Mali: l'Unione Europea pronta a inviare truppe nel Nord
Sempre più vicina l’ipotesi di un intervento militare nel Nord del Mali, completamente
in mano a movimenti islamisti e jihadisti che seminano morte e distruzione e vogliono
imporre la sharia. Dopo il vertice della Comunità economica degli Stati dell'Africa
Occidentale (Ecowas) a Bamako segue quello ad Abuja con l’Unione Africana, mentre
l’ultima parola spetta al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Favorevole e pronta ad
inviare le truppe nel Paese anche l’Ue. Tanti gli interessi in gioco, ma anche diverse
le linee di approccio per risolvere questa crisi, come conferma Marco Massoni
direttore ricerca per l’Africa del Centro Militare di Studi Strategici. Cecilia
Seppia lo ha intervistato:
R. – Per il
momento si fronteggiano due approcci: quello interventista, che è spinto da alcuni
Paesi che hanno particolare interesse nella regione, pur essendo esterni, che però
sono attori nella regione – faccio riferimento per esempio alla Francia, ma anche
al Senegal, al Niger; poi ovviamente c’è un altro fronte, più aperto al dialogo, specialmente
nei confronti di quella componente laica tuareg, che in realtà da diversi
mesi sta cercando di staccarsi dalla frangia legata al fondamentalismo islamico. In
questo secondo gruppo di attori interessati al dialogo ci sono per esempio gli Stati
Uniti, che intendono indire subito, o il prima possibile, elezioni, per legittimare,
se non altro nella parte meridionale del Mali, la controparte governativa: infatti,
attualmente qui c’è un governo di transizione particolarmente controverso, che probabilmente
non è perfettamente in grado di gestire la sovranità del proprio Paese.
D.
– L'Ecowas a Bamako ha messo a punto un piano strategico per riunificare il Paese.
Si resta indecisi sul numero dei soldati: da 3200 potrebbero arrivare ad essere 5500.
Una proposta questa che viene appoggiata anche dall’UE, pronta ad inviare le sue truppe.
Come leggere questa posizione?
R. – In realtà, significa in sintesi che l’Unione
Europea si rende conto del pericolo enorme di avere un “nuovo” Afghanistan a soli
duemila chilometri dai propri confini, per l’esattezza dai confini italiani. Si rende
conto che questo è estremamente pericoloso. Quindi, senza indugi, si sta cercando
di muoversi seriamente. L’Unione Europea già dalla scorsa estate – quindi da luglio
scorso – ha avviato una missione – Eucap Sahel – in Niger, che serve per creare le
condizioni affinché quella che è stata già chiamata da Ashton una potenziale missione
militare in Mali, possa in qualche misura avere appoggio lì.
D. – Lei prima
accennava a degli Stati che potrebbero avere un ruolo chiave, in questa vicenda: penso
alla Nigeria, penso all’Algeria. Come cambia l’assetto geopolitico nell’area, se dovesse
esserci questo intervento?
R. – Il problema, al momento, non è la Nigeria,
bensì l’Algeria. Non è la Nigeria, nel senso che la Nigeria pur potendo perfettamente
fornire truppe, supporto logistico e tutto ciò che è inerente ad una imminente missione
- anche se probabilmente si parlerà ancora di qualche settimana, probabilmente l’inizio
dell’anno prossimo - si trova anche in difficoltà come Paese leader all’interno della
stessa organizzazione dei Paesi dell’Africa occidentale. L’Algeria, che non ne fa
parte, perché è un Paese del Maghreb, quindi dell’Africa mediterranea, invece è fra
coloro i quali non vogliono assolutamente una presenza di truppe straniere, fosse
anche sotto cappello dell’Unione Africana, o sotto l’egida della stessa Ecowas o anche
delle stesse Nazioni Unite. Nell’ipotesi, niente affatto inverosimile, che l’Algeria
negasse l’avallo a questa operazione, probabilmente sarebbe messa da parte, con tutte
le conseguenze politiche interne che questo potrebbe significare.