Torino: mons. Nosiglia scrive una lettera pastorale dedicata ai rom
“Conosco tanti di voi, vi ho visitato nei campi dove vivete, vi ho incontrato in molte
occasioni per le strade della nostra città e dei nostri paesi. Abbiate fiducia nella
possibilità di dare un’istruzione, una casa, un lavoro ai vostri figli! Abbiate fiducia
di avere un posto migliore tra noi, nella nostra città e nei nostri paesi. Abbiate
fiducia di poter essere amici di noi non rom e non sinti, ma tutti figli dello stesso
Dio, che è Padre di tutti”. Comincia così la lettera pastorale “Non stranieri, ma
concittadini e familiari di Dio” che l‘arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia,
dedica ai popoli nomadi, rom e sinti. L‘arcivescovo - riporta l'agenzia Sir - si rivolge
prima di tutto ai rom: “Avere fiducia”, scrive, significa “non credere di risolvere
i problemi della vita con la violenza o la delinquenza e l‘illegalità”, ma piuttosto
affermare “la dignità dei vostri popoli, quella che voi difendete con l’onore di una
vita buona, fiduciosa, rispettosa di voi stessi e degli altri, capace di offrire il
contributo della vostra umanità alla costruzione di una vita più bella per tutti:
rom, sinti e manush uniti. Il nostro futuro è vivere insieme, come una grande famiglia”,
dove “si vive insieme ma nessuno è uguale a un altro”. Mons. Nosiglia richiama poi
le istituzioni, ricordando che “certe frontiere sono cadute per sempre: “Non ha senso
cercare di confinare i nomadi in un ghetto culturale”. Molto è stato fatto, aggiunge
l‘arcivescovo, ma “il lavoro non è finito. Il cammino dell‘integrazione e della convivenza
si è avviato con l‘accesso all‘istruzione, alla salute, alle opportunità di lavoro,
ma la vera equità si fonda sempre sul partire dall‘ultimo e significa non scoraggiarsi
mai, non lasciarsi trascinare dalla corrente del consenso. Bisogna coltivare il coraggio
del futuro anche confrontandoci con il popolo nomade”. L‘arcivescovo si rivolge infine
alla comunità cristiana e lancia la sua provocazione: “Mi chiedo se tra voi non ci
siano giovani, famiglie, sacerdoti, religiose, anziani che potrebbero 'adottare’ nell’amicizia
fraterna una famiglia rom o una famiglia sinta”, per “accompagnare amichevolmente,
fraternamente, una famiglia a trovare casa, ad avviarsi al lavoro, a superare le difficoltà
con la scuola, a farsi curare quando è necessario, a condividere le gioie e i dolori
della vita”. “Non si tratta - spiega - di inventare gesti eccezionali, ma di saper
coltivare la propria capacità di accoglienza nella vita quotidiana”. Mons. Nosiglia
conclude con un monito: “Il problema dei rom e sinti non è irrisolvibile” se “scegliamo
la via non solo del confronto ma dell’impegno fattivo delle buone opere e non ci scoraggiamo
di fronte alle inevitabili sconfitte, ma continuiamo a scommettere sul sogno di Dio”.
(R.P.)