E' legge il ddl anti corruzione. Vannucci: "un primo passo, ma restano molte lacune"
Con il sì di ieri della Camera, il ddl anticorruzione è legge. Contrari solo l'Idv,
che parla di un’amnistia mascherata, e un deputato del Pdl. Soddisfatta la guardasigilli
Severino che nel progetto vede grande condivisione e nega compromessi politici al
ribasso. Trasversale il parere che sia stato compiuto un passo importante anche se
il testo resta perfettibile. Diviso, di fatto, in due parti, il ddl contiene norme
di prevenzione - tra cui il garante - e una sorta di codice etico per la pubblica
amministrazione; e poi norme sulla repressione con l’inserimento di nuovi reati, a
partire dal traffico delle influenze illecite alla corruzione tra privati. Luci e
ombre del provvedimento nelle parole di Alberto Vannucci, docente di Scienza
politica all’Università di Pisa. L'intervista è di Gabriella Ceraso:
R. - Già il
fatto che ci si occupi di approvare una legge anticorruzione dopo venti anni di amnesia
della classe politica, è un segnale positivo. Per quel che riguarda i nuovi reati,
eravamo vincolati dalle Convenzioni europee ad inserirli nel nostro ordinamento, ma
purtroppo lo si è fatto in una forma, direi, piuttosto maldestra: prima di tutto,
nella formulazione stessa di questi nuovi reati - di corruzione privata e traffico
di influenze illecite - che temo renderanno la vita molto difficile ai magistrati
che dovranno poi ricollegare certe condotte a quelle violazioni di legge; ma soprattutto
per quanto riguarda la sanzione penale decisa, che è estremamente bassa: tre anni
come pena massima. Questo significa che non si potranno fare le intercettazioni telefoniche
per far uscire alla luce questi reati, e peggio ancora, che i tempi di prescrizione
saranno estremamente ridotti: solo sei anni.
D. - Lo stesso Guardasigilli ha
detto: “Manca il falso in bilancio, manca il voto di scambio, manca l’autoriciclaggio,
ma ci lavoreremo….”. Che ne pensa?
R. - Mi permetta di aggiungere un’altra
gravissima lacuna: una nuova regolazione del meccanismo della prescrizione che porta
all’azzeramento della stragrande maggioranza dei precedenti penali per questo tipo
di reati, e che non è stata toccata ma, nel caso della concussione per induzione,
addirittura è stata significativamente ridotta.
D. - Via i condannati dal Parlamento.
Il governo tra un anno andrà a disciplinare questo aspetto. E’ una cosa realistica?
R.
- Il punto è un altro, e cioè che in questa delega del governo si prevede una condanna
definitiva a tre anni come soglia per l'incandidabilità, che è già un criterio molto
debole, dato che in realtà per certi tipi di reati la si dovrebbe prevedere prima
del giudizio definitivo. In realtà, si è fatto un calcolo elementare sui venti cosiddetti
"pregiudicati" che oggi siedono nel nostro Parlamento: stando così le cose, diciannove
potrebbero tranquillamente ricandidarsi. Il mio giudizio è che il governo, su una
questione così vitale per il nostro Paese, doveva avere la capacità e il coraggio
di rischiare di più.