Mons. Bercea racconta al Sinodo il martirio della Chiesa romena sotto il comunismo
Toccanti le testimonianze ascoltate nell'Aula sinodale delle Chiese che in anni recentissimi
hanno versato il sangue sotto il regime comunista sovietico per il solo fatto di professare
la fede in Cristo. Al microfono dell'inviato al Sinodo, Paolo Ondarza, le parole di
mons. Virgil Bercea, vescovo di Oradea Mare in Romania:
R. – Dobbiamo
ritornare alla testimonianza dei nostri martiri della Romania. Dal 1948 in poi, e
fino al 1964, le carceri in Romania erano piene: c’erano cattolici, ortodossi… I comunisti
hanno voluto distruggere la Chiesa e gli intellettuali per poter controllare tutto.
Queste persone hanno dato la vita per Cristo: i comunisti hanno cercato di trovare
tanti capi d’accusa, ma non ne avevano. La loro grande colpa era quella di essere
cattolici. Riusciamo a cogliere questa testimonianza forte per il nostro oggi? In
realtà, non sono tanto lontani da noi, sono ancora vive le persone che li hanno conosciuti.
D.
– Ricordiamo che il martire cristiano non è un fanatico: il martire cristiano è qualcuno
che non si piega nelle proprie convinzioni di fede di fronte alla prepotenza…
R.
– Erano persone con una grande disponibilità, con una grande bontà e una grande carità.
Ovunque siano stati, sono diventati dei modelli: riuscirono addirittura ad addolcire
il comportamento di quelli che li sorvegliavano, che prima li avevano terrorizzati…
Sono morti per amore di Cristo, non con arroganza ma con umiltà e con la pace nel
cuore, con serenità, convinti che questo loro comportamento avrebbe portato la vita
e la speranza. Sì, perché in quei momenti, quando tutto era grigio e buio, quando
i comunisti erano riusciti a trasformare il nostro Paese in un grande carcere dal
quale nessuno sarebbe potuto uscire, c’era bisogno di speranza. Ora, parlando con
la Radio Vaticana, io ho questo ricordo: quando i miei genitori hanno avuto la prima
radio – io vengo da un piccolo paesino – siamo riusciti ad ascoltare la Messa alla
Radio Vaticana. La mia mamma ha messo una Croce sulla radio e nella nostra casa sono
venute tante persone e davanti alla radio ci siamo trovati come davanti all’altare.
All’inizio della liturgia, ci alzavamo tutti in piedi; al Vangelo, come si usa da
noi, ci inginocchiavamo. Naturalmente, non potevamo fare la comunione, non avevamo
un sacerdote, ma indossavamo tutti il vestito della domenica: partecipavamo davvero
alla Messa. La prima volta che ho ascoltato la liturgia è stato alla Radio Vaticana.
Mentre noi partecipavamo alla Messa attraverso la radio, i nostri martiri erano dietro
alle sbarre. Eravamo uniti nella preghiera: le loro preghiere dal carcere e le nostre
guidate dalla Radio Vaticana. Un mio zio che poi è diventato cardinale è stato 16
anni in carcere; quando è tornato, con i capelli rasati a zero, con gli occhi fuori
dalle orbite, sono rimasto così impressionato dalla sua personalità! Era alto 1,85
metri, e l’hanno tenuto tre anni in isolamento in una stanza di un metro per un metro
e cinquanta, e doveva stare in piedi tutto il giorno. Questi martiri erano esposti
al freddo, a -30°… Vede, queste cose parlano ancora oggi, si trasmettono: il sangue
dei martiri è il seme per la nascita di nuovi cristiani.
D. – Quello che lei
sta raccontando suggerisce quanto possa essere potente il ruolo dei mezzi di comunicazione
per arrivare nei luoghi nei quali è impossibile predicare il Vangelo. E anche oggi,
questa sfida rimane attuale in tante parti del mondo …
R. – E’ importante:
come Radio Vaticana avete fatto del bene, e continuate a farne. Pensi, la mia mamma
anni fa ci ha fatto conoscere la Santa Messa attraverso la Radio Vaticana. Adesso
lei è malata, a letto, e le tiene compagnia l’ascolto della Radio Vaticana! Qualcuno
l’ha definita “la Chiesa dell’etere”. Veramente, fate un bene enorme: agli anziani
ma anche ai giovani, a quelli che sono per strada e ascoltano la radio in macchina,
dovunque nel mondo … Continuate a farlo, e fatelo con convinzione! Anche voi attraverso
la Radio Vaticana fate una grandissima opera di evangelizzazione.