Crisi: il Portogallo verso il risanamento, Angela Merkel: "un esempio da seguire"
''In due anni abbiamo ottenuto risultati inizialmente previsti per il 2016''. Lo ha
detto il premier portoghese Padro Passos Coelho, a Lisbona, in conferenza stampa con
la cancelliera tedesca Angela Merkel. Il premier ha sottolineato l'importanza delle
misure di risparmio e delle riforme strutturali per una crescita sostenibile, mentre
il numero uno di Berlino ha parlato di "un esempio da seguire". Ma cosa è stato fatto,
concretamente in Portogallo? Salvatore Sabatino lo ha chiesto all’economista
della "Cattolica", Giovanni Marseguerra:
R. – Il Portogallo
ha adottato una serie di misure molto dure che hanno, peraltro, scatenato un’ondata
di proteste di piazza da parte delle diverse categorie colpite da misure che hanno
variato dalle imposte sul reddito, ulteriori tasse, eliminazione di detrazioni fiscali
… Quindi, una politica di austerità molto marcata.
D. – Quindi, avere il supporto
della Germania in questo momento conta, e non poco: abbiamo sentito le parole della
Merkel …
R. – Certamente! Però, qui si tratta di vedere che cosa vogliono gli
stessi tedeschi, perché i recenti dati dicono come la stessa Germania stia cominciando
a risentire fortemente – ma era evidente che sarebbe successo – della situazione
di crisi degli altri Paesi dell’Eurozona; ciò spinge a ritenere che forse l’intero
piano di austerità, pervicacemente supportato dalla cancelliera Merkel, forse non
è il modo migliore per risolvere il problema. Certamente la situazione che c’è in
Portogallo adesso è meno grave di quanto non fosse qualche anno fa, mentre la situazione
in Grecia è ancora grave. Ma mi sembra che stia emergendo con chiarezza che la sola
austerità non sia sufficiente per uscire dalla crisi.
D. – A proposito della
Grecia, perché in Portogallo si è riusciti nel risanamento, e nel Paese ellenico no?
Quali sono le differenze tra queste due realtà?
R. – I fondamentali dei due
Paesi sono radicalmente diversi, nel senso che il rapporto deficit-Pil nel 2011 è
stato quasi del 10 per cento in Grecia – del 9,1 per cento – mentre in Portogallo
è stato solo del 4,4 per cento. In termini di debito, anche qui la situazione è molto
peggiore per la Grecia che non per il Portogallo: Atene viaggia su un Pil quasi al
190 per cento, Lisbona l’anno scorso è arrivato al 109 per cento e le previsioni sono
che dovrebbe riuscire a rimanere su quella cifra, per il 2012.
D. – Insomma,
questo vuol dire che in Portogallo si è stati un po’ più facilitati dalla situazione
generale?
R. – Sì. Anche se, ripeto, le proteste che ci sono state danno l’idea
di un malcontento popolare che non è più soltanto in Grecia ma appunto in Portogallo;
e anche in altri Paesi la crisi sta rivelando di essere veramente forte. Sotto questo
profilo, se non si rilanciano gli investimenti, la situazione non può che andare a
peggiorare, e chi ne risente di più sono le categorie più deboli: penso alle famiglie,
alle famiglie con bambini, penso ai pensionati. Questo, da un punto di vista di giustizia
sociale, lascia molto perplessi.