Il Papa: la musica sacra ravviva la fede ed esprime la bellezza di Dio
La musica sacra nella liturgia non è un fatto estetico, ma aiuta a “esprimere la fede”,
contribuendo così alla nuova evangelizzazione. È il concetto che in sintesi ha espresso
sabato mattina il Papa nell’udienza ai membri dell’Associazione italiana Santa Cecilia,
che in circa seimila hanno gremito l'Aula Paolo VI. Il servizio di Alessandro De
Carolis:
Millecinquecento
anni di distanza tra l’uno e l’altro e la medesima esperienza: il canto sacro che
entra tra le pieghe dell’anima come come se le sue note fossero la voce di Dio. Per
spiegare di cosa sia capace la musica sacra, Benedetto XVI si rifà a due celebri testimonianze.
Quella di Agostino di Ippona, grande padre della Chiesa del IV-V secolo, che racconta
delle lacrime che gli sciolgono dentro i salmi cantati nelle liturgie di Sant’Ambrogio
a Milano. E quella di Paul Claudel – famoso poeta e drammaturgo francese scomparso
a metà del Novecento – che abbraccia il cristianesimo in un “istante”, “grande” e
“potente”, ascoltando il canto del Magnificat durante i Vespri di Natale nella Cattedrale
di Notre-Dame:
“Se infatti sempre la fede nasce dall’ascolto della Parola
di Dio – un ascolto naturalmente non solo dei sensi, ma che dai sensi passa alla mente
ed al cuore – non c’è dubbio che la musica e soprattutto il canto può conferire alla
recita dei salmi e dei cantici biblici maggiore forza comunicativa”.
Per
il Papa, la testimonianza di Sant’Agostino aiuta a capire cosa significhi ciò che
il Vaticano II ha stabilito nella Sacrosanctum Concilium, la Costituzione dedicata
alla liturgia, e cioè che “il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed
integrante della liturgia solenne”. E osserva:
“Perché ‘necessaria ed integrante’?
Non certo per motivi puramente estetici in un senso superficiale, ma perché coopera
a nutrire ed esprimere la fede, e quindi alla gloria di Dio e alla santificazione
dei fedeli, che sono il fine della musica sacra. Proprio per questo vorrei ringraziarvi
per il prezioso servizio che prestate: la musica che eseguite non è un accessorio
o un abbellimento della liturgia, ma è essa stessa liturgia”.
Il
canto del Magnificat che spazza via ogni “specie di dubbio” dall’anima di Claudel
è l'esperienza di un uomo dei nostri giorni che per Benedetto XVI dimostra come il
canto sacro aiuti la “partecipazione attiva” del Popolo di Dio alla liturgia, che
– sottolinea – “non consiste solo nel parlare, ma anche nell’ascoltare, nell’accogliere
con i sensi e con lo spirito la Parola, e questo vale anche per la musica liturgica”:
“Ma,
senza scomodare personaggi illustri, pensiamo a quante persone sono state toccate
nel profondo dell’animo ascoltando musica sacra; e ancora di più a quanti si sono
sentiti nuovamente attirati verso Dio dalla bellezza della musica liturgica come Claudel.
E qui, cari amici, voi avete un ruolo importante: impegnatevi a migliorare la qualità
del canto liturgico, senza aver timore di recuperare e valorizzare la grande tradizione
musicale della Chiesa, che nel gregoriano e nella polifonia ha due delle espressioni
più alte, come afferma lo stesso Vaticano II”.
Una indicazione, questa,
che il Papa affida al lavoro dell’Antica Associazione Santa Cecilia accompagnandola
dall’auspicio che “in Italia la musica liturgica tenda sempre più in alto” per mostrare
“come la Chiesa sia il luogo in cui la bellezza è di casa".