Il Papa all'udienza generale: ritrovare l'entusiasmo di credere in Gesù, la fede non
sia vissuta in modo passivo e privato
Il Papa, nell’udienza generale di oggi in Piazza San Pietro, ha in iniziato un nuovo
ciclo di catechesi, che si svilupperà lungo tutto l’Anno della fede appena iniziato,
interrompendo - per questo periodo – il ciclo dedicato alla scuola della preghiera.
“Con la Lettera apostolica Porta Fidei – ha ricordato - ho indetto questo Anno speciale,
proprio perché la Chiesa rinnovi l’entusiasmo di credere in Gesù Cristo, unico salvatore
del mondo, ravvivi la gioia di camminare sulla via che ci ha indicato, e testimoni
in modo concreto la forza trasformante della fede”.
“La ricorrenza dei cinquant’anni
dall’apertura del Concilio Vaticano II – ha rilevato - è un’occasione importante per
ritornare a Dio, per approfondire e vivere con maggiore coraggio la propria fede,
per rafforzare l’appartenenza alla Chiesa, «maestra di umanità», che, attraverso l’annuncio
della Parola, la celebrazione dei Sacramenti e l’opera della carità ci guida ad incontrare
e conoscere Cristo, vero Dio e vero uomo. Si tratta dell’incontro non con un’idea
o con un progetto di vita, ma con una Persona viva che trasforma in profondità noi
stessi, rivelandoci la nostra vera identità di figli di Dio. L’incontro con Cristo
rinnova i nostri rapporti umani, orientandoli, di giorno in giorno, a maggiore solidarietà
e fraternità, nella logica dell’amore. Avere fede nel Signore non è un fatto che interessa
solamente la nostra intelligenza, l’area del sapere intellettuale, ma è un cambiamento
che coinvolge la vita, tutto noi stessi: sentimento, cuore, intelligenza, volontà,
corporeità, emozioni, relazioni umane. Con la fede cambia veramente tutto in noi e
per noi, e si rivela con chiarezza il nostro destino futuro, la verità della nostra
vocazione dentro la storia, il senso della vita, il gusto di essere pellegrini verso
la Patria celeste”.
Quindi si chiede: “la fede è veramente la forza trasformante
nella nostra vita, nella mia vita? Oppure è solo uno degli elementi che fanno parte
dell’esistenza, senza essere quello determinante che la coinvolge totalmente? Con
le catechesi di quest’Anno della fede vorremmo fare un cammino per rafforzare o ritrovare
la gioia della fede, comprendendo che essa non è qualcosa di estraneo, di staccato
dalla vita concreta, ma ne è l’anima. La fede in un Dio che è amore, e che si è fatto
vicino all’uomo incarnandosi e donando se stesso sulla croce per salvarci e riaprirci
le porte del Cielo, indica in modo luminoso che solo nell’amore consiste la pienezza
dell’uomo. Oggi è necessario ribadirlo con chiarezza, mentre le trasformazioni culturali
in atto mostrano spesso tante forme di barbarie, che passano sotto il segno di «conquiste
di civiltà»: la fede afferma che non c’è vera umanità se non nei luoghi, nei gesti,
nei tempi e nelle forme in cui l’uomo è animato dall’amore che viene da Dio, si esprime
come dono, si manifesta in relazioni ricche di amore, di compassione, di attenzione
e di servizio disinteressato verso l’altro. Dove c’è dominio, possesso, sfruttamento,
mercificazione dell’altro per il proprio egoismo, dove c’è l’arroganza dell’io chiuso
in se stesso, l’uomo viene impoverito, degradato, sfigurato. La fede cristiana, operosa
nella carità e forte nella speranza, non limita, ma umanizza la vita, anzi la rende
pienamente umana”.
“La fede – ha proseguito - è accogliere questo messaggio
trasformante nella nostra vita, è accogliere la rivelazione di Dio, che ci fa conoscere
chi Egli è, come agisce, quali sono i suoi progetti per noi. Certo, il mistero di
Dio resta sempre oltre i nostri concetti e la nostra ragione, i nostri riti e le nostre
preghiere. Tuttavia, con la rivelazione è Dio stesso che si autocomunica, si racconta,
si rende accessibile. E noi siamo resi capaci di ascoltare la sua parola e di ricevere
la sua verità. Ecco allora la meraviglia della fede: Dio, nel suo amore, crea in noi
– attraverso l’opera dello Spirito Santo – le condizioni adeguate perché possiamo
riconoscere la sua Parola. Dio stesso, nella sua volontà di manifestarsi, di entrare
in contatto con noi, di farsi presente nella nostra storia, ci rende capaci di ascoltarlo
e di accoglierlo. San Paolo lo esprime con gioia e riconoscenza: così «Ringraziamo
Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione,
l’avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di
Dio, che opera in voi che credete» (1 Ts 2,13”.
Benedetto XVI ha poi continuato:
“Dio si è rivelato con parole e opere in tutta una lunga storia di amicizia con l’uomo,
che culmina nell’Incarnazione del Figlio di Dio e nel suo Mistero di Morte e Risurrezione.
Dio non solo si è rivelato nella storia di un popolo, non solo ha parlato per mezzo
dei Profeti, ma ha varcato il suo Cielo per entrare nella terra degli uomini come
uomo, perché potessimo incontrarlo e ascoltarlo. E da Gerusalemme l’annuncio del Vangelo
della salvezza si è diffuso fino ai confini della terra. La Chiesa, nata dal costato
di Cristo, è divenuta portatrice di una nuova solida speranza: Gesù di Nazaret, crocifisso
e risorto, salvatore del mondo, che siede alla destra del Padre ed è il giudice dei
vivi e dei morti. Questo è il kerigma, l’annuncio centrale e dirompente della fede.
