Eurogruppo: soddisfazione per i passi importanti nell’accordo Grecia – Troika
L’Eurogruppo, riunito oggi in videoconferenza, ha rinviato al 12 novembre prossimo
ogni decisione sulla Grecia. Nell’incontro odierno si è preso atto dei progressi fatti
nei rapporti tra Atene e la Troika, formata da Unione Europea, Banca Centrale e Fondo
Monetario Internazionale, anche se la giornata era iniziata con la doccia fredda della
smentita all’accordo sugli aiuti per il piano di risanamento del Paese ellenico, annunciato
forse troppo in fretta dal premier Samaras. Intanto, è stato superato lo scoglio sul
disegno di legge sulle privatizzazioni, approvato oggi dal parlamento di Atene. Salvatore
Sabatino ne ha parlato con Carlo Altomonte, docente di Politica economica
europea presso l’Università Bocconi di Milano:
R. – Il problema
in Grecia è chiaramente un problema politico. Come sappiamo la coalizione è stata
formata mettendo insieme forze storicamente all’opposizione. Evidentemente è come
in Italia, con i governi di unità nazionale, dove il problema diventa politico in
termini di risposta da dare al proprio elettorato. Su questo, però, mi pare che i
partner europei non siano molto disposti a fare degli sconti, anche perché bisogna
garantire da qui al 2020, in qualche modo, al sistema greco la capacità di pagare
i propri debiti.
D. – L’Europa spinge sulle privatizzazioni (oggi approvate
dal parlamento) e sulla riforma del lavoro. All’interno, invece, della coalizione
di governo ci sono degli atteggiamenti che sono un po’ un freno a questa richiesta.
Perché?
R. – E’ il solito problema del tema delle riforme strutturali. Le riforme
strutturali danno dei benefici politici ed elettorali solo nel lungo periodo, perché
devono evidentemente mettere in moto tutta una serie di meccanismi, che poi consentano
agli “animal spirit” dell’imprenditoria, di recuperare efficienza e quindi di migliorare
la produttività, poi la crescita e infine reddito e occupazione. Evidentemente, però,
nel breve periodo hanno solo i costi politici del taglio dei privilegi. L’Europa su
questo è sempre stata storicamente indietro. Il fallimento, se vogliamo, del disegno
della moneta unica, del mercato unico, come originariamente concepiti a Maastricht,
passa anche dal fatto che i Paesi non sono riusciti a mettere in piedi una seria agenda
di riforme strutturali, con forse l’unica eccezione della Germania. E vediamo oggi
le conseguenze di queste riforme. Quindi, evidentemente forzare questo tipo di riforme
incontra delle resistenze. Mi sembra che, peraltro, sarà un dibattito antesignano
di quello che potrà capitare in Italia con il nuovo esecutivo.
D. – Il governo
greco è chiamato ora ad un grande senso di responsabilità ed unione, ma cosa accadrebbe
in caso contrario, proprio dal punto di vista pratico?
R. – Dal punto di vista
pratico, qualcuno si dovrà prendere la responsabilità di non erogare la nuova tranche
di aiuti alla Grecia, e non erogando la nuova tranche di aiuti alla Grecia, Atene
non avrebbe i soldi necessari per pagare gli stipendi pubblici, i medicinali e quant’altro
serva al buon funzionamento dello Stato ... tutto questo determinerebbe il default
del Paese. Evidentemente avrebbe anche importanti conseguenze politiche, economiche,
finanziarie e farebbe ripiombare di nuovo l’Europa nell’occhio del ciclone della crisi.
Il governo greco lo sa, i partiti che si oppongono alle riforme dentro il governo
greco lo sanno e quindi tentano di estrarre il massimo di rendita politica da questa
partita a poker che si sta giocando.
D. – L’Eurogruppo in una teleconferenza
ha discusso del caso, senza però prendere alcuna decisione al riguardo. Si può parlare
di una presa di distanza strategica?
R. – Come ripeto è una partita a poker.
Non ha senso in questo momento che l’Eurogruppo prenda una posizione drastica, che
possa essere smentita domani, nel momento in cui evidentemente non c’è la volontà
politica di far saltare il banco in Grecia. Bisognerà trovare tuttavia il modo di
esercitare delle pressioni credibili sul governo greco, affinché nei vincoli politici,
che caratterizzano la sua coalizione, si possa trovare spazio per questo ed altri
tipi di riforme, che in qualche modo stimolino ancora maggiormente la competitività
dell’economia greca. Secondo me, la soluzione si trova sostanzialmente sul “timing”
delle stesse: si può annunciare la riforma del mercato del lavoro, che non parte da
oggi, ma parte tra sei mesi, un anno, nell’orizzonte del 2020 o qualcosa in più. Quindi,
nel momento in cui noi, come Eurogruppo, capiamo che bene o male la Grecia ce la dobbiamo
portare dentro, che ha senso tenerla agganciata all’Europa, anche da un punto di vista
geopolitico, evidentemente dovremo in qualche modo trovare un minimo di budget, perché
si possa continuare con la politica di aiuti, non fino al 2020, che è un orizzonte
temporale attuale, ma anche per qualche anno in più, e questo darebbe dello spazio
politico al negoziato di oggi sulla Grecia.