Siria: soldati uccisi dai ribelli, per l'Onu è crimine di guerra. La Cina propone
ipotesi di tregua
Decine di vittime ieri in Siria per gli intensi bombardamenti dell’aviazione militare
sulla città di Haram, nella provincia settentrionale di Idlib e in scontri fra ribelli
e forze governative a Duma a est di Damasco. All’indomani della diffusione di un video
amatoriale che mostra ribelli della regione di Idlib giustiziare sommariamente una
decina di miliziani governativi che erano stati fatti prigionieri, il Consiglio nazionale
siriano, principale piattaforma di oppositori all'estero, ha chiesto con forza ai
ribelli di giudicare ''chiunque violi i diritti umani'' nel conflitto in corso. Per
il portavoce dell'Alto commissario per i diritti umani dell’ONU, se l'eccidio fosse
confermato, si tratterebbe di un crimine di guerra e per questo, ha detto, sarà "esaminato
con attenzione". Intanto, il Pam, Programma alimentare mondiale, ha reso noto che
è iniziata la distribuzione degli aiuti internazionali che hanno potuto raggiungere
la città di Homs, mentre a livello diplomatico si lavora sulla proposta di una tregua
regione per regione avanzata dalla Cina dopo la visita a Pechino del mediatore di
Onu e Lega araba, Brahimi. Benedetta Capelli ha sentito in proposito Massimo
De Leonardis, docente di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di
Milano:
R. - Tutte le
proposte concrete possono essere utili anche se naturalmente, poi, questa divisione
delle tregue regione per regione si presta a infinite discussioni. Il problema, in
questi casi, è sempre di chi può avere la forza e il potere di far rispettare questa
tregua. Come sempre, abbiamo di fronte il problema di un eventuale intervento della
comunità internazionale, avallato dall’Onu. Una soluzione potrebbe essere quella di
un intervento della Lega Araba, ma deve essere evidentemente accettata dalle due parti.
D.
- Eppure questa ipotesi esclude un intervento esterno, che è un punto chiave anche
dell’opposizione che sia Cina che Russia hanno sempre mostrato in Consiglio di sicurezza
dell’Onu. In questo frangente la posizione di Mosca sembra apparentemente defilata…
R.
- Per quanto riguarda il rapporto con la Siria, nel caso della Russia, ci sono interessi
specifici che sono emersi in tutti questi mesi: le questioni delle armi, le questioni
degli aerei, la questioni degli armamenti. La Russia ha un rapporto tradizionale con
la Siria che è molto più intenso di quello della Cina; avendo un rapporto diretto
con il regime di Assad è molto più riluttante a fare proposte che possano prefigurare
un intervento nella questione. Quando si parla di un intervento nella situazione siriana,
anche se la proposta appare equilibrata, si parla sostanzialmente di un intervento
che viene a danneggiare il governo di Assad. Il governo di Assad, tutto sommato, preferirebbe
essere lasciato per conto proprio, nella speranza di riuscire a schiacciare manu
militari l’opposizione.
D. – Quello che sta emergendo è che sia i ribelli
sia l’esercito di Assad si stanno macchiando di crimini contro l’umanità. Solo un
intervento esterno potrebbe porre fine a questa escalation?
R. – Il fatto che
in una guerra civile ci siano crimini da entrambe le parti, non stupisce. Tutti sanno
che la guerra civile è una sorta di guerra totale dove purtroppo non esistono regole.
Questo, in una certa misura, è avvenuto anche in teatri di altre civiltà - penso alla
guerra civile spagnola - e a maggior ragione avviene in un teatro come quello mediorientale.
A qualunque soluzione si arrivi, bisogna garantire che questo non comporti vendette
successive. Ancora una volta si pone il problema di un’autorità esterna che possa
farsi garante non solo di una soluzione politica, ma anche del fatto che successivamente
non ci sia una politica di vendette.
D. – Come vede un’eventuale uscita di
Assad? E’ una precondizione necessaria per porre fine a questa guerra?
R. –
Io temo che si sia superato o che si stia superando il punto di non ritorno, quel
punto prima del quale si poteva pensare a soluzioni tipo esilio in qualche altro Paese.
Non vedo al momento alcuna prospettiva. Penso che il destino di Assad sia segnato,
ma credo che ci vorrà ancora molto tempo perché ci sarà certamente un intervento esterno
a sostegno dei gruppi di opposizione; sarà ovviamente un intervento esterno cauto,
non aperto, come nel caso della Libia e che quindi richiederà più tempo per conseguire
la vittoria. Naturalmente, da questo punto di vista, l’incognita è il risultato delle
elezioni americane e aspettare e veder quale tipo di politica vorrà fare il nuovo
presidente.