Giornata Onu di ricordo per le vittime della strada
Ogni anno, la terza domenica del mese di novembre, ricorre la “Giornata mondiale Onu
del ricordo delle vittime della strada”. Secondo dati Istat, in Italia nel 2010 sono
stati oltre 200 mila gli incidenti stradali con lesioni a persone, 4000 i morti. Rispetto
al 2009, si è riscontrata una leggera diminuzione del numero degli incidenti e dei
feriti e un calo più consistente del numero dei morti (-3,5%). L’Unione Europea, nel
Libro Bianco del 2001, prevedeva la riduzione della mortalità del 50% entro il 2010
e l’Italia ha raggiunto una diminuzione del 42,4% del numero dei morti, valore in
linea con la media europea. Solo pochi giorni fa, la strada ha fatto un’altra vittima,
Altea Trini, 17 anni, la scout di Lodi travolta sulla sua bicicletta e uccisa da un
uomo che guidava in stato di ebbrezza. Dopo queste tragedie, la giustizia aiuta i
familiari delle vittime a vedere condannati i responsabili di queste stragi? Eliana
Astorri lo ha chiesto a Patrizia Quaresima, della segreteria nazionale
dell’Associazione italiana familiari e vittime della strada, che ha perso in un incidente
l'unico figlio:
R. – Le pene
sono sempre minime. Purtroppo, quando avviene un incidente, nessuno di noi se lo aspetta,
nessuno di noi è preparato. Molti di noi non hanno neanche mai visto un avvocato,
nella loro vita, e invece in questo caso ci viene consigliato di contattarlo per seguirci
nell’iter del dopo-incidente. Infatti, una persona che si trovi a perdere un familiare
non è in grado, anche per un paio d’anni, di avere lucidità mentale e quindi non è
assolutamente in grado di seguire niente. La vita nelle famiglie cambia completamente,
soprattutto nella stretta cerchia familiare. Molte famiglie, come quella di Altea,
sono famiglie che hanno un figlio solo: anche io avevo un figlio solo e non ho più
nessuno. Quindi, cambia tutto quello che uno ha vissuto fino a quel momento e si deve,
con fatica, anche in memoria di chi abbiamo perso, continuare ad andare avanti, per
avere un minimo di giustizia.
D. - Quali sono i punti per cui maggiormente
si batte la vostra Associazione?
R. – La nostra intenzione principale è unirsi
per fermare la strage delle strade e dare giustizia ai superstiti. Questo significa
che a noi dovrebbero unirsi anche quelle persone che non sono toccate dagli incidenti,
perché noi vogliamo richiamare l’attenzione su quello che potrebbe accadere in strada
e cercare di prevenire. E’ una cosa che chiediamo alle istituzioni, chiediamo alla
scuola, chiediamo ai genitori, a tutti coloro che circolano sulle strade, perché altrimenti
non al finiremo mai con queste morti. Ho perso mio figlio nel 1997. Aveva 16 anni.
C’era tanta pioggia quel giorno, mio figlio non conosceva la strada, è scivolato,
è caduto sulle rotaie del tram, una macchina che veniva in senso inverso l’ha preso
e mio figlio se n’è andato… Se ci fosse stata una segnaletica adeguata, mio figlio
avrebbe visto i cordoli.
D. – Nel suo caso, è stata la segnaletica inesistente
a causare l’incidente. Ma molti incidenti accadono c’è chi guida in stato di ebbrezza
o ha assunto sostanze stupefacenti. Voi siete d’accordo nel voler giudicare chi provoca
incidenti stradale in queste condizioni per omicidio volontario e non colposo?
R.
– Sì: in questo caso sì. Però, lei consideri che ci sono persone che guidano e che
sono pericolose quanto chi si è drogato o ha bevuto: per distrazione, per un telefono,
per un messaggino, perché stanno cambiando dvd… O perché un bambino non è stato allacciato
bene, per cui uno ogni tanto si gira per dargli un’occhiata. O per le cinture di sicurezza
che non vengono allacciate... Sono tutti casi che possono, in caso di incidente, provocare
conseguenze gravi.