Ma sin dagli inizi si pose il problema della «regola della fede», ossia della fedeltà
dei credenti alla verità del Vangelo, nella quale restare saldi, alla verità salvifica
su Dio e sull’uomo da custodire e trasmettere. San Paolo scrive: «Ricevete la salvezza,
se mantenete [il vangelo] in quella forma in cui ve l’ho annunciato. Altrimenti avreste
creduto invano» (1 Cor 15,2)”.
Poi, altre domande: “dove troviamo la formula
essenziale della fede? Dove troviamo le verità che ci sono state fedelmente trasmesse
e che costituiscono la luce per la nostra vita quotidiana? La risposta è semplice:
nel Credo, nella Professione di Fede o Simbolo della fede, noi ci riallacciamo all’evento
originario della Persona e della Storia di Gesù di Nazaret; si rende concreto quello
che l’Apostolo delle genti diceva ai cristiani di Corinto: «Vi ho trasmesso dunque,
anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati
secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno» (1 Cor 15,3)”.
“Anche oggi – ha osservato - abbiamo bisogno che il Credo sia meglio conosciuto,
compreso e pregato. Soprattutto è importante che il Credo venga, per così dire, «riconosciuto».
Conoscere, infatti, potrebbe essere un’operazione soltanto intellettuale, mentre «riconoscere»
vuole significare la necessità di scoprire il legame profondo tra le verità che professiamo
nel Credo e la nostra esistenza quotidiana, perché queste verità siano veramente e
concretamente - come sempre sono state - luce per i passi del nostro vivere, acqua
che irrora le arsure del nostro cammino, vita che vince certi deserti della vita contemporanea.
Nel Credo si innesta la vita morale del cristiano, che in esso trova il suo fondamento
e la sua giustificazione”.
“Non è un caso – ha aggiunto - che il Beato Giovanni
Paolo II abbia voluto che il Catechismo della Chiesa Cattolica, norma sicura per l’insegnamento
della fede e fonte certa per una catechesi rinnovata alle sorgenti della fede, fosse
impostato sul Credo. Si è trattato di confermare e custodire questo nucleo centrale
delle verità della fede, rendendolo in un linguaggio più intellegibile agli uomini
del nostro tempo, a noi. E’ un dovere della Chiesa trasmettere la fede, comunicare
il Vangelo, affinché le verità cristiane siano luce nelle nuove trasformazioni culturali,
e i cristiani siano capaci di rendere ragione della speranza che portano (cfr 1 Pt
3,14). Oggi viviamo in una società profondamente mutata anche rispetto ad un recente
passato e in continuo movimento. I processi della secolarizzazione e di una diffusa
mentalità nichilista, in cui tutto è relativo, hanno segnato fortemente la mentalità
comune. Così, la vita è vissuta spesso con leggerezza, senza ideali chiari e speranze
solide, all’interno di legami sociali e familiari liquidi, provvisori. Soprattutto
le nuove generazioni non vengono educate alla ricerca della verità e del senso profondo
dell’esistenza che superi il contingente, alla stabilità degli affetti, alla fiducia.
Al contrario, il relativismo porta a non avere punti fermi, sospetto e volubilità
provocano rotture nei rapporti umani, mentre la vita è vissuta dentro esperimenti
che durano poco, senza assunzione di responsabilità. Se l’individualismo e il relativismo
sembrano dominare l’animo di molti contemporanei, non si può dire che i credenti restino
totalmente immuni da questi pericoli, con cui siamo confrontati nella trasmissione
della fede. L’indagine promossa in tutti i continenti per la celebrazione del Sinodo
dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione, ne ha evidenziato alcuni: una fede vissuta
in modo passivo e privato, il rifiuto dell’educazione alla fede, la frattura tra fede
e vita”.
Il Papa ha quindi affermato che “il cristiano oggi spesso non conosce
neppure il nucleo centrale della propria fede cattolica, del Credo, così da lasciare
spazio ad un certo sincretismo e relativismo religioso, senza chiarezza sulle verità
da credere e sulla singolarità salvifica del cristianesimo. Non è così lontano oggi
il rischio di costruirsi, per così dire, una religione del «fai-da-te». Dobbiamo,
invece, tornare a Dio, al Dio di Gesù Cristo, dobbiamo riscoprire il messaggio del
Vangelo, farlo entrare in modo più profondo nelle nostre coscienze e nella nostra
vita quotidiana”.
“Nelle catechesi di quest’Anno della fede – ha detto ancora
il Papa - vorrei offrire un aiuto per compiere questo cammino, per riprendere e approfondire
le verità centrali della fede su Dio, sull’uomo, sulla Chiesa, su tutta la realtà
sociale e cosmica, meditando e riflettendo sulle affermazioni del Credo. E vorrei
che risultasse chiaro che questi contenuti o verità della fede si collegano direttamente
al nostro vissuto; richiedono una conversione dell’esistenza, che dà vita ad un nuovo
modo di credere in Dio. Conoscere Dio, incontrarlo, approfondire i tratti del suo
volto mette in gioco la nostra vita, perché Egli entra nei dinamismi profondi dell’essere
umano. Possa il cammino che compiremo quest’anno – ha concluso - farci crescere tutti
nella fede e nell’amore di Cristo, perché impariamo a vivere, nelle scelte e nelle
azioni quotidiane, la vita buona e bella del Vangelo”.