Sinodo, le Chiese martiri del 20.mo secolo. Mons. Bercea: ci diede coraggio la Radio
Vaticana
Il sangue dei martiri del XX secolo risvegli la vita cristiana e colmi il vuoto creato
da anni di dittatura: è il significativo auspicio espresso oggi dal Sinodo sulla nuova
evangelizzazione, in corso in Vaticano. Al centro dei lavori, anche un messaggio di
sostegno e solidarietà per la Chiesa di Haiti, da due anni impegnata nella ricostruzione
del Paese, devastato dal terremoto del 2010. Il servizio di Isabella Piro:
Sono le Chiese
che hanno vissuto sulla propria pelle la dittatura del regime comunista a far risuonare
la loro voce nell’Aula del Sinodo. Raccontano le difficoltà di chi è stato esposto
al pubblico ludibrio, da parte dello Stato, perché professava la propria fede; parlano
dell’uomo voluto dalle istituzioni inconsistente, senza Dio e senza Chiesa; citano
le persecuzioni che hanno lasciato tracce profonde ancora oggi. Ma sono testimonianze
forti di speranza: i martiri del XX secolo, dice il Sinodo, devono risvegliare la
vita cristiana ed il desiderio di rendere ragione della fede, colmando quel vuoto
creato da anni di dittatura. La nuova evangelizzazione, quindi, guardi anche a questi
martiri, credibile perché hanno creduto quando la gente non credeva più in niente.
Un’ulteriore
testimonianza arriva dalla Cina: all’inizio dei lavori, il segretario generale del
Sinodo, mons. Eterovic, legge un breve messaggio di mons. Lucas Ly, vescovo di Fengxiang,
in Cina. Vissuto in carcere per 20 anni e liberato solo nel ’79, il presule oggi ha
90 anni ed è ritenuto un punto di riferimento per la difesa della Chiesa e della disciplina
cattolica nel Paese orientale. Nel suo messaggio ai Padri sinodali, incoraggia il
loro lavoro e porta idealmente al Papa la vicinanza ed il sostegno di tutti i cattolici
cinesi.
Poi, l’Assemblea dei vescovi esprime la sua vicinanza alla Chiesa e
alla popolazione di Haiti, colpite due anni fa da un violento sisma. La ricostruzione
del Paese sia non solo materiale, ma anche spirituale, dicono i presuli, tesa alla
formazione integrale delle genti.
Il Sinodo affronta, quindi, la questione
delle scuole cattoliche: chiede che abbiano un’identità visibile e rispettata e che
la religione non sia considerata una materia da studiare solo in Chiesa o a casa.
Altro punto all’ordine del giorno, quelle delle istituzioni della Chiesa: bisogna
comprendere quali riforme siano necessarie affinché l’evangelizzazione sia davvero
credibile, dice il Sinodo. Di qui, il richiamo a dare più ascolto ai laici, pronti
ad assumersi responsabilità pastorali, in particolare là dove mancano sacerdoti.
Dall’Africa,
invece, giunge il suggerimento a guardare all’annuncio del Vangelo nell’ambito dell’inculturazione
perché la fede non si testimonia una volta per tutte, ma è in dialogo permanente con
la cultura ed è quindi sempre dinamica ed in movimento. Ulteriori spunti affermano
che la nuova evangelizzazione deve far conoscere all’uomo il volto misericordioso
di Cristo e suggeriscono, quindi, la pratica del sacramento della riconciliazione
affinché si esca da un’atmosfera amorale, come quella contemporanea, e si comprenda
meglio il senso del peccato e del perdono.
Sulla stessa linea anche l’invito
a vivere l’Eucaristia come fonte di vita spirituale, capace di attrarre gli uomini
grazie alla bellezza del divino. In quest’ottica, dall’Asia in particolare arriva
la proposta di applicare il principio di sussidiarietà nella traduzione dei testi
liturgici, affinché non sia esclusivamente letterale, ma tenga conto anche delle diversità
culturali locali.
