Piano del governo per distribuire alimenti agli indigenti: oltre 3,6 milioni in Italia
Un esempio di sussidiarietà reale ed efficace che aiuta milioni di persone e deve
continuare a farlo”. Con queste parole, il ministro dello Sviluppo economico, Corrado
Passera, ha commentato i dati emersi dal Piano di distribuzione degli alimenti agli
indigenti italiani nel 2012, presentato ieri, e attuato grazie a fondi europei e ad
una rete di 253 enti caritativi, tra i quali il Banco alimentare, la Croce Rossa e
la Caritas, in collaborazione con il Ministero delle Politiche agricole, alimentari
e forestali. Il servizio di Gabriella Ceraso:
E’ dal 1987
che la Commissione europea finanzia la distribuzione di prodotti alimentari destinati
alla popolazione indigente italiana. Un cammino virtuoso e sempre più aderente alle
esigenze reali: per il biennio 2012-2013, il piano ha previsto circa 100 milioni di
euro corrispondenti a 125 milioni prestazioni alimentari - ossia pacchi cibo o pasti
in mensa - che hanno aiutato quasi 3 milioni e 700 mila indigenti. Una cifra notevole
e anche in crescita, fino a determinare un vero e proprio dramma sociale, se si pensa
alle fasce più colpite. Lo spiega Pier Paolo Fraddosio, dell’Agenzia distributrice
Agea:
“Ogni anno abbiamo circa 16 procedure di gare, che consentono l’acquisizione
di molti alimentari, per far fronte alla nuova povertà rappresentata in modo crescente
- per esempio - dai bambini sotto i cinque anni di età - 379 mila - e circa 500 mila
anziani sopra i 65 anni di età. E’ su queste due fasce che noi cerchiamo di sostenere
le organizzazioni caritative, affinché intervengano con misure adeguate. Sui bambini
piccoli si interviene soprattutto coi pacchi donazione, che sono più fruibili anche
dalle famiglie rispetto all’utilizzo tradizionale della mensa per poveri”.
Tra
gli indigenti l’ incremento è del 33% rispetto al 2010, distribuiti tra il nord, il
sud e il centro Italia, con picchi in particolari regioni . Ancora Pier Paolo Fraddosio:
“Abbiamo
circa il 37% degli indigenti che sono nell’Italia meridionale, il 19% cento nell’Italia
insulare, il 18% nell’Italia centrale e un importante 27% nell’Italia settentrionale.
Le regioni con picchi maggiori sono la Sicilia e la Campania. Abbastanza importanti
anche i valori del Lazio e della Lombardia”.
In base alle nuove esigenze
reali e ai nuovi destinatari emersi in questi ultimi anni, è migliorata la qualità,
ma anche la quantità, del cibo distribuito: aggiunti biscotti per l’infanzia e pastine,
ma anche olio, legumi e passate di pomodoro, per un totale di prodotti in più del
30% dal 2010. Un intervento non solo per sfamare - dice la Caritas - ma anche creare
una relazione, per dare una prospettiva di futuro alle famiglie che continuano ad
essere le più colpite, in Italia. Ma questo non basta. Francesco Marsico della
Caritas:
“E’ chiaro le politiche sociali non sono fatte soltanto di distribuzione
alimentare. In una situazione di crisi, però, in cui non si vedono soluzioni alternative
è evidente l’importanza e la rilevanza di questo tipo di approccio. Noi non è che
diciamo che non si possa fare di più, si deve fare di più. I dati Agea ci dicono sostanzialmente
che i beneficiari sono una quota della popolazione percentualmente simili al dato
di povertà assoluta nel nostro Paese: almeno forme di intervento che - ad esempio
- allarghino l’attuale social card, quantomeno a tutte le famiglie, ci metterebbe
nella condizione almeno di poter rispondere ai bisogni più estremi nel nostro Paese”.
Ma è a livello europeo che questo tipo di esperienza virtuosa rischia di arenarsi,
in quanto considerata una spesa evitabile nel clima di austerity generale. E questo
potrebbe accadere già dal 2014, sotto la pressione di alcuni Stati, come ha spiegato
il ministro delle Politiche Agricole, Mario Catania:
“La
Germania, assieme a un gruppo di altri Paesi, vuole a tutti i costi interrompere l’operatività
di questa misure. Lo vogliono fare per motivi di ordine finanziario e, a mio parere,
è un errore gravissimo”.
L’intenzione del governo italiano è quella di
negoziare a Bruxelles, con l’obiettivo di salvare il programma. In secondo luogo,
avere un altro strumento all’interno della politica sociale. In ultima analisi, nel
caso in cui vengano a mancare i fondi europei, si mira a far partire uno strumento
nazionale, la cui struttura giuridica è già pronta: si tratta di un fondo nazionale
per gli aiuti agli indigenti. “In ogni caso, una società inclusiva - dice il ministro
Catania - dove ci sia posto per tutti, rimane il nostro sogno”.