Congo: i missionari puntano su elezioni libere e trasparenti
“Ciò che si deve assolutamente evitare è un eventuale scontro tra due grandi blocchi:
da una parte l’M23 e i gruppi alleati, dall’altra l’esercito nazionale rinforzato
mediante l’integrazione di altri gruppi armati. Sarebbe trasformare una guerra di
aggressione in una guerra civile” scrivono i missionari della Rete Pace per il Congo
in una nota inviata all’agenzia Fides sul nord e sud Kivu (est della Repubblica Democratica
del Congo), dove “la situazione si fa più complessa”. “Il movimento del 23 Marzo
(M23), un gruppo armato appoggiato dal Rwanda e dall’Uganda, occupa militarmente il
territorio di Rutchuru, riorganizza la sua struttura militare, conclude alleanze con
altri gruppi armati e minaccia di riprendere le ostilità, se il governo congolese
non accetterà trattative. Da parte sua, il governo sta procedendo all’integrazione
di altri gruppi armati nelle file dell’esercito nazionale”. La nota prosegue descrivendo
i passi politico-diplomatici avviati dai Paesi della regione: “I Paesi membri della
Conferenza Internazionale per la Regione dei Grandi Laghi (Cirgl) stentano a mettere
in piedi una forza internazionale neutra per combattere i vari gruppi armati, tra
cui l’M23 e le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (Fdlr)”. Il problema
è che della Cirgl fanno parte Rwanda e Uganda, accusati dall’Onu di sostenere l’M23.
Ad accrescere la complessità della situazione, secondo la Rete Pace per il Congo,
si aggiunge il fatto che i servizi di sicurezza e le alte cariche dello Stato e dell’esercito
sono espressioni di gruppi a loro volta legati al Rwanda. “Per uscire da questo sistema
e porre fine alla guerra nella Rdc - afferma la nota - la via politica non violenta
delle elezioni è sicuramente la più democratica. Per questo è importante continuare
a lottare per una ristrutturazione radicale della Commissione Elettorale Nazionale
Indipendente (Ceni) che possa permettere elezioni davvero libere, trasparenti e credibili”
. Accanto a questo occorre anche che i Paesi che beneficiano delle ricchezze (come
il coltan) illegalmente sottratte al popolo congolese con la complicità dei gruppi
armati operanti nel Kivu smettano di alimentare il conflitto. (R.P.)