2012-11-03 08:05:48

Violenze in Siria. Condanna dell'Onu per il video con le esecuzioni di alcuni soldati


In Siria sono oltre 130 i morti di ieri, secondo fonti locali. Intanto sui ribelli cala l’ombra dei crimini di guerra, un video postato su Internet, infatti, mostra l'esecuzione sommaria di 10 militari del regime. A due giorni dalla riunione a Doha degli oppositori di Assad, il Consiglio nazionale siriano ha accusato gli Stati Uniti di voler "indebolire la rivoluzione" suscitando "divisioni" al suo interno. Marina Calculli:RealAudioMP3

I ribelli hanno conquistato Saraqueb, un incrocio strategico che collega Damasco, Aleppo e Lattakia ma anche unico accesso delle truppe al nord del paese. Il regime, dal suo canto, continua a lanciare raid: le località nel mirino dell’aviazione sono state ier la periferia nord-est di Damasco, Deir al Zor, Idlib, Maaret el Noumane. Due esplosioni, invece, hanno colpito ieri un quartiere a sud Damasco provocando solo feriti e danni materiali. Intanto l’ONU condanna i ribelli per le esecuzioni sommarie di alcuni soldati testimoniate da un video in circolazione su youtube. Nel frattempo, però, come tutti i venerdì, le manifestazioni pacifiche si sono svolte in tutto il paese, chiedendo la fine di Assad. Parole dure sono state riservate anche alla Clinton: “il nostro estremismo, se esiste, è frutto delle vostre menzogne” hanno gridato i manifestanti. Ma il segretario di Stato americano è stato anche duramente criticato dal Consiglio Nazionale siriano, organo di opposizione politica in esilio. L’accusa è quella di voler frammentare un’opposizione assai divisa. Tra due giorni a Doha le diverse anime dell’opposizione si incontrranno: l’obiettivo è quello di raggiungere una difficile unità.

Intanto, il Pam, Programma alimentare mondiale, ha reso noto che è iniziata la distribuzione degli aiuti internazionali che hanno potuto raggiungere la città di Homs, mentre a livello diplomatico si lavora sulla proposta di una tregua regione per regione avanzata dalla Cina dopo la visita a Pechino del mediatore di Onu e Lega araba, Brahimi. Benedetta Capelli ha sentito in proposito Massimo De Leonardis, docente di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano: RealAudioMP3

R. - Tutte le proposte concrete possono essere utili anche se naturalmente, poi, questa divisione delle tregue regione per regione si presta a infinite discussioni. Il problema, in questi casi, è sempre di chi può avere la forza e il potere di far rispettare questa tregua. Come sempre, abbiamo di fronte il problema di un eventuale intervento della comunità internazionale, avallato dall’Onu. Una soluzione potrebbe essere quella di un intervento della Lega Araba, ma deve essere evidentemente accettata dalle due parti.

D. - Eppure questa ipotesi esclude un intervento esterno, che è un punto chiave anche dell’opposizione che sia Cina che Russia hanno sempre mostrato in Consiglio di sicurezza dell’Onu. In questo frangente la posizione di Mosca sembra apparentemente defilata…

R. - Per quanto riguarda il rapporto con la Siria, nel caso della Russia, ci sono interessi specifici che sono emersi in tutti questi mesi: le questioni delle armi, le questioni degli aerei, la questioni degli armamenti. La Russia ha un rapporto tradizionale con la Siria che è molto più intenso di quello della Cina; avendo un rapporto diretto con il regime di Assad è molto più riluttante a fare proposte che possano prefigurare un intervento nella questione. Quando si parla di un intervento nella situazione siriana, anche se la proposta appare equilibrata, si parla sostanzialmente di un intervento che viene a danneggiare il governo di Assad. Il governo di Assad, tutto sommato, preferirebbe essere lasciato per conto proprio, nella speranza di riuscire a schiacciare manu militari l’opposizione.

D. – Quello che sta emergendo è che sia i ribelli sia l’esercito di Assad si stanno macchiando di crimini contro l’umanità. Solo un intervento esterno potrebbe porre fine a questa escalation?

R. – Il fatto che in una guerra civile ci siano crimini da entrambe le parti, non stupisce. Tutti sanno che la guerra civile è una sorta di guerra totale dove purtroppo non esistono regole. Questo, in una certa misura, è avvenuto anche in teatri di altre civiltà - penso alla guerra civile spagnola - e a maggior ragione avviene in un teatro come quello mediorientale. A qualunque soluzione si arrivi, bisogna garantire che questo non comporti vendette successive. Ancora una volta si pone il problema di un’autorità esterna che possa farsi garante non solo di una soluzione politica, ma anche del fatto che successivamente non ci sia una politica di vendette.

D. – Come vede un’eventuale uscita di Assad? E’ una precondizione necessaria per porre fine a questa guerra?

R. – Io temo che si sia superato o che si stia superando il punto di non ritorno, quel punto prima del quale si poteva pensare a soluzioni tipo esilio in qualche altro Paese. Non vedo al momento alcuna prospettiva. Penso che il destino di Assad sia segnato, ma credo che ci vorrà ancora molto tempo perché ci sarà certamente un intervento esterno a sostegno dei gruppi di opposizione; sarà ovviamente un intervento esterno cauto, non aperto, come nel caso della Libia e che quindi richiederà più tempo per conseguire la vittoria. Naturalmente, da questo punto di vista, l’incognita è il risultato delle elezioni americane e aspettare e veder quale tipo di politica vorrà fare il nuovo presidente.










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