2012-10-16 14:58:35

Sinodo, le Chiese martiri del 20.mo secolo. Mons. Bercea: ci diede coraggio la Radio Vaticana


Il sangue dei martiri del XX secolo risvegli la vita cristiana e colmi il vuoto creato da anni di dittatura: è il significativo auspicio espresso oggi dal Sinodo sulla nuova evangelizzazione, in corso in Vaticano. Al centro dei lavori, anche un messaggio di sostegno e solidarietà per la Chiesa di Haiti, da due anni impegnata nella ricostruzione del Paese, devastato dal terremoto del 2010. Il servizio di Isabella Piro:RealAudioMP3

Sono le Chiese che hanno vissuto sulla propria pelle la dittatura del regime comunista a far risuonare la loro voce nell’Aula del Sinodo. Raccontano le difficoltà di chi è stato esposto al pubblico ludibrio, da parte dello Stato, perché professava la propria fede; parlano dell’uomo voluto dalle istituzioni inconsistente, senza Dio e senza Chiesa; citano le persecuzioni che hanno lasciato tracce profonde ancora oggi. Ma sono testimonianze forti di speranza: i martiri del XX secolo, dice il Sinodo, devono risvegliare la vita cristiana ed il desiderio di rendere ragione della fede, colmando quel vuoto creato da anni di dittatura. La nuova evangelizzazione, quindi, guardi anche a questi martiri, credibile perché hanno creduto quando la gente non credeva più in niente.

Un’ulteriore testimonianza arriva dalla Cina: all’inizio dei lavori, il segretario generale del Sinodo, mons. Eterovic, legge un breve messaggio di mons. Lucas Ly, vescovo di Fengxiang, in Cina. Vissuto in carcere per 20 anni e liberato solo nel ’79, il presule oggi ha 90 anni ed è ritenuto un punto di riferimento per la difesa della Chiesa e della disciplina cattolica nel Paese orientale. Nel suo messaggio ai Padri sinodali, incoraggia il loro lavoro e porta idealmente al Papa la vicinanza ed il sostegno di tutti i cattolici cinesi.

Poi, l’Assemblea dei vescovi esprime la sua vicinanza alla Chiesa e alla popolazione di Haiti, colpite due anni fa da un violento sisma. La ricostruzione del Paese sia non solo materiale, ma anche spirituale, dicono i presuli, tesa alla formazione integrale delle genti.

Il Sinodo affronta, quindi, la questione delle scuole cattoliche: chiede che abbiano un’identità visibile e rispettata e che la religione non sia considerata una materia da studiare solo in Chiesa o a casa. Altro punto all’ordine del giorno, quelle delle istituzioni della Chiesa: bisogna comprendere quali riforme siano necessarie affinché l’evangelizzazione sia davvero credibile, dice il Sinodo. Di qui, il richiamo a dare più ascolto ai laici, pronti ad assumersi responsabilità pastorali, in particolare là dove mancano sacerdoti.

Dall’Africa, invece, giunge il suggerimento a guardare all’annuncio del Vangelo nell’ambito dell’inculturazione perché la fede non si testimonia una volta per tutte, ma è in dialogo permanente con la cultura ed è quindi sempre dinamica ed in movimento. Ulteriori spunti affermano che la nuova evangelizzazione deve far conoscere all’uomo il volto misericordioso di Cristo e suggeriscono, quindi, la pratica del sacramento della riconciliazione affinché si esca da un’atmosfera amorale, come quella contemporanea, e si comprenda meglio il senso del peccato e del perdono.

Sulla stessa linea anche l’invito a vivere l’Eucaristia come fonte di vita spirituale, capace di attrarre gli uomini grazie alla bellezza del divino. In quest’ottica, dall’Asia in particolare arriva la proposta di applicare il principio di sussidiarietà nella traduzione dei testi liturgici, affinché non sia esclusivamente letterale, ma tenga conto anche delle diversità culturali locali.

