Sinodo. Il cardinale Angelo Scola: una "primavera cristiana" è in piena fioritura
I lavori del Sinodo sulla nuova evangelizzazione si avviano dunque a conclusione e
per i partecipanti è tempo di bilanci. Al microfono di Paolo Ondarza, la valutazione
del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano:
R. - E’ stato
un lavoro molto intenso e, quindi, c’è bisogno di ancora un pò di tempo per entrare
in profondità su ciò che è emerso. Però, credo che alcune considerazioni si possano
fare. Il Santo Padre auspicava, che dal Sinodo scaturisse un “fuoco”, come fu per
lui l’esperienza del Concilio. A me sembra che il lavoro sia stato veramente intenso:
si sono messe a punto questioni molto interessanti - pensiamo per esempio al rapporto
doni gerarchici-doni carismatici - e siamo ritornati, equilibratamente, sul tema della
famiglia, sul rapporto con l’islam. Io credo che questo Sinodo - se avremo la pazienza
di riportarlo nelle chiese e di "digerirlo" insieme - possa segnare un passo serio
nella direzione della nuova evangelizzazione. Ma, quello che è già evidente, è che
ha ulteriormente rinsaldato la comunione tra noi vescovi e l’affetto e la stima nei
confronti del Santo Padre e del suo straordinario magistero.
D. – Accennava
a messe a punto significative nell’ambito, ad esempio, del rapporto con l’islam. In
che senso?
R. - Mi sembra che abbiamo finalmente capito, che il problema non
è soltanto quello di contenere l’immigrazione islamica in Europa, o il mescolamento
di culture che ne deriva. Non esiste soltanto il problema tragico e drammatico, di
sostenere i nostri cristiani nei Paesi del Medio Oriente, che sono in grande sommovimento:
oramai, i problemi dei Paesi islamici – il problema della libertà religiosa, della
libertà di coscienza, della libertà di conversione, il problema del rispetto della
dignità, dei diritti umani – sono gli stessi problemi che abbiamo anche noi qui in
Occidente. Su questi stessi temi, almeno a livello europeo, siamo molto confusi e
si stanno talora compiendo delle scelte, che sono regressive e non progressive.
D.
– Dunque, un suo augurio, a questo punto, per l’Anno della Fede, appena iniziato…
R.
– I cristiani vivano così profondamente la bellezza e la pienezza, la bontà e la verità
del rapporto con il Signore, da lasciarlo trasparire in tutti i contesti in cui vivono.
La nuova stagione, a cui l’Anno della Fede ci ha richiamato, sia realmente, per la
potenza dello spirito, più visibile soprattutto nella nostra stanca Europa.
D.
– Non si può tutto ridurre ad uno slogan, ma possiamo dire che la "primavera cristiana",
di cui il Papa ha parlato, è iniziata o sta iniziando?
R. – Io penso che la
"primavera cristiana" sia già in fioritura. Forse l’Anno della Fede ed il Sinodo devono
aiutarci a sottolineare di più il "noi" della fede. Dobbiamo avere più coraggio nella
comunione, arrivando – come dice Paolo – “a sopportarci a vicenda con amore”, se è
necessario: perché, l’unità è la grande condizione per far fiorire la nuova evangelizzazione.