Decine di morti in Siria, molti bambini, mentre si lavora ad una tregua
Sono almeno 44 i corpi, tra cui quelli di molti bambini, recuperati dalle macerie
nella città di Ma'arat al-Numan, nella provincia nord occidentale di Idlib, bombardata
dai caccia dell'esercito siriano. Lo riferiscono i soccorritori al lavoro nella zona.
Secondo gli attivisti dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, i caccia di Damasco
hanno bombardato anche un’ altra città nella stessa provincia, distruggendo un ospedale
da campo e 12 case, ma senza provocare vittime in quanto le strutture erano già state
evacuate. E il gruppo di attivisti per i diritti umani, Avaaz, lancia l’allarme desaparecidos:
almeno 28.000 persone sarebbero state rapite e fatte sparire dalle forze governative.
Citando resoconti di avvocati siriani impegnati nella difesa dei diritti umani e
familiari degli scomparsi, Avaaz afferma che i rapimenti fanno parte di una campagna
del regime volta a terrorizzare le comunità locali.
Sul versante diplomatico,
c’è attesa intanto per l’arrivo sabato, nella capitale siriana, dell’inviato di Onu
e Lega Araba, Brahimi, che chiederà al governo un cessate il fuoco, almeno per i quattro
giorni della festa musulmana del Sacrificio che avrà inizio il 26 ottobre. Favorevole
all’ipotesi l’Iran. Ma quali gli ostacoli ad una tregua in Siria? GiancarloLaVella lo ha chiesto a PaoloQuercia, analista internazionale.
R. - Per adesso
si sta lavorando su un cessate-il-fuoco, in occasione di una festività, che dura pochi
giorni, per cui è presto per parlare di tregua. In realtà, è un importante test per
verificare se ci sia la possibilità di un accordo politico, perché i principali Paesi
coinvolti nel conflitto siriano, soprattutto quelli regionali - Iraq, Iran, Egitto
e Arabia Saudita - stanno cercando di verificare un accordo politico. Quindi, la tregua
servirà anche a questo, e probabilmente anche a verificare se nel fronte antigovernativo
esistono gruppi che non vogliono portare avanti una tregua.
D. - C’è l’assenso
non dichiarato delle grandi potenze, sia quelle che appoggiano Assad sia quelle contrarie
al regime di Damasco?
R. - Sì, sembra che ci sia, seppure informalmente.
Quindi, questa è la principale differenza rispetto ai tentativi precedenti. Questa
volta sembra, dunque, più vicina la possibilità di una tregua, perlomeno di un’interruzione
dei combattimenti.
D. - Se da una parte Brahimi ha come interlocutore
il governo di Damasco, dall’altra c’è una schiera di oppositori al regime con anime
diverse. Questa è una difficoltà in più?
R. - Esatto. Io credo che la tregua
servirà anche a verificare se tutte le componenti antiregime la rispetteranno. Quindi,
che livello di coerenza ci sia tra gli oppositori. Perché poi, in realtà, anche la
componente militare unisce gruppi di combattimento, che hanno agende molto diverse
tra di loro e sostegni internazionali molto diversi tra di loro, fino a movimenti
che possiamo definire jihadisti e che quindi hanno agende molto diverse. Per cui,
questa è la grande difficoltà: da un lato, c’è un regime che può essere identificato
e, per quanto riguarda la parte antigovernativa, c’è una grande difficoltà di identificare
l’interlocutore.
D. - L’aggravarsi in maniera esponenziale del dramma umanitario
potrebbe accelerare l’ipotesi di un cessate-il-fuoco?
R. - Sicuramente,
si registrano almeno 300 mila sfollati nei Paesi vicini, di cui 100 mila in Turchia.
Il governo turco ha mandato dei segnali all’Europa, facendo presente che di questo
problema dei profughi - che la Turchia, ma anche la Giordania e il Libano stanno gestendo
ormai da circa 19 mesi - l’Unione Europea non si sta facendo carico e che pian piano
bisognerebbe anche iniziare a porre il problema di un aiuto europeo per questo dramma
umanitario. Sicuramente, questo è un elemento che può favorire ulteriormente il clima
di una possibile tregua.
Oltre 40 i morti in Siria a causa di bombardamenti
del regime nella provincia di Idlib. L’inviato di Onu e Lega Araba, Brahimi, sabato
a Damasco chiederà un cessate il fuoco per la festa musulmana del Sacrificio