Forte, poi, il richiamo a non dimenticare i poveri ed a considerare gli ospedali spazi privilegiati della nuova evangelizzazione, là dove la Chiesa è veicolo della presenza di Dio, soprattutto in un quadro preoccupante come quello odierno, in cui si vive un nuovo rapporto tra la pastorale e la bioetica. E ancora: il Sinodo non dimentica le parrocchie come fulcro dell’annuncio del Vangelo e chiede che siano rafforzati i legami tra loro, insieme alle scuole e alle famiglie, formando in modo adeguato catechisti e animatori.

Infine, il Sinodo dà voce agli uditori, per lo più laici che operano nel settore della nuova evangelizzazione. Le loro testimonianze sono vive e vibranti: esprimono il loro punto di vista in prima persona e non nascondono le sofferenze di chi proviene da scenari drammatici, come la Siria. Il loro suggerimento è tuttavia gioioso: la partita della fede si gioca come una partita di calcio in due tempi, dicono: il primo tempo è il primo annuncio, il secondo è la catechesi. Gli evangelizzatori giochino quindi i primi quaranta minuti, mentre teologi e catechisti scendano in campo successivamente, quando si tratta di vincere la sfida.

Ieri pomeriggio, invece, il Sinodo ha riflettuto sulle figure dei Santi: essi sono convincenti perché sono coerenti nella vita e nella fede. E la coerenza è la chiave della nuova evangelizzazione. Ogni cultura può essere evangelizzata, perché la carità – praticata dai Santi – è compresa da tutti. Soprattutto nell’epoca contemporanea, dicono i vescovi, in cui è diffusa una mentalità che disprezza la religione, la considera un ostacolo allo sviluppo e spinge l’uomo all’ateismo mascherato dall’indifferenza e alimentato anche dalle discordie interne alla Chiesa che a volte offre un cattivo esempio.

Per la nuova evangelizzazione occorrono, dunque, nuovi evangelizzatori – sostengono i vescovi – che abbiano una fede retta, pratichino l’arte della preghiera, siano appassionati del Signore, così da non restare al margine delle sfide più urgenti della contemporaneità, come le minacce alla pace o il vilipendio dei diritti umani fondamentali, tra cui il diritto alla vita. In pratica, evidenzia il Sinodo, bisogna essere cristiani per convinzione e non per tradizione, offrendo un servizio generoso alla fede in Cristo e partendo dalla conversione personale.

Per ottenere questo risultato, i Padri sinodali richiamano l’importanza dell’apostolato biblico, dell’omiletica e della catechesi che devono essere più coinvolgenti e parlare direttamente al cuore dell’uomo, assetato della Parola di Dio e in cerca di un vero significato per la sua vita. Anche perché, soprattutto in Africa, la nuova evangelizzazione deve fronteggiare le sètte che, con le loro promesse illusorie di salute e successo immediati, provocano una vera emorragia di cristiani dalla Chiesa.

Sulla stessa linea, anche il richiamo a rafforzare le parrocchie e a porre maggiore attenzione al linguaggio che viene usato per evangelizzare: se troppo complicato, infatti, esso finirà per allontanare i giovani. Di qui, anche la necessità anche di una formazione spirituale per gli operatori dei media cattolici, soprattutto in un’epoca in cui i mass media in genere mirano a screditare e indebolire la Chiesa. L’idea di fondo, quindi, è quella di fare "gioco di squadra" tra laici e sacerdoti per annunciare Cristo al mondo.

Poi, il Sinodo torna a parlare della questione della famiglia, che oggi si trova da sola ad affrontare migrazioni, urbanizzazioni, divorzi, separazioni, infertilità. Essa va invece accompagnata prima e dopo il matrimonio e, in quegli Stati in cui la Costituzione riconosce vari tipi di unioni, la Chiesa ha il diritto di dire il suo no. E sarebbe una grave mancanza, concludono i vescovi, se la nuova evangelizzazione non guardasse anche alle coppie di fatto, separate o divorziate, realtà dolorosa che coinvolge tante persone dal cuore ferito, ma desiderose di proseguire il loro cammino con la Chiesa.

