2012-11-03 15:07:32

L’Uganda minaccia di interrompere le sue missioni di pace in Africa


Il governo ugandese ha annunciato il ritiro delle proprie truppe dalla Somalia e dalle altre missioni di pace in Africa per “proteggere i propri confini occidentali da una probabile invasione dell'esercito della Repubblica Democratica del Congo”. Sono parole del premier, Amama Mbabazi, nel corso dell'ultima seduta parlamentare. E’ una presa di posizione che nasce in polemica alle accuse contenute in un rapporto dell'Onu su un probabile sostegno del governo di Kampala in Congo ai ribelli del gruppo M23. Mbabazi ha detto che le potenze occidentali non riconoscono il “contributo dell'Uganda per il mantenimento della pace nella regione”. Del ruolo dell’Uganda nella regione dell’Africa orientale Fausta Speranza ha parlato con Paolo Quercia, del Centro militare Studi strategici:RealAudioMP3

R. – L’Uganda si è sempre più indirizzata ad esercitare un ruolo di potenza regionale, sia per lo sviluppo che è riuscita a conseguire negli ultimi anni - un discreto sviluppo interno che potrebbe essere ulteriormente rafforzato dalle scoperte petrolifere che potrebbero fare del Paese un esportatore di questa risorsa – e anche per le capacità militari che ha cercato di esportare in alcuni teatri limitrofi, in particolare quello della Somalia. In Somalia, l’Uganda rappresenta il principale contributore della missione dell’Unione africana Amison, con oltre 5 mila soldati. Ovviamente, questo ruolo crescente dell’Uganda è un ruolo in parte di proxy degli Stati Uniti d’America, come lo definisce qualcuno. Quindi un Paese con cui la principale potenza mondiale cerca anche di costruire degli equilibri regionali, anche nel contesto della sicurezza. E questo ruolo si è rafforzato, soprattutto negli anni passati, in concomitanza con la cosiddetta guerra al terrorismo, inaugurata dagli Stati Uniti d’America dopo l’11 settembre. E’ un percorso piuttosto lungo che ha portato l’Uganda ad esercitare un ruolo nell’architettura della sicurezza regionale.

D. – Secondo il rapporto dell’Onu, ci sarebbero implicazioni delle milizie dell’Uganda in Congo con i ribelli del gruppo “M23”. Perché questo tipo di coinvolgimento, secondo lei?

R. – Intanto, diciamo che le Nazioni Unite molto spesso producono rapporti sulla regione in cui i Paesi limitrofi vengono accusati di ingerenze militari in territori vicini. Questo è un fatto molto frequente, in questa parte dell’Africa. Nel caso specifico, le accuse riguardano, più che l’Uganda direttamente, il Rwanda di avere effettivamente un ruolo nei conflitti interni del Congo. Attraverso il Rwanda, poi, l’Uganda contribuirebbe in maniera un po’ più defilata. Potrebbe essere spiegato in funzione dei diversi scenari di conflitto che contraddistinguono l’Uganda internamente. Ad esempio, ci sono forze anti-governative, in particolare questa cosiddetta Adf, l’Allied Democratic Force, che è un gruppo di qualche centinaio di ribelli islamisti che in Uganda occidentale lottano contro il governo e che in parte hanno base in Congo. Quindi, il Congo potrebbe venire a configurarsi come uno scenario in cui forze anti-regime ugandesi trovano basi logistiche e sostegno e magari aiuto da altri Paesi della regione. L’Uganda, ad esempio, accusa il Sudan di avere armato questi gruppi anti-governativi. Quindi – come accade in tanti Paesi – l’ingerenza nel Paese vicino serve a volte anche a contrastare forme di guerriglia asimmetrica che trovano basi o sostegni in questo Paese.

D. – L’Uganda, in seguito al rapporto dell’Onu, ha annunciato il ritiro delle proprie truppe dalle missioni di pace in Africa, in particolare dalla Somalia. Che cosa significherebbe il ritiro delle forze dell’Uganda dalla Somalia?

R. – Intanto, credo che questo ritiro non avverrà. E’ un modo per l’Uganda di alzare un po’ la voce su questa questione, ribadendo il contributo che ha dato e che sta dando alla pacificazione della Somalia o comunque all’eliminazione degli Shabaab. Ovviamente, questo ritiro non può avvenire perché l’Uganda rappresenta il principale contributore soprattutto della missione dell’Unione africana in Somalia, e soprattutto in un momento come questo dove, dopo la caduta di Chisimaio e la ricostituzione di un governo a Mogadiscio, la Somalia sta facendo progressi da un punto di vista, quantomeno, di stabilità interna. Quindi in qualche modo, questa protesta verrà gestita. E’ un segnale che il governo ugandese non accetta critiche sulle questioni di sicurezza interna o sulle sue interferenze negli affari di sicurezza dei Paesi vicini, e chiede agli sponsor internazionali del Paese una cosiddetta protezione nei confronti di queste accuse.







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