Conferenza dell’Onu a Roma sui crimini ambientali sottovalutati: una minaccia per
tutti
“I crimini ambientali: minacce attuali ed emergenti” è il tema della Conferenza internazionale
aperta ieri a Roma nel Palazzo della Fao, promossa dall’Unicri il Centro di ricerche
delle Nazioni Unite sul crimine e la giustizia, in collaborazione con il Programma
Onu per l’Ambiente. Una cinquantina gli esperti, giuristi, politici, delegati di associazioni
giunti da tutto il mondo per dibattere il tema. Il servizio di Roberta Gisotti:
Traffici illegali
di ogni genere che vanno ad inquinare l’ambiente, materiali tossici che attraversano
clandestinamente le frontiere da un Paese all’altro e poi pratiche criminose che si
riflettono nella vita di ognuno di noi e vanno ad arricchire le casse della criminalità
organizzata. Si stima nel mondo un giro d’affari fino a 40 miliardi di dollari. Eppure
ancora non c’è una definizione internazionalmente riconosciuta di questo reato. Angela
Patrignani, responsabile del Programma Unicri contro il crimine ambientale:
R.
– Stiamo cercando di identificare i crimini che in qualche modo mettono a rischio
l’ambiente - e mettono quindi in pericolo anche la vita di tutti noi, attraverso l’inquinamento
e l’utilizzo scorretto dei materiali che dovrebbero essere riciclati in maniera appropriata
- e di verificare la connessione che c’è in primo luogo con i diritti umani, cioè
il diritto che abbiamo tutti noi a vivere in maniera sana e salubre, e i legami con
le criminalità organizzate che, soprattutto nei traffici di materiali e rifiuti, stanno
aumentando il loro business. Noi vediamo questa grande connessione tra reati dell’ambiente
ed infiltrazione di organizzazioni di tipo mafioso.
D. – Ci sono liste dei
Paesi maggiormente coinvolti?
R. – Sì. Se parliamo, ad esempio, dell’Italia,
l’ultimo rapporto di “Ecomafie” ha registrato comunque, soltanto per l’anno 2010,
due milioni di tonnellate di rifiuti tossici che sono stati identificati dalle forze
di Polizia. Quindi, possiamo immaginarci quale sia stato poi l’indotto totale. Il
tutto, per un business tra 3 miliardi e 3 miliardi e mezzo di dollari, che corrisponde
– in proporzione – alle stime che ha fatto, ad esempio, il Programma delle Nazioni
Unite sulla produzione di rifiuti elettronici, valutata dai 20 ai 50 milioni di tonnellate...
D.
- …questo a livello internazionale?
R. - …sì a livello internazionale. E gli
Stati Uniti hanno prodotto delle stime secondo cui l’insieme del business del traffico
dei rifiuti pericolosi si aggira più o meno tra i 12 e i 15 miliardi di dollari l’anno.
D.
– Ma c’è poca consapevolezza nell’opinione pubblica di questo reato che – come ha
sottolineato il direttore dell’Unicri – sembra essere nel sentire comune un reato
senza vittime…
R. – Il problema del reato ambientale ci riguarda tutti, perché
interessa la nostra vita, la nostra salute. Noi viviamo, respiriamo, ci cibiamo di
alcuni prodotti e molti dei reati ambientali hanno una connessione strettissima con
questo. Tra l’altro, l’indifferenza verso il reato ambientale permette alla criminalità
organizzata di gestire questo business in maniera indiscriminata e quindi di realizzare
altissimi proventi, che poi vengono a loro volta utilizzati per altre attività criminali,
inclusa la corruzione, il "lavaggio" del denaro ottenuto. Inoltre, manca un po’ un
incentivo ad aumentare e migliorare la collaborazione internazionale, perché - ricordiamo
- questi sono crimini internazionali: cioè, io produco e poi trasporto attraverso
altri Paesi o altri mari, poi deposito in Paesi terzi, poi magari utilizzo anche quello
che dovrebbe essere distrutto per realizzare prodotti altamente pericolosi e li ridistribuisco.
Quindi, è anche molto importante aumentare la cooperazione internazionale per lavorare
sia sulla prevenzione, sia su azioni che siano molto veloci e veramente di contrasto.