Cina. il futuro presidente Xi Jinping: riforme e lotta alla corruzione
Xi Jinping è il nuovo segretario generale del Partito Comunista Cinese e prossimo
presidente del Paese. Sette i membri del Comitato Permanente del partito, nel discorso
alla stampa Xi ha ribadito la volontà di crescita della nazione, ha parlato di riforme
e lotta alla corruzione. Massimiliano Menichetti:
Combatteremo
per il miglioramento della qualità della vita: così il nuovo segretario del Partito
comunista cinese, Xi Jinping, si è espresso nel breve discorso alla stampa dopo la
sua elezione. Cinquantanove anni, erede di una famiglia legata direttamente alla rivoluzione
di Mao, il "Principe rosso", come viene chiamato, per i prossimi 10 anni traghetterà
la seconda economia del mondo attraverso sfide di rinnovamento e globalizzazione.
Riforme e lotta alla corruzione le linee da lui tracciate. Il nuovo segretario che
oggi ha assunto anche la carica di capo della Commissione militare centrale. In marzo,
dovrebbe diventare presidente della Repubblica popolare, mettendo del tutto fine all’era
Hu Jintao. Xi Jinping ha indicato Li Keqiang, uomo di Hu Jintao, come ''numero due''.
Sette e non nove, come in precedenza, i membri del Comitato permanente del partito,
che affiancheranno Xi nel complesso compito di guidare la nazione. Ieri, dopo la conclusione
del 18.mo Congresso del Partito che ha chiamato a raccolta 2270 delegati, il nuovo
Comitato centrale si è riunito per le nomine del Politburo e del Cpup. Confermate
le previsioni dei giorni scorsi: oltre a Xi Jinping e Li Keqiang, ne fanno parte il
responsabile della censura, Liu Yunshan, il vicepremier, Wang Qishan, e i segretari
del partito di tre metropoli, ovvero Zhang Dejiang, proveniente da Chongqing, Yu Zhengsheng
di Shanghai e Zhang Gaoli di Tianjin.
Sulla svolta impressa dal Congresso di
Pechino, Massimiliano Menichetti ha sentito Claudia Astarita, docente
di Politica della Cina alla John Cabot University di Roma:
R. - La Cina
ha bisogno di riforme: questo è un dato di fatto. Però, a guidare la Cina ci sarà
un Comitato Permanente di orientamento conservatore, che già dice che bisogna fare
molta attenzione nell’adottare qualsiasi tipo di cambiamento. Anche i riformisti che
sono al suo interno hanno già fatto una serie di dichiarazioni, manifestando la loro
preoccupazione su i nuovi problemi della Cina contemporanea come i social network,
la libertà rivendicata dagli attivisti, dai giornalisti, dagli studenti…
D.
- Si è ridotto il numero dei componenti del Comitato permanente: perché?
R.
- Sono sempre stati nove, ora sono sette. È evidente che con due persone in meno raggiungere
l’accordo è più facile. Questa è stata l’unica ragione per cui si è proceduto in questo
senso.
D. - Secondo alcuni osservatori, dietro questo cambio di vertici ha
lavorato molto la mano dell’ex presidente, Jing Zemin. È così, oppure no?
R.
- Sicuramente è così, si vede dai nomi. L’unico compromesso che Xi Jinping ha fatto
- aprendo le porte a qualche riformista all’interno del Comitato permanente - lo ha
fatto escludendo però i veri fedelissimi di Hu Jintao, il presidente uscente. Questo,
secondo me, è molto indicativo anche del ruolo che potrà avere il prossimo premier,
Li Keqiang, che quindi non potrà essere spalleggiato dai fedelissimi - due uomini
e una donna, per essere precisi - di Hu Jintao, rimasti fuori da questo Comitato permanente.
Probabilmente, se il Comitato fosse rimasto a nove posti, almeno due di loro sarebbero
entrati.
D. - Il Comitato permanente del partito è in larga misura costituito
da discendenti delle famiglie dei leader storici del Partito comunista cinese. Qual
è il volto oggi di questo partito, rispetto al partito di Mao?
R. - E’ enorme.
Mao ha vissuto negli anni ’50, negli anni della rivoluzione, negli anni in cui la
Cina andava costruita. Anni in cui il potere della propaganda, ma anche delle idee,
del pensiero del partito, erano fortissime e c’era un idealismo di fondo diffuso a
tutti i livelli della società, non solo tra i burocrati. I “Principi rossi” - così
si chiamano i figli dei grandi burocrati, dei grandi politici del passato - tutto
questo non lo hanno vissuto e di conseguenza sono molto più lontani. I politici sono
diventati sempre più ricchi e sempre più forti e di conseguenza hanno iniziato a fare
un po’ quello che volevano. Quello che bisogna vedere è se si riuscirà ad invertire
questo trend: Xi Jinping ha eletto il nuovo paladino dell’anticorruzione, però il
vecchio paladino dell’anticorruzione cinese era Bo Xilai. Abbiamo visto poi com’è
finito: quando è diventato troppo importante, Bo Xilai è sparito.
D. - Ma quali
sono i problemi maggiori sul fronte interno?
R. - Sicuramente, la crisi economica.
Ppoi - anche se marginalmente, dal punto di vista cinese - è necessario iniziare ad
occuparsi della questione ambientale, perché la questione ambientale non riguarda
solo la Cina, che dice di avere il diritto ad inquinare, perché i Paesi della prima
industrializzazione l’hanno fatto prima di lei. La questione ambientale oggi ha una
serie di ripercussioni a livello sociale, perché l’acqua è sempre più inquinata, le
città sono diventate invivibili, gli alimenti iniziano a essere nocivi, proprio perché
gli allevamenti vengono fatti in zone inquinate… Questo porta ad uno scontento popolare
fortissimo. Il Paese ha anche un problema di invecchiamento massiccio della popolazione,
tant’è che ultimamente anche i think tank più vicini al partito iniziano a
parlare della possibilità di rivedere la “politica del figlio unico” già entro il
2015.
D. - Secondo lei, cambieranno anche gli scenari tattici nella politica
estera della Cina?
R. - Secondo me, prima di vedere qualche cambiamento a livello
di politica estera, dovremmo aspettare il consolidamento interno.