Mons. Crociata: il sacerdote non si riduca a mestierante o mago
Oggi sono due i “pericoli” che “minacciano la specificità” del servizio del prete:
“quello di ridursi a mestierante o, all’opposto, a mago”. A denunciarlo è mons. Mariano
Crociata, segretario generale della Cei, in una meditazione tenuta ieri nella cattedrale
di Udine, durante il ritiro dei presbiteri e dei diaconi delle diocesi del Friuli-Venezia
Giulia in occasione dell’Anno della fede. Soffermandosi sulla necessità, per il sacerdote,
dell’“incontro tra fede personale ed esercizio del ministero”, mons. Crociata – riferisce
l’Agenzia Sir - ha esortato a “sfatare un grave equivoco”: la “dissociazione tra l’una
e l’altro, per effetto o di una spiritualità individualistica e tendenzialmente privata
o di una visione funzionalistica del ministero, così che quest’ultimo diventa una
sorta di attività professionale prestata a utenti che chiedono servizi religiosi”.
In realtà, ha spiegato il presule, “i due motivi della dissociazione possono anche
trovarsi a convivere nella stessa persona, delineando un profilo alienante”. Risiede
in questa “dissociazione”, secondo mons. Crociata, il rischio del “burn out”, cioè
dell’”esaurimento delle energie fisiche e delle risorse psichiche” del prete”. “È
vero che oggi - ha ammesso il vescovo - ai preti viene chiesto troppo in termini di
responsabilità e di impegni, a motivo della riduzione del clero e della sempre più
complessa forma organizzativa dell’attività pastorale”, ma “a svuotare, prima che
le molte cose da fare, è la perdita del senso di ciò che si fa”. Per il prete, in
altre parole, “il pericolo non è la mancanza di fede, ma la dissociazione tra la cura
della propria e di quella degli altri”. Di qui la necessità, per il sacerdote, di
recuperare il senso del “mistico”, cioè ”il senso di Dio”, la consapevolezza che un
ministro “ha a che fare con Dio quando celebra, quando lo annuncia e insegna, ma anche
quando tratta le persone” che, “non meno dei sacramenti e della Scrittura, sono terreno
sacro, terra di Dio da accostare con incondizionato rispetto e attenzione”. “Prenderci
cura della nostra fede è dimensione essenziale del nostro ministero”, ha ricordato
mons. Crociata, secondo il quale in un’epoca in cui la fede “è sempre più frutto di
libera scelta e sempre meno condivisione di una cultura religiosa dell’ambiente di
provenienza o di appartenenza”, nei ministri ordinati deve “risultare evidente” che
la fede è “il frutto di una fede abbracciata per scelta profondamente motivata e convinta,
una scelta compiuta una volta per tutte ma tenuta viva da una dedizione costante”.