2012-11-09 15:40:46

Radici cristiane: l’eredità comune tra Santa Sede e Norvegia


Ai confini della cristianità: alla ricerca dell’eredità comune fra Norvegia e Santa Sede. È il tema della giornata di studio organizzata ieri a Roma dal Pontificio Consiglio della Cultura e dall’Istituto di Norvegia. Archeologia, architettura, mistica nordica e pellegrinaggi sono solo alcuni dei campi messi a fuoco dagli esperti del Medioevo per illustrare i collegamenti tra la terra di sant’Olaf e la Sede di Pietro. Tra i relatori, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, mons. Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio segreto Vaticano, e l’ambasciatore di Norvegia presso la Santa Sede, Rolf Trolle Andersen. Marco Guerra ne ha seguito i lavori intervistando mons. Pasquale Iacobone, del Pontificio Consiglio della Cultura, intervenuto sul tema “L’Europa dei pellegrini”:RealAudioMP3

R. – C’è un filo comune molto antico che cerchiamo di rispolverare e valorizzare in questa giornata di studio. Un filo che lega la storia cristiana di Norvegia - che ha in Sant’Olaf il punto culminante - con la Sede di Pietro, con la Chiesa cattolica. Questo legame ha creato tutta una serie di contatti, non ultimi i tanti pellegrinaggi che si svolgevano fra il mondo del nord Europa e Roma e poi anche Gerusalemme e Compostela. Credo che un riallacciare rapporti comuni oggi a livello culturale, artistico, più che religioso, possa essere una premessa a un ritrovare rapporti più intensi anche sul piano religioso, per quanto riguarda il dialogo fra le Chiese.

D. – Quindi, ripartire dalle basi culturali comuni per poter riannunciare Cristo in società così secolarizzate…

R. – Credo sia importante ripensare le radici cristiane non solo della Norvegia, ma di tutta l’Europa per ritrovare quella piattaforma comune, quella base indispensabile di dialogo da cui ripartire per un annuncio che va modulato sui linguaggi di oggi, sui tempi di oggi, sulle caratteristiche della società attuale della Norvegia, ma che non può venir meno, che deve ritrovare il coraggio di quegli evangelizzatori dell’antichità cristiana che hanno toccato anche le terre più a nord del nostro continente. Ultimamente, il cardinale Ravasi è stato a Stoccolma, nell’Accademia che conferisce i Nobel: è stato il primo cardinale a proporre un messaggio cristiano, evangelico, in quella sede. Credo ci sia molta attenzione, molta curiosità anche da parte della società norvegese e della Scandinavia, a riallacciare un dialogo che ritrovi spessore, che ritrovi profondità anche sui temi religiosi.

D. – Il messaggio ecumenico può essere una delle basi per riscoprire le radici comuni in un’Europa che sta cercando una direzione in un momento di crisi?

R. – Credo assolutamente di sì. L’Europa politica che si cerca di rifondare non può andare avanti, diceva Giovanni Paolo II, non può avere un’anima se non ritrova quello spirito profondo che era stata l’anima cristiana, quell’anima diffusa capillarmente sotto l’impulso di Gregorio Magno, per esempio dai benedettini e poi attraverso la riforma carolingia. Oggi, dobbiamo ritrovare quello spirito missionario che va modulato come spirito di dialogo, di collaborazione, di confronto, senza venir meno alla grandezza della tradizione e al peso della tradizione.

Ultimo aggiornamento: 10 novembre







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