Giornata mondiale dell'osteoporosi: una patologia a forte impatto sociale
E' stata elebrata sabato la Giornata mondiale dell’osteoporosi. E’ una malattia che
erode lentamente le ossa e colpisce prevalentemente le donne: il 33% tra i 60 e i
70 anni di età e il 66% al di sopra degli 80. Inizia in età premenopausale e la conseguenza
più diretta è la facilità alle fratture ossee. Anche se in numero minore, anche gli
uomini non ne sono immuni. Eliana Astorri ha intervistato il prof. Alfredo
Pontecorvi, Ordinario di endocrinologia e Direttore dell'Unità Operativa di endocrinologia
e malattie del metabolismo del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma.
R. – Gli interventi
di prevenzione nei riguardi dell’osteoporosi devono essere attuati soprattutto nella
fase di accumulo dell’osso, che è la fase di crescita dell’organismo, anche la fase
adolescenziale e la fase di vita giovane-adulta, tra i 20 e i 40 anni. Bisogna raggiungere
lì un picco di massa ossea adeguato in modo da sopportare la fisiologica perdita dell’osso
che si avrà nel tempo, e non giungere mai a quelle soglie di frattura che pongono
poi la persona a rischio di fratture vertebrali o femorali che sono la causa più importante
di morbidità e anche di mortalità dovute all’osteoporosi.
D. – Ci può spiegare
di che patologia si tratta?
R. – L’osteoporosi è una malattia da perdita della
massa ossea, cioè diminuisce la quantità di osso. Sia la parte minerale dell’osso,
la parte calcificata, per intenderci, sia la parte organica che supporta le ossa.
Quindi è una perdita dell’osso in toto, una rarefazione delle ossa che diventano
via via sempre più friabili, più sottili e vanno incontro al rischio di fratture.
Ci sono due tipi di osteoporosi: c’è un’osteoporosi primaria e un’osteoporosi secondaria.
Quella primaria può essere divisa in due grandi sottocapitoli: l’osteoporosi post-menopausale,
più precoce, che si verifica esclusivamente nelle donne. Diciamo che incomincia a
comparire già quattro-cinque anni prima che scompaiano i cicli mestruali, cioè prima
che ci sia la vera certificazione ginecologica di menopausa, e perdurano per i cinque
anni successivi alla scomparsa dei cicli mestruali. Questo è il periodo più critico
per la donna, il periodo perimenopausale, in cui si verifica questa osteoporosi
di tipo uno o post-menopausale, come la chiamiamo noi. Poi c’è un’osteoporosi senile
che ha la stessa prevalenza nei maschi come nelle donne e che incomincia dopo i 65
anni e fa parte del fisiologico indebolimento di tutti i tessuti del nostro corpo.
D.
– A questo punto dobbiamo parlare degli esami da fare per accertarci che questo processo
sia iniziato oppure no …
R. – Il gold-standard, l’esame cardine per
fare la diagnosi di osteoporosi è la mineralometria ossea computerizzata o
Moc, come la conoscono tutti gli italiani, ma che in realtà è meglio definire densitometria
ossea. Questa, infatti, ci dà un’idea della quantità di calcio che è depositata
all’interno delle nostre ossa. Oggi, purtroppo, si tende a bere molto meno latte di
quello che si faceva un tempo. Ci sono teorie che sostengono che il latte faccia male,
che l’uomo sia un carnivoro, che non ha bisogno del latte se non nei primi mesi neonatali
e quindi la popolazione consuma molto meno latte e conseguentemente assume molto meno
calcio. L’altro elemento importante, oltre al calcio, è la vitamina D: infatti, il
calcio viene assorbito molto poco tramite l’alimentazione se non c’è un apporto adeguato
di vitamina D. La vitamina D è un ormone a tutti gli effetti, non è una vitamina.
E’ un ormone simile agli ormoni tiroidei, simile al cortisolo – gli ormoni del surrene
– simile agli estrogeni, al testosterone, come meccanismo d’azione; viene prodotta
soprattutto dall’esposizione alla luce solare. La vitamina D viene prodotta a partire
dal colesterolo a seguito dell’irradiazione con i raggi ultravioletti tramite la cute
e quindi basterebbe esporsi una mezz’oretta al giorno al sole per produrre adeguate
quantità di vitamina D. Poi, ovviamente, viene introdotta con la dieta.
D.
– L’Organizzazione mondiale della sanità ha collocato l’osteoporosi tra le patologie
a forte impatto sociale, perché si ripercuote sul lavoro, sulle relazioni personali
…
R. – Certo: tenga presente che le fratture di femore rappresentano una delle
emergenze maggiori nelle fasce di età trai 65 anni in su e nella nostra popolazione
anziana, considerando che si invecchia sempre di più. Una frattura di femore ha una
probabilità di mortalità successiva intorno al 18 per cento nelle donne, superiore
al 20 per cento negli uomini – sono più rare ma più mortali negli uomini – proprio
per tutta una serie di complicanze successive che esse comportano: dal tromboembolismo
venoso all’allettamento protratto che a sua volta causa tutta una serie di problemi
cardiovascolari e respiratori.