"No" della Chiesa della Colombia ad un farmaco abortivo nel Piano di salute pubblica
“E’ nostro dovere affermare che l’introduzione del ‘Misopostrol’ nel Piano obbligatorio
di salute è una misura medica giuridicamente illegale” ha detto mons. José Daniel
Falla, segretario della Conferenza episcopale della Colombia, in una conferenza stampa
convocata dopo la conferma dell’Istituto Nazionale di Vigilanza dei Medicinali e Alimenti
del Ministero della Salute Pubblica della Colombia (Invima) circa l’utilizzo del farmaco
nei casi in cui il feto risulti clinicamente morto. Il segretario della Conferenza
episcopale della Colombia, ha anche ribadito che i vescovi rifiutano energicamente
l’inclusione del farmaco - che potrebbe causare l’aborto - nel Piano obbligatorio
di Salute presentato dal governo. Il presule ha spiegato che “questo medicinale comunemente
usato per controllare le emorragie, ha l’autorizzazione dell’Invima solo per problemi
gastrointestinali e per l’espulsione del feto morto nel ventre della madre”, ma per
i suoi effetti secondari può essere usato anche per la pratica dell’aborto di essere
umani vivi. Pertanto, ha affermato il segretario dell’episcopato, le autorità sanitarie
non possono permettere l’inclusione dell’aborto chimico perché il registro del farmaco
non è stato concesso per questi fini. A ottobre, la Commissione di Regolazione della
Salute (Cres) ha permesso l’inclusione del farmaco abortivo, lasciando ai “criteri
medici” l’uso ritenuto pertinente, anche se non esplicitamente segnalato nel registro
sanitario. Dal 2006 la legge colombiana permette la pratica dell’aborto chimico o
chirurgico in tre casi: la malformazione del feto, in gravidanze dopo uno stupro o
quando è in pericolo la vita della madre. La Chiesa colombiana, in questi anni, ha
sostenuto una forte battaglia contro i gruppi che sempre più insistentemente chiedono
la legalizzazione dell’aborto. (A.T.)