Con lo sguardo rivolto agli Stati della Costa Est investiti dall’uragano “Sandy”,
Barack Obama e Mitt Romney si apprestano a percorrere il tratto finale della corsa
verso la Casa Bianca: a una settimana esatta dal voto del 6 novembre, i sondaggi continuano
a dare in sostanziale parità i due candidati, con un lieve vantaggio del presidente
nello Stato chiave dell’Ohio. Sulla fase conclusiva della campagna elettorale pesa
però fortemente proprio l’uragano “Sandy”, come spiega l’americanista dell’Università
di Firenze, Federico Romero, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. – C’è l’impatto
di scombussolare tutte le pianificazioni e le previsioni che erano state fatte: dove
vanno i candidati, dove si riesce a mandare in onda gli spot elettorali, come si mobilitano
gli elettori per il voto anticipato che in alcune zone è già possibile… Del resto,
potrebbe anche non avere, alla fine dei conti, nessun effetto. Ma sta di fatto che,
per alcuni giorni, distrarrà gran parte degli elettori dalla campagna, in parte dormiente,
e poi potrebbe avere invece un effetto più radicale se per caso uno dei due candidati,
in particolare il presidente, commettesse degli errori o delle gaffe nella
gestione successiva. E’ chiaro che il presidente ci mette la faccia, ma in qualche
modo anche Romney potrebbe inciampare in dichiarazioni incaute, avventate. Quindi,
introduce sostanzialmente un elemento di imprevedibilità per i prossimi tre-quattro
giorni.
D. – Il dato che più si evidenzia di queste ultime settimane è il recupero,
e secondo alcuni sondaggi addirittura il vantaggio, di Romney su Obama. Come è stato
possibile?
R. – In parte, perché Romney partiva con uno svantaggio naturale:
quello di essere meno conosciuto, meno visibile all’elettorato nel suo complesso.
Si era spostato molto sui toni della destra radicale per poter vincere le primarie
all’interno del suo partito. Quindi, con i dibattiti televisivi lui si è effettivamente
affacciato per la prima volta sulla scena nazionale in modo da essere visto da tutti,
in particolare dagli elettori indipendenti. E giacché nel primo dibattito ha fatto
piuttosto bene - e ha avuto di fronte un Obama invece decisamente spento - questo
l’ha spinto abbastanza in alto nei sondaggi. Dopo di che, è iniziata la campagna finale
in cui i due candidati sono sostanzialmente in una condizione di parità, ma anche
con una distribuzione geografica da Stato a Stato piuttosto diversa. E sarà poi questa
che deciderà le elezioni.
D. – Economia e lavoro sono sicuramente i temi su
cui si deciderà questa tornata elettorale. Su questo, Romney può vincere – su questo
Obama può perdere. Qual è la sua impressione, al momento?
R. – L’impressione
è che Obama in qualche modo abbia scontato a lungo, e continui a scontare adesso,
non tanto una sua incapacità di gestire la crisi economica, perché per molti aspetti
invece l’ha gestita in maniera efficace; quanto di riuscire a comunicare un senso
chiaro agli elettori di come da questa crisi si potrà uscire, di quali misure prendere.
Probabilmente, il suo tallone d’Achille in questa campagna elettorale è stato quello
di non riuscire a indicare un programma abbastanza chiaro per i prossimi quattro anni,
anche se il suo problema, ovviamente, è quello di avere avuto – e probabilmente avere
in futuro – un Congresso piuttosto ostile e poco collaborativo. Quindi, è arrivato
in una condizione di debolezza data da una economia stagnante o in bassa crescita,
e da una seria difficoltà di comunicazione della Casa Bianca.