Sindrome di Down. Il giurista Gambino: dalla Cassazione una sentenza inaccettabile
Una sentenza inaccettabile che mortifica la dignità umana e fonda un “diritto contro
la vita”. Così il prof. Alberto Gambino, direttore del Dipartimento di Scienze Umane
dell'Università Europea di Roma, su una recente decisione della Corte di Cassazione
(Sentenza n. 16754 del 2 ottobre 2012 ) in tema di risarcimento del danno.
Il caso è quello di una coppia e della loro figlia affetta da Sindrome di Down, riconosciuti,
dai giudici, tutti titolari del diritto al risarcimento del danno per non essere stati
informati sulla sindrome genetica della piccola. Lunedì, sul tema, si è tenuto il
convegno “La dignità dell’Uomo tra diritto dell’Unione Europea e diritto interno”,
presso l’Università Europea di Roma e promosso dall’Ufficio d’Informazione in Italia
del Parlamento europeo. Al termine dell'incontro è stato consegnato un documento a
tutela della vita e contro la discriminazione ai parlamentari europei Gianni Pittella
(Pd), Mario Mauro (Pdl) e Carlo Casini (Udc), appellandosi alla Convenzione Onu sui
diritti dei disabili, ratificata dall’Unione Europea nel 2009. Massimiliano Menichetti
ha raccolto il commento dello stesso prof. Alberto Gambino: R. - La sentenza
pone dei problemi fondamentali, perché mentre risarcire il danno a una coppia per
la mancata informazione che il feto sia affetto dalla Sindrome di Down può configurare
effettivamente una lesione, perché il diritto della coppia è di conoscere lo stato
di salute del feto; molto più dirompente e problematico, invece, è assegnare un risarcimento
del danno direttamente alla bambina nata con questa sindrome, perché in questo caso
l’unica alternativa che c’era, era che non nascesse questa bambina: il danno non si
è verificato al momento della nascita, ma era congenito sin dal momento del concepimento.
Quindi se si ipotizza di poter risarcire questa bambina, significherebbe che sarebbe
stato meglio non farla nascere...
D. - Quindi questo pone anche dei problemi
per quanto riguarda lo sguardo nei confronti di chi è affetto dalla Sindrome di Down:
si parla addirittura di danno e in termini giuridici è un termine terribile…
R.
- Problemi enormi che non tengono conto, invece, della complessità e - aggiungo -
della ricchezza di queste relazioni con persone affette da disabilità o da Sindrome
di Down. Qualsiasi famiglia viva queste condizioni sa, invece, cosa significhi sul
piano delle relazioni interpersonali, accanto a dei momenti certamente di sofferenza,
il valore aggiunto che danno quotidianamente queste relazioni, sul piano anche della
cultura, delle relazioni umane, della solidarietà. Quindi è davvero una sentenza che
mina nel profondo il valore e la dignità delle persone con disabilità, che riterrei
vada anche contro la Carta dei diritti delle persone disabili che è stata promulgata
dall’Onu e che è stata ratificata dall’Unione Europea.
D. - La china è quella
di andare verso un "diritto a non nascere" e, dall’altra, quella di offendere la dignità
delle persone, che altrimenti dovrebbero essere perfette, compiute - non si sa secondo
quale criterio - per poter non essere giudicate lese nel diritto di esistere?
R.
- E’ proprio così! La china drammatica è che i medici a questo punto - nel momento
in cui ci fosse una qualche possibile lesione del feto - non potranno far altro che
chiedere alla coppia di interrompere la gravidanza, perché potrebbero essere loro
stessi ritenuti responsabili laddove si verificasse la nascita: qualcuno - in particolare
la persona affetta da sindrome - potebbre un giorno chiamare in giudizio il medico
perché non ha adeguatamente informato i genitori. Questo è l’effetto davvero più dirompente
di una sentenza che spingerà i medici o a dotarsi di assicurazioni, e quindi in modo
un po’ cinico a lavarsi le mani del problema, o - dall’altro lato - cercare in tutti
i modi di persuadere la coppia che la gravidanza ha molti problemi e che, forse, non
può essere portata avanti.
D. - Lo ribadiamo: una sentenza di questo tipo pone
una differenza tra chi è normodotato e chi ha una disabilità…
R. - Sì. Io ritengo
che sia una sentenza discriminatoria, che sta aprendo con un disposto di magistrati
a diverse valutazioni della vita e delle persone.