Forte, poi, il richiamo a non dimenticare i poveri ed a considerare
gli ospedali spazi privilegiati della nuova evangelizzazione, là dove la Chiesa è
veicolo della presenza di Dio, soprattutto in un quadro preoccupante come quello odierno,
in cui si vive un nuovo rapporto tra la pastorale e la bioetica. E ancora: il Sinodo
non dimentica le parrocchie come fulcro dell’annuncio del Vangelo e chiede che siano
rafforzati i legami tra loro, insieme alle scuole e alle famiglie, formando in modo
adeguato catechisti e animatori.
Infine, il Sinodo dà voce agli uditori, per
lo più laici che operano nel settore della nuova evangelizzazione. Le loro testimonianze
sono vive e vibranti: esprimono il loro punto di vista in prima persona e non nascondono
le sofferenze di chi proviene da scenari drammatici, come la Siria. Il loro suggerimento
è tuttavia gioioso: la partita della fede si gioca come una partita di calcio in due
tempi, dicono: il primo tempo è il primo annuncio, il secondo è la catechesi. Gli
evangelizzatori giochino quindi i primi quaranta minuti, mentre teologi e catechisti
scendano in campo successivamente, quando si tratta di vincere la sfida.
Ieri
pomeriggio, invece, il Sinodo ha riflettuto sulle figure dei Santi: essi sono convincenti
perché sono coerenti nella vita e nella fede. E la coerenza è la chiave della nuova
evangelizzazione. Ogni cultura può essere evangelizzata, perché la carità – praticata
dai Santi – è compresa da tutti. Soprattutto nell’epoca contemporanea, dicono i vescovi,
in cui è diffusa una mentalità che disprezza la religione, la considera un ostacolo
allo sviluppo e spinge l’uomo all’ateismo mascherato dall’indifferenza e alimentato
anche dalle discordie interne alla Chiesa che a volte offre un cattivo esempio.
Per
la nuova evangelizzazione occorrono, dunque, nuovi evangelizzatori – sostengono i
vescovi – che abbiano una fede retta, pratichino l’arte della preghiera, siano appassionati
del Signore, così da non restare al margine delle sfide più urgenti della contemporaneità,
come le minacce alla pace o il vilipendio dei diritti umani fondamentali, tra cui
il diritto alla vita. In pratica, evidenzia il Sinodo, bisogna essere cristiani per
convinzione e non per tradizione, offrendo un servizio generoso alla fede in Cristo
e partendo dalla conversione personale.
Per ottenere questo risultato, i Padri
sinodali richiamano l’importanza dell’apostolato biblico, dell’omiletica e della catechesi
che devono essere più coinvolgenti e parlare direttamente al cuore dell’uomo, assetato
della Parola di Dio e in cerca di un vero significato per la sua vita. Anche perché,
soprattutto in Africa, la nuova evangelizzazione deve fronteggiare le sètte che, con
le loro promesse illusorie di salute e successo immediati, provocano una vera emorragia
di cristiani dalla Chiesa.
Sulla stessa linea, anche il richiamo a rafforzare
le parrocchie e a porre maggiore attenzione al linguaggio che viene usato per evangelizzare:
se troppo complicato, infatti, esso finirà per allontanare i giovani. Di qui, anche
la necessità anche di una formazione spirituale per gli operatori dei media cattolici,
soprattutto in un’epoca in cui i mass media in genere mirano a screditare e indebolire
la Chiesa. L’idea di fondo, quindi, è quella di fare "gioco di squadra" tra laici
e sacerdoti per annunciare Cristo al mondo.
Poi, il Sinodo torna a parlare
della questione della famiglia, che oggi si trova da sola ad affrontare migrazioni,
urbanizzazioni, divorzi, separazioni, infertilità. Essa va invece accompagnata prima
e dopo il matrimonio e, in quegli Stati in cui la Costituzione riconosce vari tipi
di unioni, la Chiesa ha il diritto di dire il suo no. E sarebbe una grave mancanza,
concludono i vescovi, se la nuova evangelizzazione non guardasse anche alle coppie
di fatto, separate o divorziate, realtà dolorosa che coinvolge tante persone dal cuore
ferito, ma desiderose di proseguire il loro cammino con la Chiesa.
