Siria: tregua violata dopo il grave attentato di ieri sera a Damasco
La Siria non conosce tregua. Ieri nel primo giorno di cessate il fuoco ci sono stati
cortei pacifici, ma poi un’autobomba esplosa a Damasco ha fatto strage, tra le vittime
anche diversi bambini. Per i ribelli sarebbero un’ottantina i morti. Il servizio di
Marina Calculli:
Non è durata
più di poche ore la tregua negoziata tra l’esercito e i ribelli in Siria. La festa
musulmana del Sacrificio, iniziata ieri, non sarà dunque celebrata in pace, come in
tanti speravano. A mezzogiorno le forze fedeli a Assad hanno ripreso a sparare contro
“terroristi” (i ribelli nel linguaggio del regime) che, secondo la TV di Stato avevano
attaccato i militari a Dara’, Idleb e Deir al-Zor. Si è combattuto intensamente anche
nella base di Wadi Daef, nei pressi di Maaret al-Nouman, una città assediata da diverse
settimane. Ad Aleppo, inoltre, cinque membri dell’esercito siriano libero, entrati
nel quartiere kurdo di Achrafieh, sono stati uccisi da militanti del PKK, alleati
di Assad. Ma la rottura definitiva della tregua è stata sancita in serata da un’autobomba
che esplodendo a Damasco ha provocato 5 morti secondo il regime, molti di più secondo
i residenti: esattamente come il 12 aprile scorso, quando l’allora emissario internazionale
Kofi Annan aveva visto in poche ore infrangersi l’illusione di una tregua che pure
era stata sottoscritta da tutti. E Lakhdar Brahimi, responsabile di questo accordo,
per ora non ha rilasciato commenti. Intanto, sul fronte umanitario, aiuti alimentari
sono stati inviati lo scorso mese in Siria per un milione e mezzo di persone. Lo ha
annunciato il Programma Alimentare Mondiale dell’Onu, che denuncia anche una situazione
di forte criticità per la gestione dell’emergenza. Salvatore Sabatino ne ha
parlato con Vicky De Marchi, portavoce dell’organismo:
R. - E' una
situazione difficile per l’altissimo numero di persone coinvolte. Difficile, perché
la popolazione si sposta frequentemente, da un posto all’altro: c’è gente che da Homs
è andata ad Aleppo e da Aleppo è dovuta ritornare in altri luoghi. Difficile è trovare
anche i mezzi e gli autisti, che vogliano attraversare queste zone di conflitto e
difficile perché la situazione è effettivamente drammatica.
D. – La fragile
tregua entrata in vigore, può aiutare effettivamente a una migliore distribuzione
di aiuti alla popolazione, così come avete auspicato voi nei giorni scorsi?R. – Sì,
ci sono 25 mila persone che noi dovremmo riuscire a raggiungere con razioni alimentari
in questi quattro giorni. Quindi, una speranza che sicuramente non solo noi, ma anche
chi sta cercando di negoziare per uno sbocco diplomatico della crisi, sta monitorando
con grande attenzione.
D. – Una situazione a parte, poi, è la gestione della
crisi per quanto riguarda i bambini, che sono tantissimi: sono rimasti imprigionati
all’interno di un Paese che è in guerra totale…
R. – Sì, la condizione dell’infanzia
è particolarmente drammatica: ci sono moltissimi bambini, che si trovano in questi
centri pubblici di accoglienza, si tratta in genere di ex scuole o altri luoghi collettivi.
Moltissimi sono anche i bambini, la popolazione infantile, tra i rifugiati, ad esempio:
in Libano si calcola che il 75% dei rifugiati siriani sia composto da bambini e da
donne. Lavoriamo anche con l’Unicef, per assistere l’infanzia.
D. – Il vostro
obiettivo, nel dicembre 2011, era quello di soccorrere 50 mila civili. Siete arrivati
ad un milione e mezzo. Avete in previsione di aumentare ulteriormente gli aiuti?
R.
– Diciamo che la previsione c’è sicuramente, se la situazione rimane così drammatica:
ci sarà un aumento di bisogni, le persone che hanno necessità – secondo le stime Onu
– di una qualche forma di aiuto umanitario in Siria, sono due milioni e mezzo. C’è,
quindi, ancora un gap da colmare: non tutte le persone hanno bisogno necessariamente
di aiuto alimentare, però sono sicuramente molte. Crescono anche i bisogni delle popolazioni
rifugiate: attualmente, noi assistiamo circa 120 mila persone, però, prevediamo che,
da qui alla fine dell’anno, saranno quasi mezzo milione le persone rifugiate che noi
dovremo assistere, con cibo o con buoni o anche con denaro, affinché possano poi comprare
del cibo.
D. – Ora, quello che temete è anche l’arrivo dell’inverno, che potrebbe
essere un ulteriore grande problema, per la gestione delle emergenze…
R. –
Sì, certo. Diciamo che, la condizione climatica è sempre un elemento di deterrenza.
Uno dei problemi più grandi, anche per la popolazione siriana intrappolata nel conflitto,
è il fatto che sono aumentati molto i prezzi dei beni alimentari sul mercato. Ma,
soprattutto, è aumentato moltissimo il costo del carburante: sia quello del gas per
cucinare, che si trova quasi solo al mercato nero, con un aumento del prezzo del 400%;
sia del petrolio etc. Ad esempio, noi – proprio per far fronte a queste emergenze
e garantire che gli aiuti umanitari possano continuare ed i camion possano viaggiare
– abbiamo creato un deposito di carburante, per le agenzie umanitarie, a Damasco.
Quindi, questo sicuramente, con l’approssimarsi dell’inverno, è un ulteriore rischio
per le popolazioni.