Giornata internazionale ‘Stand up for journalism’, giornalismo come bene comune
Richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sul ruolo della professione giornalistica
a garanzia di un bene fondamentale per la democrazia: la libertà di stampa. Questo
l’obiettivo della Giornata internazionale ‘Stand up for journalism’, organizzata ieri
dalla Federazione europea dei giornalisti e celebrata, in contemporanea, in tutti
i Paesi d’Europa. In Italia, in particolare, il dibattito - al quale hanno partecipato
i direttori delle principali testate - è stato dedicato al disegno di legge sulla
diffamazione. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Il tema della
Giornata - “Il giornalismo è un bene pubblico: autonomia e pluralismo” - mette in
rilievo la funzione dell’attività giornalistica a servizio della società. Il presidente
della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), Roberto Natale:
“Il
giornalismo non riguarda solo noi giornalisti. Il ‘giornalismo bene comune’ significa
che la qualità e la correttezza dell’informazione riguarda noi giornalisti, ma riguarda
anche - e direi soprattutto - i cittadini che di questa informazione fruiscono”.
Considerare
il giornalismo come un bene comune è una missione particolarmente rilevante per i
mezzi di informazione cattolici, come sottolinea il direttore di “Avvenire” Marco
Tarquinio:
“Noi ci mettiamo un di più nel tenere questa stella polare,
però credo che debba essere un atteggiamento che la nostra categoria – la categoria
di coloro i quali esercitano il servizio, che è anche un potere, di informare – debba
riguadagnare, anche nella considerazione della gente”.
Il giornalismo è
oggi, realmente, un bene comune? Il direttore di “RaiNews24”, Corradino Mineo:
“Perché
lo sia, bisognerebbe anche fra i giornalisti avere una maggiore dialettica: separare
cioè comportamenti che vanno bene - e che, secondo me, sono tutti quelli che ci spingono
ad essere dalla parte dei cittadini più deboli ed indifesi - da comportamenti che
non vanno bene e che sono quelli che ci spingono – le stesse persone - ad essere parte
delle caste, a far tutt’uno con la classe politica, non capendo quando il popolo sovrano
ha voglia di cambiarla… Insomma può esserlo e lo è ed è anche il sale della democrazia
il giornalismo, ma quando riesce a esserlo”.
In Italia, intanto, riprenderà
domani mattina in commissione Giustizia, al Senato, l'esame del ddl sulla diffamazione.
Nel testo si elimina la pena detentiva ma si prevedono, in caso di diffamazione a
mezzo stampa, sanzioni pecuniarie fino a 50 mila euro. Ancora Roberto Natale:
“La
moltiplicazione esponenziale dell’importo delle multe rischia concretamente di produrre
un giornalismo asservito, inginocchiato, ancor più ossequioso nei confronti dei poteri
politico, economico, finanziario. Con multe così pesanti, finirà che si lasciano da
parte tutti i temi scomodi. E’ a rischio la serietà dei contenuti della stampa: si
scanseranno tutte le questioni che possono crear problemi e si farà il giornalismo
più compiacente, ancor più di quanto lo sia già oggi”.
Il disegno di legge
sulla diffamazione presenta diverse criticità anche per Marco Tarquinio:
“Un
testo che trovo precipitoso per le modalità con cui è stato confezionato e per il
tipo di soluzioni che abbozza. Il grande problema - come cerco di ripetere da qualche
tempo - è che bisogna riuscire a dimostrare ai lettori, agli spettatori e agli ascoltatori
che i giornalisti quando sbagliano fanno i conti con l’errore commesso. Io non credo
che ci siano risarcimenti in termini di manette o di pene pecuniarie, ma che questi
debbano essere della stessa moneta con cui si è commesso l’errore: vale a dire con
una informazione adeguata e con la stessa rilevanza. Per questo apprezzo molto la
proposta della Federazione nazionale della Stampa italiana, di un gran giurì con poteri
effettivi di una capacità di incidere altrettanto effettiva”.
Partecipando
al dibattito, il direttore del “Giornale” Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi
di reclusione per diffamazione a mezzo stampa, ha esortato a tenere separata la sua
vicenda dal disegno di legge sulla diffamazione. Ancora Corradino Mineo: “Per
quanto riguarda la questione Sallusti prevedrei - come dice Feltri - un solo cambiamento:
quello che non sia previsto il carcere, perché è una misura veramente eccessiva. Per
il resto, eviterei che si mettano a traccheggiare su rimborsi milionari, che poi uccidono
soprattutto il giornalismo autonomo, indipendente e povero”.