Iraq. Appello di mons. Sako: cristiani in fuga da un Paese abbandonato a se stesso
Peggiora la situazione dei cristiani in Iraq. La denuncia arriva da mons. Louis Sako,
arcivescovo caldeo di Kirkuk e segretario generale della Conferenza episcopale irachena.
In un’intervista all’agenzia sciita “Alsumaria News”, il presule si dice addolorato
di fronte alla continua migrazione di fedeli dal Paese, che minaccia la stessa presenza
cristiana in Irak. Roberta Gisotti ne ha parlato con sacerdote iracheno, donGeorges Jahola:
R. – Bombe e
attentati, rapimenti di bambini da parte di bande armate per autofinanziarsi e, proprio
in questi giorni, dieci nuove esecuzioni capitali, 119 dall’inizio dell’anno. Non
sembra essere l’Iraq un Paese avviato alla normalità.
D. – Don Georges, quanti
cristiani sono rimasti nel Paese e come vivono?
R. – Le statistiche oggi non
sono così certe, però di sicuro i cristiani sono diminuiti di un terzo da prima della
guerra, dieci anni fa. Possiamo dire che circa 300-350 mila vivono precariamente a
causa della situazione generale nel Paese, ma anche perché c’è qualche azione terroristica
che prende di mira alcune comunità cristiane. Tutto il Paese soffre comunque della
mancanza di sicurezza: oggi non più come prima, perché gli atti terroristici sono
per lo più il risultato di una lotta tra componenti politiche. A causa di queste situazioni,
i fedeli emigrano per mancanza di lavoro e mancanza anche di servizi di base, come
elettricità e carburanti, che forse per gli occidentali sono cose ovvie, ma da noi
sono veramente essenziali e non si trovano facilmente.
D. - Mons. Sako chiede
al governo in questo contesto di “assumersi la responsabilità di fornire a tutti i
gruppi” che vivono in Iraq “la sicurezza, la stabilità e la dignità”. Chi potrà raccogliere
questo appello, forse il primo ministro Maliki o il presidente Talibani o nessuno
in questo momento?
R. – Sicuramente, il primo dovrebbe essere il governo centrale
che è rappresentato da Maliki. Ma anche il governo regionale del Kurdistan, e ognuno
nel suo territorio, può assicurare ai cristiani di vivere in pace, in tranquillità
e con dignità. Ma se vogliamo tutti quanti possono collaborare, ciascuno da parte
sua, con decreti e raccomandazioni, anche nelle regioni, nelle città, per assicurare
una vita dignitosa ai cristiani.
D. – Non si può certo lasciare che i cristiani
scompaiano da queste terre?
R. – E’ doloroso pensarlo e vederlo accadere sotto
i nostri occhi: i nostri fedeli scappano dall’Iraq per cercare una vita pacifica ed
anche una vita di cultura, che oggi manca in Iraq e infatti l’educazione scolastica
è ridotta da molti anni.
D. – Quindi, anche la tristezza e il dolore di vedere
il loro Paese che non si riprende…
R. – Questo è vero perché è un Paese che
dopo dieci anni di guerra è stato abbandonato dall’Occidente, dagli alleati, dagli
Stati Uniti. E’ un Paese abbandonato alla propria ignoranza e questo fa pena a noi,
in quanto Chiesa che guida questo popolo e questa gente e che dà anche testimonianza
alla popolazione intera.