Kenya, attacco a una chiesa. Casale: integralisti contro cristiani e islam moderato
Ancora una volta, i cristiani sono presi di mira in Kenya, ad appena un mese dall’ultimo
attentato contro una chiesa cristiana. Domenica, una persona è morta e 14 sono rimaste
ferite nell’attacco contro una chiesa a Garissa, città della provincia orientale del
Paese, a circa 140 chilometri dalla Somalia. Secondo gli inquirenti, dietro l’attacco
vi sarebbero le milizie somale Shabaab. Debora Donnini ha intervistato Enrico
Casale, esperto di Africa di "Popoli", la rivista internazionale dei Gesuiti:
R. – E’ un attentato
che colpisce nuovamente una chiesa cattolica, anche se è una chiesa che si trova all’interno
di un campo della polizia amministrativa kenyana. E’ un doppio segno: un segno dato
sia allo Stato kenyano sia alla popolazione cristiana del Kenya. I responsabili potrebbero
essere o direttamente i somali legati alle milizie Shebaab, oppure gruppi musulmani
locali, comunque collegati ai musulmani Shebaab, che vogliono dare un segno forte
al Kenya, che in questi ultimi mesi sta combattendo da una parte contro gli Shebaab
in Somalia e, dall’altra, contro i cristiani, che sono i loro nemici principali.
D.
– Perché c’è questa violenza anticristiana?
R. – Le milizie Shebaab sono integraliste,
professano un islam fondamentalista, che vede nel cristiano un nemico: ma non solo
nel cristiano, anche nel musulmano non integralista. Gli Shebaab somali, infatti,
hanno distrutto le tombe di grandi personalità religiose somale, che erano venerate
dai musulmani della Somalia. E’ quindi un islam intollerante, che cerca di imporre
una visione della fede che non guarda a nessun tipo di dialogo, ma all’affermazione
completa, anche sul filo delle baionette, quindi sulla violenza jihadista.
D.
– Questa serie di attentati sta provocando paura nei cristiani?
R. – Certamente
sì, soprattutto nelle zone più a ridosso della Somalia – quelle zone in cui si trova
Garissa – ma anche nelle grandi città. Penso a Nairobi, ma anche a Mombasa. Teniamo
presente che a luglio, a ottobre e a settembre sono state colpite alcune chiese, anche
nelle due principali città kenyane. E’ chiaro, quindi, che questo crei molta apprensione
e soprattutto una grande diffidenza nei confronti della popolazione somala, che è
una minoranza molto forte in Kenya.
D. – La violenza degli Shebaab ha a che
fare anche con l’intervento del Kenya in Somalia?
R. – Sicuramente sì. Se si
accerta che questi attentati sono stati organizzati dagli Shebaab, allora il loro
obiettivo è quello di portare insicurezza, instabilità in Kenya, per punirlo dell’intervento
militare che dall’ottobre del 2001 sta portando avanti in Somalia. Ricordiamo che
sono state le truppe kenyane a liberare la città di Chisimaio, qualche settimana fa,
proprio dalla presenza degli Shebaab, scacciandoli da una delle città più importanti,
dal punto di vista politico ed economico, della stessa Somalia.