Siria verso la tregua. Ieri ancora bombardamenti, due colpi di mortaio sulla Turchia
Proseguono in Siria i bombardamenti governativi su Aleppo, Idlib e alla periferia
di Damasco. Particolarmente intensi quelli su Maaret al-Numan, città sulla strada
tra Aleppo e Damasco già bombardata giovedì dalle forze di Assad con decine di
vittime. Nel pomeriggio la Turchia ha risposto a 2 colpi di mortaio lanciati dal territorio
siriano. Intanto è arrivato nella capitale l’inviato di Onu e Lega Araba, Brahimi,
che oggi incontrerà il ministro degli esteri siriano per siglare una tregua di 4 giorni,
in occasione della festa del Sacrificio. Il segretario generale del'Onu, Ban Ki-moon,
e l'omologo della Lega Araba, Nabil Alarabi, sostengono la proposta del loro inviato
e ad incoraggiare il cessate-il-fuoco è tutta la comunità internazionale, gli Stati
Uniti, ma anche la Turchia. Favorevole alla tregua anche l'Iran, disposto persino
ad accettare un’uscita di scena di Assad a patto che ai siriani venga permesso di
andare al voto. “Profonda preoccupazione” per la crisi siriana arriva dai leader europei
riuniti a Bruxelles per il vertice dei 27, che garantiscono pieno sostegno a Brahimi.
Scettici sul rispetto del cessate-il-fuoco alcuni esponenti del Consiglio nazionale
siriano. Per un commento su questa possibile tregua in Siria, Cecilia Seppia
ha sentito Eric Salerno, esperto del Medio Oriente del quotidiano “Il Messaggero”:
R. – Certamente,
interesserebbe a tutte le forze esterne riuscire a tranquillizzare la situazione che
comincia non soltanto a preoccupare gli Stati Uniti e l’Europa ma anche la Turchia
e l’Iran, che sembra disponibile a sostenere questa tregua. Bisogna ricordarsi anche
che c’è stato un tentativo di tregua in primavera, che dopo poche ore si è dimostrata
inutile, cioè non ha retto né da parte dei ribelli, né da parte del governo centrale
di Assad.
D. – Dalla Turchia è arrivato un appello a tutte le parti del conflitto,
perché accettino la proposta di una tregua in occasione di questa festa. Quindi Ankara,
nonostante lo sconfinamento di Damasco a cui ha dovuto reagire, continua a sostenere
una politica che è quella della pace, del dialogo…
R. – Assolutamente, la Turchia
sta cercando di calmare le cose, anche perché si rende conto che non tutti i colpi
di mortaio che piombano sul suo territorio arrivano necessariamente dalle forze governative.
E’ chiaro che ormai in Siria l’operazione è cominciata un anno e mezzo fa: è un’operazione
legittima da parte del popolo ma poi è finita in mano, una parte almeno, ai gruppi
estremisti finanziati dall’Arabia Saudita, dal Qatar, che stanno mandando armi proprio
a questi gruppi estremisti non interni. Cioè, gente che arriva lì, qaedisti che arrivano
lì da altri Paesi, dalla Libia, dall’Algeria e sembra anche più ad Oriente, dal Pakistan.
D.
– A proposito dell’Iran, oltre ad essere favorevole a questa tregua - secondo l’ex
inviato di Onu e lega araba, Kofi Annan - sarebbe anche disposto ad accettare un’uscita
di scena di Assad a patto però che ai siriani venga permesso di scegliere attraverso
elezioni. Una presa di posizione che sembrerebbe andare verso la democrazia?
R.
– Mi sembra una cosa abbastanza normale che loro adesso stiano caldeggiando le elezioni:
non è che sostengono il dittatore per forza, bensì sostengono il diritto del popolo
siriano a scegliersi chi vuole. Ovviamente, elezioni libere anche con il monitoraggio
delle Nazioni Unite non sarà una cosa facile.
D. – Oltre alle migliaia di vittime
del conflitto, oggi è arrivata anche la denuncia degli attivisti locali che segnalano
la scomparsa di 28 mila persone rapite dai soldati, dalle milizie di Assad. C’è una
guerra sotterranea che si consuma sotto quella manifesta…
R. – Bisogna capire
di che cifre parliamo e capire quali scomparsi se tra i ribelli o i lealisti, perché
comincia a venir fuori dai governi e dalle organizzazioni umanitarie internazionali
la constatazione che i ribelli siano colpevoli di crimini di guerra se non quanto,
almeno ugualmente ai crimini commessi dalle forze governative.
D. – Gli ostacoli
a questa tregua sembrano essere moltissimi. Brahimi riuscirà lì dove ha fallito Kofi
Annan?
R. – Se dovesse riuscire a calmare le cose per quattro giorni, teoricamente,
la tregua potrebbe continuare a reggere, se ci fosse un consenso già consolidato politico,
per dire: andiamo oltre, proviamo ad andare oltre. Il problema è che da una parte
c’è il regime, brutale quanto sappiamo e però diretto da una persona, dall’altra parte
purtroppo non c’è una voce unica che controlla tutte le forze anti-Assad in campo.