poter fornire agli ospedali il materiale di cui hanno bisogno.
Abbiamo già comprato gran parte dei medicinali necessari che abbiamo potuto trovare
a Gaza; nel frattempo, la Caritas ha lanciato un appello d’emergenza a tutta la rete
Caritas, affinché si possa continuare a Gaza la nostra importante opera.
D.
– Negli ultimi giorni c’è stata questa grande offensiva e purtroppo tra le vittime
ci sono tanti bambini. C’è un progetto preciso a cui Caritas Gerusalemme sta pensando
per aiutare quei bambini che sono rimasti traumatizzati dai bombardamenti?
R.
– Our children have been traumatized all through, not only today. … I nostri bambini
sono traumatizzati da sempre, non è cosa di oggi. Purtroppo, oggi ancora di più perché
i bombardamenti non fanno differenza tra un bambino, una donna e gli esseri umani
in generale. Sì, i nostri bambini sono traumatizzati ma la Caritas ha già avviato
un programma sociale a Gaza per assisterli; abbiamo intenzione di impegnare ancora
più assistenti. Il problema più grande che abbiamo incontrato in questi ultimi due-tre
anni con i bambini traumatizzati è stato raggiungere quei bambini ai quali sono stati
amputati gli arti. Lavoriamo in stretto contatto con un’organizzazione che produce
le protesi appositamente per loro. La Caritas sostiene questi bambini non solo perché
procura loro le protesi, ma anche perché attraverso i suoi assistenti sociali accompagna
i bambini e le mamme, a loro volta profondamente colpite.
D. – Lei è una cristiana
palestinese. Cosa sente di dire in questo momento di grande difficoltà del suo popolo?
R.
– I am a Palestinian, I am very proud of my identity as Palestinian, and I am … Sono
palestinese. Sono orgogliosa della mia identità palestinese, e sono cristiana in Terra
Santa, sono cristiana della Chiesa madre e sono molto orgogliosa della mia identità
di cristiana. Ma non bisogna dimenticare che noi siamo un popolo unico, e noi cristiani
siamo parte integrante della popolazione palestinese. Quello che colpisce il mio fratello
musulmano, colpisce anche me, che sono cristiana; colpisce l’intera popolazione. Ma
noi come cristiani sappiamo anche di avere un ruolo particolare, quello di testimoniare
il messaggio di Cristo, il messaggio di amore e di perdono. E questa è la ragione
per cui quando rendiamo un servizio, lo rendiamo a tutti i figli di Dio, senza alcuna
discriminazione.