Somalia: instabilità e rischi ad una settimana dall'annuncio del nuovo governo
Continua ad essere instabile la situazione in Somalia, dove da appena una settimana
è stata annunciata la formazione di un esecutivo, il primo dopo anni di potere delle
autorità transitorie. Negli scorsi giorni un messaggio audio - attribuito al leader
qaedista Al-Zawahiri - ha invitato i militanti del movimento radicale al-Shabaab a
condurre contro le truppe internazionali attacchi come in Iraq e Afghanistan. Davide
Maggiore ha chiesto a Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global
Studies, se si tratta di un rischio concreto:
R. - Direi che
è un rischio marginale nel senso che, innanzitutto, al Shabaab è una struttura altamente
eterogenea, numericamente contenuta, e il legame di al Shabaab con la rete di al Qaeda
è recente. Sono sicuramente presenti alcune cellule che hanno fatto una manifestazione
pubblica di adesione al manifesto qaedista, quindi il problema è capire quale di queste
cellule possono realmente avere un contatto e una capacità d’azione coordinata con
al Qaeda e soprattutto capire di cosa possono disporre e qual è la loro capacità operativa
sul terreno. Gli attentati continueranno probabilmente ancora a lungo a Mogadiscio.
In realtà si tratta di attentati di intensità sempre minore. La capacità di reperire
anche gli esplosivi e le tecnologie necessarie per questi attentati è indubbiamente
difficoltosa.
D. – Quanto è rilevante che al Shabaab sia stato scacciato dalle
città? E, quanto è importante la porzione di territorio che ancora controllano strategicamente?
R.
- E’ ampia la porzione di territorio in termini percentuali rispetto alla dimensione
geografica ma la rilevanza di questo territorio è residuale nel senso che l’abbandono
delle attività dell’agricoltura e della pastorizia, nel corso degli ultimi venti anni,
ha impoverito e, di fatto, svuotato le campagne che sono, in vasta misura, aride e
senza alcuna risorsa reale, sia da un punto di vista economico che della produzione.
Il fatto di essere stati relegati in queste aree riduce drasticamente soprattutto
la capacità di reperire fonti di sostentamento dirette e strumenti finanziari.
D.
– D’altra parte abbiamo anche segnali di speranza, un nuovo governo che dovrà a breve
ottenere la fiducia: questo governo può veramente rappresentare un passo in avanti
per la Somalia?
R. – Sicuramente sì. Questo è un governo che ha caratteristiche
per certi versi straordinarie. Per la prima volta ci sono, quanto meno, i presupposti
per avviare un processo di normalizzazione. Questo non vuol dire che la crisi somala
sia finita, anzi è presente e ha ancora carattere di grave pericolosità. Il nuovo
esecutivo e l’insieme delle azioni adottate, di concerto con i Paesi della regione
che hanno contribuito alla normalizzazione della situazione soprattutto sul piano
della sicurezza, stanno producendo risultati che però dovranno essere sostenuti e
consolidati nel tempo. C’è la necessità di investire finanziariamente e c’è poi la
necessità di sostenere il processo di normalizzazione da un punto di vista di stabilità
sul territorio.
D. - Quanto ancora sono importanti le truppe dei contingenti
stranieri per quanto riguarda la situazione della sicurezza somala?
R. – Sono
molto importanti perché non solo contribuiscono alla sicurezza sul territorio, quindi
fanno fisicamente attività di sostegno alle consistenti truppe somale, che però sono
ancora allo stato embrionale, ma anche soprattutto sono impegnate nel processo di
addestramento delle truppe somale delle unità della polizia somala e nel trasferimento
di equipaggiamenti necessari per il mantenimento dell’ordine pubblico e della sicurezza.
Quindi, in questo momento l’insieme delle forze che compongono il contingente Amisom
è fondamentale. Sicuramente per i prossimi due o tre anni è auspicabile che mantenga
la sua capacità operativa, la sua capacità finanziaria e quindi il suo ruolo sul territorio.