2012-11-08 15:47:27

Sfida sull'economia tra gli Usa di Obama e la nuova leadership cinese


E già tempo di lavoro per Barack Obama. Subito dopo la sua rielezione, il presidente Usa è immediatamente tornato alla Casa Bianca, dove ad attenderlo ci sono numerosi nodi da sciogliere, soprattutto la crisi economica che attanaglia gli Stati Uniti. Quali saranno, in tal senso, le prime emergenze che dovrà affrontare? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Angelo Baglioni, docente di economia internazionale presso l’Università Cattolica di Milano:RealAudioMP3

R. - Il problema di fondo, che dovrà affrontare Obama, da subito, e che lo accompagnerà per tutto il quadriennio, sarà quello della finanza pubblica. Si parla spesso dei Paesi europei sotto questo profilo, ma è chiaro che anche gli Stati Uniti non sono messi affatto bene: hanno un debito sul Pil che raggiunge ormai il 100 per cento; hanno un deficit sul Pil attorno al 10 per cento. Quindi la prima cosa da fare è mettere ordine nella finanza pubblica.

D. - Sono in molti ad immaginare una "cura di austerità" che provocherà negli Stati Uniti, nel breve termine, una nuova recessione e una svalutazione del dollaro. Un piano che è stato, forse, tralasciato proprio per dare spazio - forse troppo - alla campagna elettorale, non crede?

R. - Su questo fronte c’è il problema del "Fiscal Cliff, quell’accordo che deve essere raggiunto al Congresso per consentire l’emissione di ulteriore debito pubblico. Questo accordo deve essere raggiunto entro la fine dell'anno, altrimenti partono i tagli automatici alla spesa e gli aumenti automatici delle tasse. Questo avrebbe un effetto recessivo immediato. Al di là del problema del "Fiscal Cliff", è chiaro che occorre comunque attuare delle misure di contenimento della spesa che siano mirate: riformando, ad esempio, il sistema di assistenza sanitaria agli anziani; riformando il sistema pensionistico; aumentando le imposte sui ceti più ricchi; intervenendo, quindi, con alcune misure ad hoc ed evitando così misure su larga scala, che avrebbero effettivamente effetti recessivi.

D. - Durante la prima amministrazione Obama, gli Stati Uniti hanno volto lo sguardo più verso Oriente che non verso l’Europa. Ora che la Cina, con il suo 18.mo Congresso del Partito Popolare, sta configurando la nuova leadership per i prossimi dieci anni, come possiamo immaginare i rapporti tra le due maggiori economie mondiali?

R. - I rapporti sono stati molto tesi per parecchio tempo. Recentemente mi sembra che siano un po’ meno tesi, anche per una maggiore disponibilità del governo cinese a lasciar rivalutare il cambio della moneta: lasciare cioè che il cambio della moneta sia determinato più da forze di mercato. Questa è stata sempre la materia del contendere fra Stati Uniti e Cina.

D. - Anche perché bisogna ricordare e sottolineare che ci sono rapporti molto stretti tra Washington e Pechino: non a caso la Cina ha acquistato una quota molto importante del debito americano…

R. - Sì, naturalmente la Cina è molto esposta nei confronti degli Stati Uniti e quindi ha tutto l’interesse che l’economia statunitense riprenda e questo anche grazie ad una stabilizzazione dei rapporti di cambio. Una crisi fiscale degli Stati Uniti, dovuta anche alla poca crescita, ovviamente si ripercuoterebbe sui creditori degli Stati Uniti e quindi, in primo luogo, sulla Cina.

D. - L’Europa, invece, continuerà per Washington ad essere un attore di secondo piano dal punto di vista economico?

R. - L’Europa è comunque, nel suo complesso, un continente di grande importanza: il problema per l’Europa - come noto - è quello di superare le divisioni interne e quindi di avviare un processo di integrazione - e questo almeno tra i Paesi dell’area Euro - più forte di quello che è avvenuto finora, accompagnando l’integrazione fiscale a quella monetaria. In questo modo si potrà avviare un cammino in cui si scongiuri definitivamente lo scenario del break-up, dello spaccamento dell’unione monetaria. Questo è il problema fondamentale e su questo gli americani hanno sempre insistito - anche questo governo - con l’Europa, perché faccia di tutto per scongiurare questo scenario.







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