Guerra in Siria: muore più di un bambino al giorno. Il cardinale Sarah tra i profughi
In Siria, non si ferma la violenza. Anche ieri scontri con vittime e feriti, tra pro
e contro Assad, in varie parti del Paese. Unicef e Croce Rossa internazionale parlano
di situazione umanitaria insostenibile. Quasi un milione e mezzo di bambini toccati
dal conflitto. Intanto, prosegue la missione del cardinale Robert Sarah in Libano:
ieri l'incontro con i profughi siriani. Massimiliano Menichetti.
“Voglio vivere
e morire” nel mio Paese, la Siria è “l'ultimo baluardo del laicismo, della stabilità
e della coesistenza nella regione”. Così, il presidente Bashar al Assad in un'intervista
ad una tv russa, mentre nel suo Paese il sangue non smette di scorrere. Oggi si registrano
scontri, tra lealisti e ribelli, nella provincia di Hasaka, vicino al confine con
la Turchia. Un aereo armeno diretto in Siria è stato costretto ad atterrare nell'aeroporto
turco di Erzurum per una ispezione ed è stato autorizzato poi a ripartire dopo che
a bordo non sono state trovate armi. E mentre Il presidente turco, Abdullah Gul, ribadisce
che “Ankara ha il diritto di acquisire ogni tipo di arma per difendersi contro qualsiasi
minaccia siriana”, bombardamenti dell’esercito di Assad hanno preso di mira Homs,
Daraa e Damasco, dove si combatte anche in strada. Circa 200 le vittime nelle ultime
24 ore, molti i civili. Una situazione insostenibile denuncia la Croce Rossa Internazionale.
Il commento Massimo Barra membro della commissione permanente della Croce Rossa
Internazionale e Mezzaluna Rossa:
R. – La Croce Rossa internazionale è stata
la prima a definire il conflitto per quello che è: una guerra civile, con attori multipli,
alcuni dei quali informali e quindi non vincolati alle previsioni della Convenzione
di Ginevra. Questo rende la situazione ingovernabile anche dal punto di vista dell’accesso
possibile alle vittime. Il presidente del Comitato internazionale si è recato in visita
in Siria, ha parlato personalmente con Assad, il quale gli ha assicurato ogni possibile
intervento da parte sua per favorire l’accesso alle vittime. Però la realtà sul terreno
è diversa. Il fatto che esistano molteplici attori, a volte non collegati fra di loro,
fa sì che i centri di comando siano eterogenei e che quindi il risultato finale sia
l’impossibilità per la gente della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa di accedere
alle vittime.
D. - La situazione del movimento dei profughi: quali notizie
avete?
R. – Le popolazioni civili, che ai sensi della quarta Convenzione di
Ginevra dovrebbero essere risparmiate dal conflitto, in realtà, nelle nuove forme
di guerra sono quelle che pagano un "pedaggio" più elevato con un numero crescente
di persone, che sarà sempre più crescente perché lì è impossibile vivere. Se non si
ha una soluzione politica o una soluzione militare - questo è un problema non della
Croce Rossa - la situazione tenderà inevitabilmente, ineluttabilmente, a peggiorare
ancora.
D. – In un primo momento si era parlato della necessità di corridoi
umanitari, poi questo è stato accantonato?
R. – Il corridoio umanitario vuol
dire l’accesso alle vittime: se c’è la volontà politica è possibile tutto. Servirebbe
un’intesa fra i ribelli e il regime.
D. – Ma Assad permetterà l’avvio dei
corridoi umanitari, che vuol dire far entrare persone nel proprio territorio?
R.
–Sarebbe anche nel suo interesse: per alleggerire le sue responsabilità.
E
mentre è in corso la missione in Libano dell’inviato del Papa, il cardinale Robert
Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, che oggi ha visitato i
campi profughi del Nord-Est del Paese, l’Unicef denuncia: “In Siria oggi muore più
di un bambino al giorno”. La testimonianza di Andrea Iacomini portavoce di
Unicef Italia:
R. – La situazione è davvero drammatica e auspichiamo al più
presto una soluzione, anche perché la popolazione è stremata e aumenta sempre di più
il numero di profughi. Ci sono più di duemila persone che ogni giorno varcano i confini
della Siria per andare nei territori vicini, in Paesi come la Turchia, come l’Iraq,
ma soprattutto il Libano e la Giordania. Noi come Unicef nella regione lavoriamo in
condizioni molto difficili: ci sono stati bombardamenti che hanno colpito ambulanze
e anche ospedali mobili. Non c’è dubbio che a fare le spese di tutta questa situazione
siano in particolar modo i bambini.
D. – Poco tempo fa la denuncia: un bambino
al giorno muore in Siria. Adesso qual è la situazione?
R. - La situazione è
assolutamente cambiata in peggio. Non più un bambino, ormai siamo a cifre molto più
alte, questo perché i bombardamenti sono aumentati. Oggi muore più di un bambino al
giorno. Ci sono in totale quattro milioni di persone che in modo diverso sono state
colpite da questo conflitto. Di questi, circa un milione e mezzo sono bambini. Bisogna
mettere fine a questa barbarie, perché a farne le spese sono poveri innocenti.
D.
– Qual è la situazione del vostro intervento, cosa state facendo?
R. - Il nostro
personale è attivissimo e malgrado le difficoltà dialoga costantemente tanto con le
autorità governative quanto con l’opposizione per cercare di soccorrere - ci tengo
a precisarlo - i bambini: non esiste fazione ma il supremo interesse dei bambini.
L’Unicef è impegnata in Siria, nelle zone di Damasco e di Aleppo, per offrire un supporto
sanitario, un supporto logistico, aiuti in termini di cibo, di vaccinazioni. Per quanto
riguarda invece i Paesi limitrofi, l’Unicef è molto attiva nel campo profughi di Zaatari:
si trova in Giordania ed è il campo più grande, dove l’affluenza aumenta giorno dopo
giorno. C’è un dato dell’Acnur che in termini di profughi, non lo dimentichiamo, afferma
che entro la fine del 2012 si supereranno le 700 mila unità, che è un numero davvero
enorme.
D. - Qui siete impegnati anche nel cercare di fornire un’istruzione
ai bambini?
R. – Si. Non dimentichiamo che questi bambini hanno bisogno di
tornare alla normalità e nei campi sono state allestite scuole proprio per dare la
possibilità di proseguire con le lezioni, per dare possibilità a questi bambini di
trovare anche spazi che non sono solo quelli tradizionali ma anche quelli ricreativi.
D.
- Quali sono gli altri campi dove siete attivi?
R. – Anche in Iraq e in Turchia
l’attività prosegue sempre a supporto di questi poveri profughi e di queste famiglie
spesso, purtroppo, mutilate: è il termine giusto da utilizzare, perché non ci sono
più il papà, la mamma, molti bambini perdono entrambi i genitori, oppure non li trovano
perché, a causa del conflitto, ci sono anche persone scomparse di cui non si hanno
più notizie.