2012-10-16 09:14:23

Sinodo. Interviste con il cardinale di San Paolo Odilo Scherer e padre Paolo Martinelli


Dopo una settimana di lavori sinodali, il comune denominatore della nuova evangelizzazione è emerso in Aula nelle molte sfaccettature, figlie di altrettanti universi culturali nei quali il Vangelo è andato radicandosi. A proporne una lettura è uno dei padri sinodali, l’arcivescovo di S. Paolo del Brasile, il cardinale Odilo Scherer, al microfono di Silvonei Protz, della redazione brasiliana della nostra emittente:RealAudioMP3

R. - Anzitutto, c’è un bisogno molto sentito di evangelizzare di nuovo. Ciò non vuol dire che quel che si è fatto in passato non vale: vale, ma lo dobbiamo fare di nuovo. Non possiamo pensare che è già stato fatto, non possiamo partire dal presupposto che una volta fatto è fatto per sempre, perché i tempi cambiano, la cultura cambia, la mentalità della gente cambia e quindi noi dobbiamo evangelizzare sempre e di nuovo. Secondo: le situazioni sono molto diverse da una regione all’altra del mondo. Anche se la nuova evangelizzazione è necessaria in tutti i Paesi, in tutte le parti del mondo, i modi e gli accenti sono molto diversi: le regioni dove i cristiani sono messi a confronto, per esempio, con altre religioni – in Oriente, ma anche nell’area islamica – la gente, i cristiani, i cattolici, avvertono il problema in un certo modo. Altra è la maniera di come è sentita la necessità della nuova evangelizzazione per esempio in Europa, nell’America del Nord, nel mondo occidentale, dove i problemi sono di carattere culturale: legati piuttosto al materialismo, al relativismo, a un certo atteggiamento culturale che tralascia la religione e crede di poter trovare la felicità e infine la realizzazione piena della vita nei beni di questo mondo. Altra ancora è, per esempio, la maniera di come noi in America Latina sentiamo il bisogno della nuova evangelizzazione. Abbiamo uno sviluppo storico diverso della nostra Chiesa. Noi, per esempio, veniamo messi a confronto con i nuovi movimenti religiosi pentecostali, che ci pongono delle sfide molto severe: affermare l’identità, per esempio, della nostra Chiesa cattolica, della fede cattolica, dare alla gente la conferma della fede, dar loro questa chiarezza nella loro fede, attraverso la quale anche loro possano difendersi dagli attacchi di coloro che tentano in qualche modo di farli vacillare nella fede e far perdere la fiducia nella Chiesa cattolica. Dunque, la questione della nuova èvangelizzazione è molto ampia, molto complessa e, durante questa prima settimana, abbiamo già avuto un po’ la panoramica delle cose: quando bene c’è, ma anche quante cose richiedono un impegno ulteriore e più profondo.

"Il cristiano non deve esser tiepido" e la fede deve divenire in noi fiamma dell'amore capace così di “accendere” il prossimo. Lo ha ricordato Benedetto XVI in apertura del Sinodo sulla nuova evangelizzazione in corso dalla settimana scorsa in Vaticano. Di questi temi Fabio Colagrande ha parlato con uno dei partecipanti all’assemblea sinodale: padre Paolo Martinelli, frate Cappuccino, preside dell'Istituto Francescano di Spiritualità presso la Pontificia Università “Antonianum” in Roma, esperto al Sinodo:RealAudioMP3

R. - Credo che sia un clima molto bello ed è anche una gioia grande potersi incontrare e sentire come la Chiesa sta vivendo, in questi momenti, nelle diverse parti del mondo, questa urgenza di evangelizzare e della nuova evangelizzazione. Credo che sia un incontro arricchente proprio per tutti, nella condivisione delle esperienze comuni: è molto bello potersi confrontare su una riflessione che, già da tempo evidentemente, è in atto sia a livello delle chiese locali, che anche nei centri accademici. Credo che questo confronto, il fatto di poter vivere insieme tre settimane - parlando, condividendo le riflessioni, le esperienze - sia qualcosa che stia arricchendo davvero tanto, tutti. Penso sarà un po’ come un laboratorio per il futuro.

D. - Come francescano, esperto anche di spiritualità, qual è il suo auspicio, proprio per quanto riguarda nuovi metodi di annuncio del Vangelo. Di cosa ha bisogno, davvero, la Chiesa, in questo momento?

R. - Credo che l’approccio - anche come è scritto nell'Istrumentum
laboris
- sia il fatto che il punto centrale della Nuova Evangelizzazione, non sia tanto una nuova strategia pastorale, ma sia proprio il rinnovamento dell’esperienza spirituale, cioè di un incontro nuovo e vivo con la persona di Cristo, che rimette in moto il cuore, la libertà della persona. Credo che il focus veramente sia l’esperienza spirituale, cioè: il rinnovo, il riaccadere dell’incontro con Cristo, come realtà capace di risanare, guarire, rilanciare la propria esperienza umana e di relazione con tutta la realtà. Credo che questo sia un po’ il centro di tutto.

D. - In questo senso, possiamo anche rileggere le parole che vi ha rivolto il Papa, in apertura del Sinodo, questa condanna del “cristianesimo tiepido”…

R. - Sì. Credo che questo sia proprio il punto fondamentale. Se si potesse dire, un po’ in sintesi, è il passare da una fede per “convenzione” a una fede di “convinzione”, perché realmente si fa l’esperienza che Cristo è Colui per il quale vale la pena vivere. Ecco, credo che questo sia il superamento della “tiepidezza”: quando si torna a riscoprire che Cristo dà senso ad ogni momento della vita.

D. - Che significato assume l’anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, che coincide con l’apertura dell’Anno della Fede - per volere del Papa - ma coincide anche con questa prima settimana di lavori del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione?

R. - Credo che - come ha ricordato il Papa, nell’omelia per l’inizio del Sinodo - veramente il Concilio costituisce il fondamento anche della stessa idea della nuova evangelizzazione: questa idea di “ridire” Cristo in modo adeguato, nel nostro tempo, perché si torni, appunto, a fare esperienza sensibile ed entusiasmante di Lui. Credo che il Sinodo abbia proprio ben presente l’evento del Concilio, come la base vera della nuova evangelizzazione.








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