La Chiesa in Africa al Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione
Il Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione per la Trasmissione della Fede
Cristiana si è concluso il 28 ottobre 2012 in Vaticano, con un messaggio che ha richiamato
i credenti sulla necessità di tornare a vivere la fede, che rischia di essere oscurata
nelle società odierne, nelle quali le persone, i battezzati cattolici inclusi, hanno
sviluppato una certa indifferenza nei confronti dell’insegnamento della Chiesa. Nel
loro messaggio al Popolo di Dio, al termine dell’Assemblea, i Padri Sinodali hanno
sottolineato che, sebbene la Chiesa abbia il mandato di evangelizzare, tale azione
deve prendere il via proprio all’interno della Chiesa, e tutti i cattolici sono chiamati
ad una sincera conversione, perché la loro debolezza in quanto seguaci di Cristo ha
un impatto sulla credibilità della missione della Chiesa stessa. Nel corso delle
tre settimane di discussioni, i Padri Sinodali hanno condiviso esperienze sulle conquiste
e sfide delle Chiese nelle diverse parti del mondo. Centrale per tutti i continenti
si è confermata la preoccupazione di come la Chiesa possa trasmettere il messaggio
del Vangelo con rinnovata energia, nuovi metodi ed esperienze, che siano compresi
dagli uomini e dalle donne di oggi, che hanno in parte sviluppato, incredibilmente,
un significativo distacco dalla religione e da Dio. In principio si è pensato che
la nuova evangelizzazione fosse un obiettivo dei Paesi occidentali dell’Europa, del
Nord America, dell’Australia e della Nuova Zelanda, dove molte popolazioni si considerano
ormai secolarizzate. Dopo varie giornate di confronto, i Padri Sinodali sono giunti
alla conclusione che la nuova evangelizzazione va intesa per la Chiesa universale,
e non si può pertanto considerare limitata alle società occidentali, dal momento che
ciascun continente deve far fronte a determinate sfide di evangelizzazione, e avrà
pertanto necessità di nuovi approcci per proporre il messaggio del Vangelo di Cristo. La
Chiesa in Africa ha inviato 50 Padri Sinodali, in rappresentanza delle varie Conferenze
Episcopali. Nel corso delle tre settimane, i vescovi africani hanno indicato le aree-chiave
del continente nelle quali la nuova evangelizzazione dovrà concentrarsi. Come
indicato nell’Esortazione Post-sinodale Africae Munus, molte società africane
sono divise in gruppi etnici, minacciate dalla violenza e dalla guerra. La fede, invece,
invoca giustizia e pace, persegue la riconciliazione. La Parola di Dio ha poco significato
per coloro i quali sono oppressi, vittime di conflitti armati, perseguitati per motivi
etnici e religiosi, o la cui dignità è stata offesa per mezzo di azioni di abuso da
parte dei potenti. La Chiesa in Africa, quindi, dovrà continuare a guardare alla
giustizia, alla pace e alla riconciliazione, perché esse sono cruciali per l’evangelizzazione. La
seconda questione concerne la personale conversione degli evangelizzatori stessi.
Essi sono chiamati ad esaminare la propria vita e renderla coerente con l’insegnamento
e la disciplina della Chiesa. Alcuni Padri Sinodali hanno spiegato che l’estraneità
di certi evangelizzatori, rispetto alle preoccupazioni quotidiane delle persone, è
in parte responsabile della crescita delle sette “cristiane”, che continuano ad attrarre
a loro membri della Chiesa cattolica. La nuova evangelizzazione dovrà considerare
le cause alla radice di tale fenomeno e i danni causati, specialmente all’interno
delle famiglie che sono il primo nucleo destinatario dell’opera di nuova evangelizzazione. I
Padri Sinodali hanno inoltre invitato a porre maggiore attenzione sui giovani, non
solo perché essi sono il futuro della Chiesa, ma anche in quanto la stessa Chiesa
e gli esponenti delle sue Istituzioni possono imparare molto dalle nuove generazioni.
Queste possono insegnare la virtù del coraggio, la forza, l’umiltà, la perseveranza,
la gioia interiore e una fede vitale. Inoltre, a parte le loro molteplici virtù, i
giovani sono posti dinanzi a numerose sfide, cui la nuova evangelizzazione deve saper
rispondere. Contrariamente all’impressione data dai media, i Padri Sinodali sostengono
che i cristiani in Africa non sono in guerra con l’Islam. La maggior parte dei musulmani
vivono in pace con i cristiani, e collaborano nell’ambito di numerose iniziative,
molte concernenti il dialogo interreligioso. Bisogna tuttavia riconoscere che alcune
sette fondamentaliste islamiche hanno condotto attacchi contro i cristiani, uccidendone
molti in vari Paesi. Dal momento che l’Islam è oggi uno dei maggiori attori, nel mondo
- hanno sottolineato i vescovi – la nuova evangelizzazione deve necessariamente tenerne
conto. Ci sono molti tipi di musulmani; gli operatori della nuova evangelizzazione
devono essere aperti nei confronti dei moderati, che sono la maggior parte, e lavorare
con essi. Questa collaborazione scoraggerà i fondamentalisti – non preparati ad accettare
una verità oggettiva che si ponga in opposizione con la loro posizione viziata di
pregiudizi - proprio grazie alla promozione di una relazione solida tra musulmani
e cristiani. In ultimo, i Padri Sinodali hanno preso in esame la questione della
globalizzazione in termini di sfida maggiore che la nuova evangelizzazione deve affrontare.