Toccanti le testimonianze ascoltate nell'Aula sinodale delle Chiese che in anni recentissimi hanno versato il sangue sotto il regime comunista sovietico per il solo fatto di professare la fede in Cristo. Al microfono dell'inviato al Sinodo, Paolo Ondarza, le parole di mons. Virgil Bercea, vescovo di Oradea Mare in Romania:RealAudioMP3

R. – Dobbiamo ritornare alla testimonianza dei nostri martiri della Romania. Dal 1948 in poi, e fino al 1964, le carceri in Romania erano piene: c’erano cattolici, ortodossi… I comunisti hanno voluto distruggere la Chiesa e gli intellettuali per poter controllare tutto. Queste persone hanno dato la vita per Cristo: i comunisti hanno cercato di trovare tanti capi d’accusa, ma non ne avevano. La loro grande colpa era quella di essere cattolici. Riusciamo a cogliere questa testimonianza forte per il nostro oggi? In realtà, non sono tanto lontani da noi, sono ancora vive le persone che li hanno conosciuti.

D. – Ricordiamo che il martire cristiano non è un fanatico: il martire cristiano è qualcuno che non si piega nelle proprie convinzioni di fede di fronte alla prepotenza…

R. – Erano persone con una grande disponibilità, con una grande bontà e una grande carità. Ovunque siano stati, sono diventati dei modelli: riuscirono addirittura ad addolcire il comportamento di quelli che li sorvegliavano, che prima li avevano terrorizzati… Sono morti per amore di Cristo, non con arroganza ma con umiltà e con la pace nel cuore, con serenità, convinti che questo loro comportamento avrebbe portato la vita e la speranza. Sì, perché in quei momenti, quando tutto era grigio e buio, quando i comunisti erano riusciti a trasformare il nostro Paese in un grande carcere dal quale nessuno sarebbe potuto uscire, c’era bisogno di speranza. Ora, parlando con la Radio Vaticana, io ho questo ricordo: quando i miei genitori hanno avuto la prima radio – io vengo da un piccolo paesino – siamo riusciti ad ascoltare la Messa alla Radio Vaticana. La mia mamma ha messo una Croce sulla radio e nella nostra casa sono venute tante persone e davanti alla radio ci siamo trovati come davanti all’altare. All’inizio della liturgia, ci alzavamo tutti in piedi; al Vangelo, come si usa da noi, ci inginocchiavamo. Naturalmente, non potevamo fare la comunione, non avevamo un sacerdote, ma indossavamo tutti il vestito della domenica: partecipavamo davvero alla Messa. La prima volta che ho ascoltato la liturgia è stato alla Radio Vaticana. Mentre noi partecipavamo alla Messa attraverso la radio, i nostri martiri erano dietro alle sbarre. Eravamo uniti nella preghiera: le loro preghiere dal carcere e le nostre guidate dalla Radio Vaticana. Un mio zio che poi è diventato cardinale è stato 16 anni in carcere; quando è tornato, con i capelli rasati a zero, con gli occhi fuori dalle orbite, sono rimasto così impressionato dalla sua personalità! Era alto 1,85 metri, e l’hanno tenuto tre anni in isolamento in una stanza di un metro per un metro e cinquanta, e doveva stare in piedi tutto il giorno. Questi martiri erano esposti al freddo, a -30°… Vede, queste cose parlano ancora oggi, si trasmettono: il sangue dei martiri è il seme per la nascita di nuovi cristiani.

D. – Quello che lei sta raccontando suggerisce quanto possa essere potente il ruolo dei mezzi di comunicazione per arrivare nei luoghi nei quali è impossibile predicare il Vangelo. E anche oggi, questa sfida rimane attuale in tante parti del mondo …

R. – E’ importante: come Radio Vaticana avete fatto del bene, e continuate a farne. Pensi, la mia mamma anni fa ci ha fatto conoscere la Santa Messa attraverso la Radio Vaticana. Adesso lei è malata, a letto, e le tiene compagnia l’ascolto della Radio Vaticana! Qualcuno l’ha definita “la Chiesa dell’etere”. Veramente, fate un bene enorme: agli anziani ma anche ai giovani, a quelli che sono per strada e ascoltano la radio in macchina, dovunque nel mondo … Continuate a farlo, e fatelo con convinzione! Anche voi attraverso la Radio Vaticana fate una grandissima opera di evangelizzazione.







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