Toccanti
le testimonianze ascoltate nell'Aula sinodale delle Chiese che in anni recentissimi
hanno versato il sangue sotto il regime comunista sovietico per il solo fatto di professare
la fede in Cristo. Al microfono dell'inviato al Sinodo, Paolo Ondarza, le parole
di mons. Virgil Bercea, vescovo di Oradea Mare in Romania:
R. – Dobbiamo
ritornare alla testimonianza dei nostri martiri della Romania. Dal 1948 in poi, e
fino al 1964, le carceri in Romania erano piene: c’erano cattolici, ortodossi… I comunisti
hanno voluto distruggere la Chiesa e gli intellettuali per poter controllare tutto.
Queste persone hanno dato la vita per Cristo: i comunisti hanno cercato di trovare
tanti capi d’accusa, ma non ne avevano. La loro grande colpa era quella di essere
cattolici. Riusciamo a cogliere questa testimonianza forte per il nostro oggi? In
realtà, non sono tanto lontani da noi, sono ancora vive le persone che li hanno conosciuti.
D.
– Ricordiamo che il martire cristiano non è un fanatico: il martire cristiano è qualcuno
che non si piega nelle proprie convinzioni di fede di fronte alla prepotenza…
R.
– Erano persone con una grande disponibilità, con una grande bontà e una grande carità.
Ovunque siano stati, sono diventati dei modelli: riuscirono addirittura ad addolcire
il comportamento di quelli che li sorvegliavano, che prima li avevano terrorizzati…
Sono morti per amore di Cristo, non con arroganza ma con umiltà e con la pace nel
cuore, con serenità, convinti che questo loro comportamento avrebbe portato la vita
e la speranza. Sì, perché in quei momenti, quando tutto era grigio e buio, quando
i comunisti erano riusciti a trasformare il nostro Paese in un grande carcere dal
quale nessuno sarebbe potuto uscire, c’era bisogno di speranza. Ora, parlando con
la Radio Vaticana, io ho questo ricordo: quando i miei genitori hanno avuto la prima
radio – io vengo da un piccolo paesino – siamo riusciti ad ascoltare la Messa alla
Radio Vaticana. La mia mamma ha messo una Croce sulla radio e nella nostra casa sono
venute tante persone e davanti alla radio ci siamo trovati come davanti all’altare.
All’inizio della liturgia, ci alzavamo tutti in piedi; al Vangelo, come si usa da
noi, ci inginocchiavamo. Naturalmente, non potevamo fare la comunione, non avevamo
un sacerdote, ma indossavamo tutti il vestito della domenica: partecipavamo davvero
alla Messa. La prima volta che ho ascoltato la liturgia è stato alla Radio Vaticana.
Mentre noi partecipavamo alla Messa attraverso la radio, i nostri martiri erano dietro
alle sbarre. Eravamo uniti nella preghiera: le loro preghiere dal carcere e le nostre
guidate dalla Radio Vaticana. Un mio zio che poi è diventato cardinale è stato 16
anni in carcere; quando è tornato, con i capelli rasati a zero, con gli occhi fuori
dalle orbite, sono rimasto così impressionato dalla sua personalità! Era alto 1,85
metri, e l’hanno tenuto tre anni in isolamento in una stanza di un metro per un metro
e cinquanta, e doveva stare in piedi tutto il giorno. Questi martiri erano esposti
al freddo, a -30°… Vede, queste cose parlano ancora oggi, si trasmettono: il sangue
dei martiri è il seme per la nascita di nuovi cristiani.
D. – Quello che lei
sta raccontando suggerisce quanto possa essere potente il ruolo dei mezzi di comunicazione
per arrivare nei luoghi nei quali è impossibile predicare il Vangelo. E anche oggi,
questa sfida rimane attuale in tante parti del mondo …
R. – E’ importante:
come Radio Vaticana avete fatto del bene, e continuate a farne. Pensi, la mia mamma
anni fa ci ha fatto conoscere la Santa Messa attraverso la Radio Vaticana. Adesso
lei è malata, a letto, e le tiene compagnia l’ascolto della Radio Vaticana! Qualcuno
l’ha definita “la Chiesa dell’etere”. Veramente, fate un bene enorme: agli anziani
ma anche ai giovani, a quelli che sono per strada e ascoltano la radio in macchina,
dovunque nel mondo … Continuate a farlo, e fatelo con convinzione! Anche voi attraverso
la Radio Vaticana fate una grandissima opera di evangelizzazione.