La globalizzazione, specialmente come veicolata dai media, ha introdotto in Africa
valori estranei, in parte contraddittori con quelli originari del continente, facendo
percepire la fede cattolica come “aliena”. Ciò rende arduo ai cristiani del continente
mantenersi al contempo sinceri africani, fedeli anche alla cultura locale. Valori
tradizionali come il rispetto della vita, del matrimonio, gli stretti rapporti sociali
e familiari risultano in alcuni casi minacciati, a causa della diffusione di principi
esterni.
Come può la Chiesa in Africa contribuire alla Chiesa universale,
nel contesto della nuova evangelizzazione? La Chiesa in Africa può apportare
molti contributi; in questa sede ne discuteremo solo due. Innanzitutto, l’Africa
ha una fede vibrante e un modo estremamente dinamico di viverla, unico in termini
di inculturazione, che significa proprio far convergere il Vangelo e la cultura
locale, e vivere questa fede in un modo che rifletta la vita quotidiana delle persone.
Ciò è stato possibile grazie alle Comunità cristiane di base, che hanno reso tutti
capaci di partecipare al lavoro di evangelizzazione e che, allo stesso tempo, hanno
consentito alle persone di collaborare tra di loro. Le Comunità di base aiutano il
credente a comprendere che l’insieme dei fedeli è la Famiglia del Popolo di Dio. In
questa famiglia, non ci sono distinzioni di razza o tribù, e ciascuno ha il suo ruolo
da giocare. Ciò risulta in contrasto con le società caratterizzate dall’individualismo
quale ideologia dominante, nelle quali i membri della Chiesa percepiscono la propria
appartenenza alle Istituzioni ecclesiastiche come un affare privato; quando ricoprono
un ruolo particolare nell’opera di evangelizzazione, inoltre, essi si considerano
come individui che offrono i loro servizi alla gente, non come membri della Famiglia
di Dio. Pertanto, nella nostra opinione, le Chiese particolari in altre parti del
mondo potranno solo beneficiare della conoscenza dell’approccio delle Comunità cristiane
di base, per quel che concerne la nuova evangelizzazione. Il secondo contributo
riguarda la condivisione di personale per l’evangelizzazione. La Chiesa in Africa
sta progressivamente sperimentando un aumento delle vocazioni al sacerdozio e alla
vita religiosa. È una Chiesa missionaria in un duplice senso: nel dare e nel ricevere.
I vescovi africani riuniti in Sinodo hanno affermato che le Chiese particolari del
continente arricchiranno di preti le Chiese che ne avranno bisogno. Alcuni Padri Sinodali
dall’Europa e dal Nord America, dal canto loro, hanno risposto di esser pronti a ricevere
diocesani dall’Africa nelle proprie diocesi, in uno spirito di scambio dei doni.
Cosa
la Chiesa in Africa spera di ricevere dalla Chiesa universale? La Chiesa in
Africa ha bisogno dell’esperienza di altre Chiese, per sapere come meglio affrontare
determinate sfide. In particolare, hanno bisogno di conoscere come le Chiese meno
giovani dei Paesi occidentali si rapportano ai problemi della secolarizzazione, dal
momento che i suoi effetti iniziano ad osservarsi anche in Africa, specialmente tra
i giovani che – i Padri Sinodali lo hanno confermato - si stanno allontanando dalla
Chiesa, in cerca di soluzioni più semplici alle prove della vita. In secondo luogo,
la Chiesa in Africa sta lottando per essere auto-sufficiente, ma è ancora giovane
e in parte sprovvista di materiale necessario per evangelizzare. Essa ha bisogno di
un aiuto concreto per creare il suo potenziale per l’evangelizzazione, specialmente
nel campo della formazione dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici. Questo aiuto
tornerà alle Chiese particolari bisognose di personale, dal momento che l’Africa potrà
condividere le proprie risorse con esse. In conclusione, il Sinodo ha mostrato
che il compito di evangelizzare riguarda ogni credente nella Chiesa. I vescovi dall’Africa
hanno individuato, nel processo di condivisione con i vescovi delle altre parti del
mondo, che le sfide relative all’evangelizzazione sono molte e sono sperimentate da
tutte le Chiese particolari. La Chiesa è una, e le Chiese particolari sono pronte
ad aiutarsi l’un l’altra, cercando di rispondere ai bisogni di ciascuna. In ultimo,
il Sinodo ha portato l’attenzione dei Padri Sinodali sulla necessità che un sacerdote
sia formato non solo per la sua diocesi o congregazione, ma per la Chiesa universale.A
cura di John Baptist Tumusiime, programma inglese per
l’Africa.