Mali: le popolazioni del nord afflitte da conflitto e carestia
Non solo le conseguenze quotidiane del conflitto armato ma anche le recenti alluvioni
che hanno distrutto i raccolti e decimato il bestiame: è la difficile sorte che tocca
alle popolazioni del Nord del Mali, un vasto territorio controllato dai gruppi armati
islamici e tuareg. A lanciare l’allarme è il Comitato internazionale della Croce Rossa
(Cicr), impegnato da mesi accanto alla Croce Rossa maliana nella distribuzione di
aiuti alimentari destinati a circa 420.000 persone nelle regioni di Mopti, Gao, Kidal
e Timbuctù. “Il cibo c’è ma il problema per quelle popolazioni rimaste senza lavoro
e quindi senza soldi è riuscire a comprarlo. I prezzi sono tre volte superiori a quelli
normali in questo periodo dell’anno, quello dei raccolti” dice all'agenzia Misna Germain
Mwehu, portavoce del Cicr, sottolineando che la situazione è ulteriormente aggravata
dal fatto che “a causa del conflitto nei mesi scorsi i contadini non hanno ricevuto
sementi e materiale utile per coltivare che di solito arriva dal Sud del paese”. Di
conseguenza i raccolti sono scarsi e “purtroppo i pochi terreni seminati sono stati
allagati dalle recenti alluvioni, soprattutto quelli che si trovano nei pressi del
fiume Niger, che ha rotto gli argini” aggiunge l’operatore umanitario. Inoltre molti
capi di bestiame sono stati portati via dalle acque, ipotecando ulteriormente la sopravvivenza
della gente che vive in zone molto estese, aride e carenti in infrastrutture. Le intense
piogge, il difficile accesso ad acqua potabile e servizi sanitari adeguati hanno anche
avuto conseguenze sanitarie. Il mese scorso, su 1500 pazienti ricoverati presso l’Ospedale
regionale di Gao il 30% era afflitto da malaria. Da Bamako il presidente dell’Associazione
maliana per i diritti umani (Amdh), Moktar Mariko, riferisce alla Misna la “situazione
contraddittoria” nella quale si trovano le popolazioni delle regioni settentrionali.
Da una parte, per guadagnare il consenso della gente i ribelli “non gli fanno mancare
medicinali, personale medico, con volontari che arrivano anche dal Sud, e garantiscono
pulizia e sicurezza nelle strade”. Dall’altra, però, i ribelli si rendono responsabili
di “gravi violazioni dei diritti umani nel nome della sharia (legge islamica) infliggendo
punizioni corporee estreme, prelevando ragazze e donne nelle abitazioni, tenendo le
scuole chiuse e cosi via”. Sembra invece migliorare la sorte dei maliani, almeno 50.000
secondo i dati ufficiali, rifugiati nel confinante Niger. “Abbiamo superato i problemi
iniziali delle abitudini alimentari dei maliani che preferiscono il riso al granoturco
e bevono molto tè. Mensilmente nei cinque campi profughi ogni nucleo familiare riceve
una razione alimentare che comprende olio, zucchero, riso e fagioli” dice alla Misna
Tidjani Amadou, della Croce Rossa del Niger. Grazie ad accordi siglati con il Fondo
Onu per l’Infanzia (Unicef) “abbiamo già aperto alcune classi per consentire ai giovani
maliani di non perdere la scuola anche se vivono in condizioni piuttosto difficili
per la loro giovane età” aggiunge l’operatore umanitario, sottolineando che “un’iniziale
epidemia di colera è ormai rientrata”. (R.P.)